Un cordiale benvenuto ai lettori della rubrica MIXER, in questo spazio affronteremo situazioni ed aneddoti che legano un gruppo musicale, solista o altro, allo studio di registrazione.
In questa prima uscita partiremo dall’analizzare le fasi della pre-produzione, fasi che precedono le sessioni vere e proprie in studio, ma di vitale importanza per la riuscita del prodotto finale. La redazione sarą felice in futuro di analizzare anche argomenti proposti dai nostri lettori!
Partiamo subito dal concetto che negli ultimi anni la tecnologia digitale ha permesso di abbassare notevolmente i costi di gestione, e parallelamente anche le tariffe di uno studio; questo processo ha dato vita ad un fitto sottobosco di strutture semi professionali, in grado comunque di portare a termine un buon lavoro a prezzi contenuti, aprendo di fatto le porte della produzione musicale a tutti. Non mi dilungherė ora sulle riflessioni legate al processo di sviluppo degli studi di registrazione, argomento che per altro mi sta particolarmente a cuore, di certo perė sarebbe d’obbligo per ogni musicista che si appresta a scegliere uno studio, farsi delle domande specifiche e non scegliere solo in base alla vicinanza.
Erroneamente la maggior parte dei musicisti si pone a priori il quesito legato al budget economico, sia quello a disposizione sia quello necessario per accedere ad una determinata struttura, ma a mio avviso ci sarebbe un’altra domanda da porsi prima ancora che riguarda il numero e l’effettiva valenza dei brani a disposizione dell’artista; brani che, si suppone, abbiano gią raggiunto la maturitą necessaria per finire su disco. In effetti tutto parte da questo punto perché è della sostanza che stiamo parlando. Non vorrei scadere nella banalità, e di certo non mi lancerò in analisi sommarie sulla crisi del mercato musicale, ma sicuramente senza qualità tecnico/artistiche non si lascia il segno; credo che il surplus di produzioni derivative, anche major, prive di ispirazione spontanea, metaforicamente vuote, che hanno visto la luce nell’ultimo decennio abbiano solo contribuito a saturare il mercato invece che aumentare lo spazio e la visibilitą dell’underground come si sperava.
Una band dovrebbe preoccuparsi di fare dei provini delle loro canzoni, anche catturate alla buona durante un concerto, e cercare persone addette ai lavori disposte ad ascoltare i brani per dare loro un consiglio su quali selezionare per la registrazione.
In questa fase non conta come sono registrati i brani: con un minimo di attenzione ai volumi in sala prove ed un banale telefono cellulare si puė registrare un provino decente che è già sufficiente ad un produttore per capire se quel determinato brano ha una potenzialitą o meno! È notoriamente difficile essere obiettivi con se stessi, ecco perché di solito ogni band ha un pezzo che snobba, ma che in realtą ha un potenziale maggiore di altri da loro considerati migliori.
A questo punto è chiaro, ed inesorabile, che il budget a disposizione è importante, ma analizzerei questo aspetto per inserire un concetto più ampio che riassumerei in “target di produzione”; cioè proporzionare la spesa di produzione rispetto al target qualitativo necessario per uscire con un prodotto competitivo in una determinata fetta della scena musicale.
Produrre un disco è un processo lungo, mediamente più lungo di quello che ognuno pensi, e quindi anche costoso, sia a livello nervoso che economico; spesso i gruppi si lasciano ammaliare dall’idea di registrare un disco quando per loro è del tutto prematuro farlo perché magari hanno solo tre brani veramente buoni. La selezione dei brani diventa vitale per poter proporzionare correttamente il budget e fare quindi una scelta di “target di produzione” adeguata al proprio sviluppo artistico.
Per fare una valutazione più dettagliata bisogna anche analizzare il tipo di musica che si vuole produrre, semplifichiamo il concetto con un esempio: produrre un pezzo electro-pop pieno di elettronica e ghirigori vari sarą molto più difficile e dispendioso rispetto ad un pezzo punk semplice e diretto. Lo stesso budget ha margini ben diversi in funzione della situazione: la cifra necessaria a realizzare un disco curato per il gruppo punk di cui sopra è la stessa necessaria al gruppo electro-pop per realizzare a malapena tre brani! Allo stesso tempo perė il target qualitativo per una produzione electro-pop è alto e sarebbe controproducente per la band non rispettare gli standard di produzione del genere.
Questo è il momento in cui spesso si incappa nell’errore di optare per una produzione low cost purché di un disco intero, scelta che secondo me non ha senso. Poniamo il caso che una band abbia davvero la fortuna (e la bravura!) di aver scritto tre brani forti, magari anche con del potenziale radiofonico, sprecarli all’interno di una sessione approssimativa per mancanza di tempo sarebbe un autogol che pregiudicherebbe le potenzialità, e magari anche il futuro, della band stessa.
…La storia musicale è piena di vite cambiate da una sola canzone… e non parlo solo dell’era a 45 giri…
Secondo la mia esperienza, in assenza del budget adeguato al “target di produzione” per un disco intero da dieci canzoni, è preferibile realizzare produzioni più brevi, da quattro o cinque brani, purché ben selezionati. Produzioni curate nei particolari, in studi migliori e con l’aiuto di un produttore se possibile, produzioni che abbiano quantomeno la velleitą di un contenuto da lasciare ai posteri; invece che dischi anonimi registrati di corsa nel garage di casa di un amico, dischi di cui il mercato discografico non sentirebbe comunque la mancanza.
Spero che il mio input possa stimolare i nostri lettori ad analizzare la propria musica in maniera più accurata e selettiva prima di entrare in studio; non farsi prendere dall’idea di fare le cose tanto per farle o per poter dire di averle fatte, ma cercare di essere più lucidi e valutare bene come investire le risorse a disposizione nella maniera più indicata a far progredire il proprio progetto artistico.
Danilo Silvestri
ExitWell Magazine n° 0 (gennaio/febbraio 2013)