Oltre tutto, oltre la globalizzazione, oltre le opere e gli eco-mostri…oltre il solito pop macchiato di indie…oltre tutto questo c’è un paesaggio incontaminato fatto come nei sogni o in quei film romantici che sono al limite del reale. Ed è comunque al limite del reale che poggia le sue basi la bellezza compositiva di Valeria Caucino che “finalmente” giunge ad un suo lavoro personale dopo anni di tantissime collaborazioni. Si intitola At the break of dawn ed è un dipinto su tela, un dettaglio che mancava ad un paesaggio incontaminato. Guardiamoci il video “Over the pain” e, a parte l’abuso di drone, direi che vorremmo viverci dentro, lontani da tutte le contaminazioni industriali del caso.
Nel grande contenitore indie italiano, tra suoni distorti e canzoni precarie, Valeria Caucino che spazio intende conquistarsi?
Vorrei trovare una mia nicchia di mercato tra quei fruitori della musica che amano le atmosfere rilassate e tranquille, che apprezzano la ricerca degli arrangiamenti, la cura dei dettagli e della melodia. Mi piacerebbe anche ampliare la dimensione live per estenderla a tutto il territorio nazionale rispetto a quanto non abbia potuto fare finora, inserendomi anche in un circuito di eventi legati al folk che è presente nel nostro Paese ed è molto seguito dagli appassionati.
Irlanda. Quanta Irlanda c’è dietro questo disco?
C’è innanzitutto un brano irlandese, di cui parlerò più avanti e c’è Flying from Ireland, il cui testo è ispirato ad un viaggio nell’Isola verde. E’ una canzone che nella sua versione originaria, più lunga ed orchestrata, composta insieme al polistrumentista genovese Mauro Montobbio, era già presente in un album dei Narrow Pass del 2009, In this world and beyond. Nel nuovo disco l’ho ripresa, accorciata e alleggerita, rendendola più coerente con gli altri pezzi. Infine c’è Over the pain, che può richiamare la moderna musica irlandese per l’uso del bodhràn, la vocalità e per gli altri arrangiamenti.
E quindi da dove nasce questa scelta artistica del disco?
Nasce dal mio background musicale e culturale. Sin da adolescente ho ascoltato tanta musica folk, soprattutto del Nord America, da Bob Dylan a Leonard Cohen, a Paul Simon e in tempi successivi anche dei Paesi cosiddetti celtici e credo di essermi “formata” su questo modello, sia vocalmente che alla chitarra, cercando di riprodurre quegli ambienti sonori che sentivo appartenermi di più rispetto alla musica italiana, che pure in parte mi piace. I brani di questo album sono nati così, interpretando le diverse scritture dei miei collaboratori mediante uno stesso filo conduttore, attingendo inevitabilmente a tutte le esperienze precedenti, sia di ascolto che di esecuzione.
Durante l’ascolto c’è anche un tradizionale irlandese… perché proprio quel brano?
Il brano in questione si intitola As I roved out ed ho voluto inserirlo perché vi sono molto affezionata. Ho iniziato a cantarlo dal vivo quando ero parte di una band locale di musica tradizionale irlandese, ma già allora lo eseguivo anche nei miei live solisti, accompagnandomi al bodhràn. Dal vivo è una canzone che ha un grande appeal, vuoi per la ritmica trascinante, vuoi per la struttura melodica, vuoi per il fascino esercitato dalla percussione irlandese, poco conosciuta da noi. Nel 2014 l’ho registrato per l’album Inside accompagnata dalla sola chitarra mentre qui, grazie all’arrangiamento elettronico di Montobbio ho voluto in qualche modo spiazzare l’ascoltatore e sfidare così l’omogeneità dei contenuti di cui accennavo prima.
Evoluzione o stabilità? Dopo questo lavoro hai trovato conferme o spunti di rivoluzione?
La principale conferma ricevuta è stata quella di continuare ad essere sempre me stessa, a costo di andare contro corrente, rischiando di avere scarse possibilità commerciali. Il riscontro di pubblico è positivo, la gente gradisce i pezzi quando li propongo ai concerti, chi acquista il CD manifesta apprezzamento e ciò mi basta per assicurarmi di essere sulla strada giusta e mi incoraggia a continuare. In questo disco ho voluto esprimermi liberamente, senza farmi condizionare da niente e da nessuno e penso che ciò abbia permesso alle canzoni di raggiungere e colpire la sensibilità degli ascoltatori. Sto già lavorando ad un prossimo album, con altri autori e, seppure non avrà veri e propri spunti di rivoluzione, avrà sicuramente delle novità, come è normale che sia. Patisco la staticità e la stabilità, tendo invece a cercare costantemente nuovi stimoli evolutivi, non soltanto in ambito musicale.
Angelo Rattenni