È iniziata la decima stagione di X Factor (ce lo mettiamo l’hashtag?) il vituperato simbolo de “la musica in tv”, il talent degli orrori, il carrozzone mediatico, tritacarne di artisti e speranze musicali. O almeno così dicono.
Novità eccellente, lo saprete, la partecipazione di Manuel Agnelli, Profeta dell’alternative italiano e simbolo di controcultura musicale.
Manuel Agnelli a X Factor. Se n’è parlato tanto, forse troppo: dai più – cioè gli spettatori modello del programma ora su Sky – che non lo conoscono, alla nicchia che accetta, spesso buttando giù l’amaro boccone, di vedere una figura simbolo di un’intera epoca prestarsi allo spettacolo.
Ecco, lo spettacolo. Agnelli dimostra di essere se stesso e “spiazza tutti” (tutti chi? Chi non lo conosceva?), dimostrando perfettamente di essere in linea sia con le proprie idee – musicali e no – sia con il taglio del programma: la puntata di ieri, quella dei casting, è una lunga pletora di commenti caustici, brutali, tagliagambe dei tanti “artisti” approssimativi, ma mai gratuiti. Non c’è derisione per i casi umani buttati davanti la telecamera per alleggerire il narrato e non c’è odio aprioristico per musica che non gradisce (come quella fatta dai suoi colleghi giudici). Esattamente quello che serviva al programma per alzare gli indici di ascolto. Ma cosa aspettarci di più? Trent’anni di esperienza e di professionalità non si perdono in pochi mesi e per l’appunto, solo chi non conosce il soggetto può stupirsi del suo successo (e del suo carisma).
mAgnelli è coerente e solo chi non lo conosce per niente può rimanere spiazzato dalla brillantezza delle sue opinioni e delle sue risposte. Sarà il suo anno e il trampolino di lancio della sua (nuova?) carriera, tagliato il traguardo dei 50 anni.
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— X FACTOR (@XFactor_Italia) 15 settembre 2016
E questo ci porta alla domanda e al dubbio primigenio: perché Agnelli a X Factor? Che ci azzecca?
Tutte le interviste recenti fattegli insistono su questo dubbio, e si avverte l’insofferenza umana nel doversi in qualche modo giustificare. È per i soldi? È per “portare una voce diversa”?
Forse sì, forse è per entrambe le cose. Sicuramente c’è il fattore (x) economico, quello per cui qualcuno usa la perifrasi “si è venduto” impropriamente. Venduto a chi? E da cosa?
L’altra parte, quella chiamata in causa, punta il dito agli alternativi da tastiera, agli indie da supermercato e a tutti i puristi di non si sa bene cosa (tirando a sproposito anche l’epiteto “fascista”, ma vabbè glielo si perdona). Manuel infatti dice di voler portare una voce diversa e di usare un nuovo “potere” di visibilità per non si sa bene cosa.
Ma anche questo è sbagliato. Manuel Agnelli non ha tradito nessuno né rappresenta nessuno. Non è un politico, non ha nessun obbligo nei confronti del proprio pubblico e ogni cosa che realizza e che fa, per quanto encomiabile, come l’attivismo nel promuovere la situazione politica sulla musica in Italia, lo fa a titolo personale, e nessun programma televisivo commerciale gli permetterà di spostare di una sola virgola la situazione attuale. Quindi lui stesso farebbe meglio a glissare sull’argomento.
Manuel Agnelli è ipocrita? Probabilmente, anzi sicuramente sì (basterebbe leggersi i testi di Padania per avvertire che qualcosa è cambiato). Ma la cosa peggiore che può fare è tentare di difendersi e attaccare, dicendo che “sono gli altri ipocriti” e che lui è libero. Esatto, è libero di essere quel che vuole: anche ipocrita. Senza che nessuno gli rinfacci nulla perché non c’è nulla da rinfacciare. Come detto, non deve nulla né a me né a te, né all’inevitabile (e spero per lui non temporaneo) nuovo pubblico che arriverà.
Ecco, se c’è un motivo per cui Agnelli ha fatto tutto ciò non è né per il peso politico, né tantomeno per i soldi: è perché da sempre vuole diventare un artista mainstream. Mainstream, come il disco di Calcutta, sì, come Alvaro Soler o Arisa. Ma bada bene: diventare un artista mainstream non significa fare musica mainstream (e Folfiri o Folfox lo dimostra), significa invece cercare di arrivare a quella posizione di riconoscimento (non potere!) che sente di meritare – che sicuramente si merita. Nel grande o nel piccolo, Agnelli con gli Afterhours ha scritto tante pagine della storia musicale del nostro Paese ed è giunto il momento per lui di coglierne i frutti. La stessa cosa era successa per la loro partecipazione a Sanremo 2009 (uuh vi siete vendutiii!!), primo passo per quell’accettazione da parte del “grande pubblico”, prima di tutto della propria figura artistica e poi della propria musica – mai venduta a un processo semplificato. O anche solo del fatto che esiste in Italia un Manuel Agnelli che ha scritto la Storia recente del pop rock italiano. Agnelli vuole essere riconosciuto, sia dal popolo che compra al Todis per affrontare la crisi, sia dalla schiera di intellettuali, critici, giornalisti e artisti dell’alternativo mondo dell’alternative, per unire gli opposti e diventare una voce grossa della Musica Italiana. Ma non per gli altri, solo per se stesso. E fa benissimo e so che ci riuscirà.
Io mi vedrò tutto X Factor quest’anno: il vincitore si sa già chi è.
Riccardo De Stefano