Il ritorno de I Cani, “la più hypeata band dell’indie”. Ecco Aurora, ennesima variazione sul tema, musicale e no: torna il brevettato, stucchevole linguaggio della Premiata Ditta “Contessa & Soci”©, pasciuto tra le forme gergali post-adolescenziali (“Baby soldato”) e i cliché sulla droga tanto cari ai colleghi/amici The Pills (che hanno inserito “Questo nostro grande amore” nel loro film “Sempre meglio che lavorare”). Diciamocelo, Contessa non ha molto talento: melodie mai memorabili e una scrittura pigra (mutuata da Max Gazzè) sono la cifra stilistica dell’album (“Finirà”, “Protobodhisattva”, “Una cosa stupida” non reggono). Non basta il basso a metà tra Chic e Daft Punk di “Non finirà” per salvare il debole singolo e non basta manipolare un synth per fare uno strumentale (“Ultimo mondo”, imbarazzante).
Ma un professionista, e non un hater (termine caro ai nativi digitali, soggetto/oggetto dell’opera canina), sa riconoscere i meriti: “Il posto più freddo” è un’ottima canzone, forse il brano migliore della band. Senza scordare la conclusiva “Sparire” che preserva l’aura crepuscolare epurandola dai fastidiosi elementi hip, proponendoci un Niccolò meno artefatto e più intenso. Alla fine, Aurora è un hit-and-miss dal sicuro successo, come da tradizione I Cani.
Riccardo De Stefano