– di Giacomo Daneluzzo –
Lo storico Teatro dei Filodrammatici di Milano è il luogo scelto per la presentazione dei nuovi progetti di Freak & Chic, etichetta indipendente, tra gli altri, di Immanuel Casto e di Romina Falconi, artisti irriverenti e provocatori in due modi differenti e, per certi versi, complementari. Due personalità artistiche e umane molto diverse: lei più spontanea, lui più posato, accomunate da una grande lucidità e consapevolezza in merito a quello che fanno, oltre che da un’irriverenza intelligente e calibrata.
«Stiamo andando in una direzione in cui l’album, più che essere l’inizio di un percorso, è quasi la fine e tu hai annunciato il tuo album subito e hai fatto questa cosa, stranissima, di pubblicare già la copertina – e andrai poi a estrarre dei singoli», dice Immanuel a Romina, che inizia a parlare della scelta di mettere subito tutte le carte sul tavolo, per quanto riguarda il suo nuovo disco, “Rottincuore”, che uscirà nel 2023: «Ho spoilerato tutto, contro ogni regola. Le regole non mi sono mai piaciute». Immanuel poi introduce il suo stesso album di prossima uscita: «“Malcostume” è un album che parla di cattive abitudini, non necessariamente dovute alla malizia ma anche, semplicemente, dalla sciatteria».
Si parla delle tematiche del disco di Immanuel, un album complesso, capace di spaziare tra temi e livelli di profondità. Romina presenta il suo Rottocalco, una pubblicazione corposa (di cui Immanuel ha curato il layout grafico) nata dall’esigenza di ampliare i contenuti dell’album: il numero 1 viene distribuito con l’uscita del nuovo singolo, “La Suora”, ed è un volume in formato rotocalco di 134 pagine. «Per descrivere un’ombra “pesante” non bastano i 3 minuti di una canzone, quindi ho pensato di creare una costola che parlasse di cose tutt’altro che leggere: vendetta, tradimento, passaggio dalla ragione al torto. Ne sono molto fiera: per tutta la vita mi sono sentita strana e ho l’impressione che da qualche anno la stranezza sia passata da essere necessità a essere virtù. Con Rottocalco volevo creare qualcosa che fosse un ibrido e che fosse solo mio, che nessuno potesse togliermi. Volevo che non assomigliasse a niente e voglio spingere sull’idea che ci siano molti modi per comunicare. Dovevano essere 50 pagine, alla fine sono tantissime!».
Immanuel affronta il complesso tema delle proprie posizioni politiche, che definisce “radicalmente progressiste”, e del rapporto tra questo posizionamento politico-ideologico e il ruolo dell’artista: «Nel filone di pensiero principale relativo alle istanze progressiste oggi ci sono dei princìpi che rendono abbastanza difficile fare arte. Uno di questi princìpi ha a che fare con l’importanza del linguaggio, cosa che non metto in discussione e che, anzi, comprendo molto bene. Si dice che il linguaggio non solo influenzi il pensiero, ma crei la realtà: la realtà che stiamo sperimentando ora esiste in quanto prodotto del linguaggio. Da questo postulato filosofico deriva l’idea che certe espressioni, certe immagini, non vadano proprio usate, in quanto usarle porterebbe determinati problemi a esistere. Io non sono affatto d’accordo con questo postulato filosofico e anzi ritengo che sia un grosso limite in fase creativa».
«Oggi viene richiesto all’arte di svolgere un ruolo di conferma del fatto che siamo nel giusto, con una rappresentazione corretta dei nostri valori e una critica nei confronti del pensiero che vogliamo combattere. L’arte non fa solo questo: tra i miei personaggi preferiti ci sono figure che considero negative e trovo importantissimo il ruolo catartico, di esorcismo, delle opere d’arte: l’arte può esorcizzare dei lati di me che non vorrei esprimere nella realtà, ma che nello “spazio sano” dell’arte trovano una possibilità d’espressione. Oggi viene chiesto di intestarsi la sensibilità di tutte le persone: ogni volta che faccio qualcosa, se qualcuno prova un’emozione negativa, è mia responsabilità porvi rimedio; questo può funzionare se si creano contenuti online, perché i post possono essere rimossi; ma un disco, una volta fatto, è fatto. Tutti questi paletti rendono molto difficile scrivere qualcosa, tanto più che, poi, dopo una settimana tutto sarà dimenticato». Romina aggiunge, su questo tema: «Non sono la Montessori, non devo educare nessuno. Con Rottincuore volevo suscitare empatia, in un mondo in cui abbiamo il “giudizio facile” ed è molto facile esprimersi sulle cose. Se avessi 14 anni oggi non so proprio come la vivrei».
Si parla poi dell’esigenza di differenziarsi, una dote che risulta essere sempre più richiesta. Racconta Romina: «Quando non sei “inscatolabile” all’inizio non ti sanno leggere, la massa pensa che sia tu a non spiegarti bene, non lei a non capirti. Abbiamo sempre avuto l’esigenza di fare diversamente. Una volta essere multidisciplinari era quasi un ostacolo, oggi è una grandissima qualità, sta diventando un’esigenza di mercato. Immanuel è un autore, performer, creatore di giochi e artista grafico. E Presidente del Mensa Italia. A entrambi piace differenziare, per quanto riguarda il nostro lavoro». Poi Immanuel presenta il suo nuovo detergente intimo, realizzato con Incredy Balls per promuovere il progetto.
Rispondendo a una domanda sulle proprie “ombre” e su come siano state affrontate dai due artisti nel loro percorso, Immanuel racconta: «Delle mie ombre peggiori non sono ancora riuscito a parlare, nel mio percorso artistico», mentre Romina parla dell’uso dell’ironia come una maschera: «Non faccio vedere troppo il mio “momento di tristezza”. Sul palco, almeno, sono quello che vorrei essere e che non sono nella realtà. Ho imparato a fare un po’ la buffona e sono cresciuta pensando che certi lati di me fossero sbagliati, quindi è come se fossi stata addestrata a mettere una maschera. È una cosa di cui vorrei parlare nel prossimo capitolo di Rottocalco, ma per me è un nervo scoperto, una coltellata, su cui ho lavorato molto anche in terapia».
Sul fatto che le tematiche trattate dai due siano considerate sensibili dagli algoritmi dei social (come accade per argomenti come la Chiesa o la sessualità), si parla del fatto che i titoli sono cambiati: «Prima erano molto più “pesanti”, ma non c’è possibilità di scelta, per fare questo lavoro». Per Immanuel la volgarità e la provocazione sono «come delle spezie: non sono l’elemento centrale, ma se aggiunte con raziocinio possono essere interessanti».
Infine, parlando di cambiamenti culturali, linguaggio e sensibilità alle provocazioni, Immanuel racconta: «Quando ho iniziato rivendicavo di essere un artista “politicamente scorretto”. Ora questo termine è diventato un tormentone, in un senso e nell’altro, utilizzato assolutamente a sproposito. Per politicamente corretto oggi s’intende qualsiasi linea di pensiero, d’espressione, che tiene conto della sensibilità altrui, specialmente se quell’altrui si riferisce a delle categorie oppresse; di per sé un proposito estremamente nobile. Il fatto che vada applicato a prescindere e in qualunque contesto, però, è qualcosa che trovo estremamente discutibile. Che ci si attenga a linee rispettose è cosa sacrosanta e doverosa in ambito politico o scolastico; in ambito artistico mi dispiace ma no, perché l’arte ha anche altre funzioni. Attualmente c’è una corsa al politicamente scorretto, intestata da forze politiche che io, personalmente, combatto. Divincolarsi da questo pensiero binario è diventato davvero molto difficile, perché ti posiziona in modo molto preciso. Ci sono due macro-bolle, una progressista e una reazionaria: la prima è molto influente in ambito artistico, la seconda in altri ambiti. Bisogna cercare di portare una linea di pensiero che non sia inserita in una bolla: è l’unica scelta intellettualmente onesta, ma in questo momento non è per niente semplice».