Fuori il oggi, 28 aprile 2020, il nuovo singolo di Caffellatte, Carta Stagnola.
Il brano, nuovamente firmato da Alessandro Donadei, con il prezioso supporto di Mario Ciancarella al mix, Nmgrecorecording studio al master e distribuito da Artist First, si discosta particolarmente dai precedenti in termini di produzione, testo e atmosfera.
Se il sunto costante all’interno dei precedenti brani era l’attrito tra il synthpop e la componente testuale, in questo caso la partita si gioca su un piano differente: l’attrito tra l’universo della trap, del vocoder e del tune, posto a confronto con un brano ed un testo pregni di sensazioni estremamente intime.
Carta Stagnola non racconta in minima parte una storia d’amore (come i più possono certamente pensare al primo ascolto), bensì, proprio come fosse una storia d’amore tormentata con se stessi, tratta un argomento spinoso e complesso: la depressione e, nello specifico il Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA), di cui la cantautrice ha sofferto per diversi anni.
Porre una lente d’ingrandimento a riguardo e farlo con delicatezza era l’obbiettivo del brano che, per quanto non sia didascalico, tratteggia delle sensazioni a pelle, raccontando a parole uno stato mentale su cui purtroppo non si pone abbastanza attenzione. Ogni “tu” presente nel brano è rivolto a se stessa, ogni freccia dolorosa è una spina nel fianco che, con il tempo, ha ferito e ha permesso alle stesse ferite di rimarginarsi. Il brano chiude con la controparte ammalata in stato di sottomissione, “lasciata morire” appunto.
A riguardo Caffellatte spiega in un post sul suo profilo IG:
Ho scritto una canzone che parla di me senza filtri. Ho riposto in una canzone tutte le mie fragilità, gli anni che ho passato digiuna ad avere fame e tutte le piccole strane manie che non sono affatto speciali, ma appartengono a me. Senza la pretesa che possa conquistare i più, ho scritto qualcosa per chi mi conosce e per chi mi ha vista crescere. L’ipocondria, l’apatia e tutte quelle parole sovra abusate sono presenti nella misura in cui fin ora ho parlato con la mia voce più grossa, quella che ho sentito la necessità di mostrarvi, di mostrarmi. Sin ora ho rivendicato la persona che sono diventata. Ma chi ero? Chi sono stata? Quante volte ho pensato di non farcela, di non essere abbastanza magra, abbastanza intelligente, abbastanza sveglia, quante decine di volte mi sono auto-sabotata? Quante decine di volte ho preferito letto e film al mondo reale? Gli anni dell’università, il liceo, l’adolescenza sono un buco nero, la mia fobia, quella di risentirmi così, sola, non compresa da me in primis e di conseguenza dagli altri. Ho capito che per essere amati bisogna essere innamorati di ogni briciola di ogni parte di ogni imperfezione di sé, il che è quasi impensabile a 18 anni. Ed io proprio a 18 anni non mangiavo, pesavo 40 kg scarsi e soffrivo di una forte depressione… dovrei vergognarmene o nasconderlo? Nossignori. Io sono sopravvissuta a me stessa, anche quando non mi conoscevo affatto, ed oggi ho avuto bisogno di togliere di mezzo e solo in parte i miei synth e il mio pop per un po’ di parole che appartengono ad una piccola Giorgia che aveva paura del mondo e di se stessa. Ecco cosa ho scritto amici, si chiama Carta Stagnola, e tra non molto sarà vostra. Non contengo l’emozione, e se qualche coraggioso avesse letto sin qui commenti con un piccolo cuore spezzato ed un cerotto, perché si fa così con i cuori spezzati, si curano, e a differenza degli oggetti, i cuori spezzati diventano invincibili.