INTERVISTA AI LUMINAL
Circolo degli Artisti, giovedì 20/3/2014
L’idea di incontrare i Luminal per intervistarli mi spiazza un po’: li seguo dal 2008 e solo adesso li intervisto, dopo la vittoria come band dell’anno al PIMI 2013 e la cover di “Elymania” fresca di stampa. E se il concerto al Circolo degli Artisti, dove tornano dopo un bel giro per l’Italia, è fatto di testate al microfono, urli viscerali, tuffi sul fondo del palco, il fuzz del basso che ti graffia il volto e “non faremo bis questa sera”, l’intervista mi mostra quanto siano “normali” i Luminal. Il problema è che forse son tutti gli altri a non esser normali. Alessandra Perna e Carlo Martinelli parlano molto, si sovrappongono, si definiscono a vicenda. Alessandro Commisso è attento, ma silenzioso, centellina le parole. Ecco quel che ci siamo detti.
Avevo pensato di fare un’intervista in cui parlavo solo io per un’ora, poi ho sentito il disco e ho cambiato idea. Partiamo invece dalla fine: come si arriva a suonare in un disco degli Afterhours? Io da ragazzino li ascoltavo, piangendo tantissimo. Poi ti svegli un giorno e vedi che i Luminal suonano sul ventennale di Hai paura del buio. Un bellissimo risultato, no?
Alessandra: Ci sono state settimane lunghissime in cui ascoltavo Hai paura del buio, dalla mattina alla sera. Quando ci hanno chiesto di fare “Elymania” c’è stato prima un momento di confusione, poi di trauma. L’abbiamo rifatta a modo nostro, stuprandola per la gioia dei fan. Manuel Agnelli e Xabier Iriondo si sono complimentati per la nostra versione. È stato un bel bagno di entusiasmo, felicità e autostima.
Sono stati loro quindi a contattare voi, come è avvenuto l’avvicinamento?
Carlo: Il nostro produttore in quel periodo stava lavorando con loro alla registrazione di alcuni brani. Non è la persona che spinge in maniera aggressiva, per cui si è limitato a far sentire qualcosa.
Alessandra: Abbiamo incontrato Manuel Agnelli al MEDIMEX. Ci siamo presentati, lui ha scoperto che eravamo la band che aveva vinto il premio PIMI dopo di loro e ha voluto ascoltare qualcosa di nostro.
Carlo: Non è riuscito a sentirci dal vivo perché doveva andare a mangiare i crudi!
Alessandra: Gli sono piaciuti molto i nostri pezzi e ci ha chiesto di fare la versione di “Elymania” e vedere un po’ come andava.
Il 2013 e stato un anno “trionfale” in un certo senso, coronato proprio dalla vittoria al PIMI. Che effetto ha a essere etichettati come band dell’anno?
Carlo: Vale tutto per certi versi meno di quanto si possa credere dall’esterno, non ci è cambiata la vita assolutamente. Dall’altra parte però sono arrivati una serie di attestati di stima che ci hanno dato molta più fiducia. Almeno parlo per noi due, perché Alessandro in quanto imberbe è sicuro della sua grandezza! È stato un anno utile per questo, ci ha dato molta più fiducia nei nostri mezzi, che sciuperemo nel prossimo disco!
Trovo che con Amatoriale Italia (LEGGI LA RECENSIONE QUI) abbiate distrutto qualsiasi preconcetto legato alla vostra musica. Un aspetto che mi ha colpito è quanto sia un disco dalle tematiche fortemente attuali, riferite all’oggi della nostra società e della musica. Pensate che Amatoriale Italia possa, debba affrontare il futuro, oppure sia un disco da consumo immediato?
Carlo: Si tratta di pezzi molto legati al momento, una cosa piccola. Ma è stata proprio una scelta programmatica, occuparsi di cose immediate e materiali. Di solito con un disco si cerca di parlare dell'”Assoluto”. E di solito si fallisce. Abbiamo provato a fare qualcosa di più semplice. È un bagno di umiltà, è come dire “questi siamo noi”, con tutta una serie di difetti. Ma stiamo preparando pezzi nuovi che magari saranno altro, come noi saremo altro. Con tutta questa nuova fiducia stiamo cominciando a “sentircela calda”, e ritornano i pezzi più sull’ Assoluto.
A chi è rivolto questo album, chi pensate che sia l’ascoltatore dei Luminal?
Alessandra: Scritti questi pezzi abbiamo pensato che ci avrebbero mandato tutti a fanculo, e nessuno ci avrebbe più fatto suonare. In realtà molti hanno capito quello di cui stavamo parlando. Siamo riusciti ad essere come siamo nella vita reale, dove si deve creare sempre qualcosa che sia più della somma delle parti. Spesso ci si scontra e si rompe, ci si rovina, ci si perde, però è fondamentale per migliorare come essere umani. È un modo di mettersi sullo stesso piano e confrontarsi, che è quello che abbiamo cercato di fare con questo disco. Abbiamo cercato di non salire su un piedistallo e dire quanto la “musica” o l’Italia facciano schifo. Abbiamo pensato: “Che cosa facciamo di sbagliato nella nostra vita? Questo. Ok, parliamone”.
Carlo: Il pubblico di questo disco non c’è, siamo noi.
Alessandra: Una cosa che mi piacerebbe molto è se dopo i concerti le persone venissero a parlarci per capire perché abbiamo detto queste cose e che cosa ne pensano. Non solo il tipo che dice è “tutto bellissimo”, oppure “fa tutto schifo”. Non è quello. I Luminal pensano che una violenza intellettuale tanto dentro quanto fuori dal palco sia fondamentale, altrimenti non cambia niente.
Carlo: Infatti è un concerto autolesionista.
Alessandra: Infatti dopo i concerti stiamo sempre malissimo.
C’è anche un tentativo di abbandonare un certo senso la dramatis personae, la maschera del personaggio? Siete voi in quanto persone a parlare piuttosto che “l’Artista”, che ha forse perso la valenza di guida?
Carlo: Credo che i prezzi siano molto biografici, quando non sono autobiografici. Magari alcuni fatti non sono autobiografici per nulla, ma vengono raccontati come se lo fossero, perché sarebbe troppo facile parlare male di qualcuno altro. Dovendo fare “Hipster” ho deciso di mettere il mio nome e la mia faccia. Sparare a zero su tutto è un male moderno e ne siamo tutti pieni, specialmente su Internet. Invece la capacità di riconoscere se stessi in un comportamento sbagliato sarebbe veramente utile.Per questo molti pezzi possono essere quasi biografici, o autobiografici.
E allora citando proprio “Hipster”: «Io credo ancora nel potere mistico dell’Arte […] Non credo di esser l’unico». Vi abbiamo visto non a caso in prima linea a difendere l’Angelo Mai, sintomo di una gestione cittadina completamente fallace. Quale può essere ruolo dell’Arte e perché c’è questo rifiuto verso qualsiasi forma espressiva che non sia la banalità della frasetta su twitter di 140 caratteri?
Alessandra: Perché attraverso social network, adesso tutti quanti possono essere artisti e credono che la loro opinione sia più importante di quella di qualcun altro. L’artista deve esistere, il problema non è che non dobbiamo essere noi a dire se lo siamo o meno. Noi suoniamo. Non si deve imporre la propria idea, né “la propria arte”. Poi alla fine noi siamo forse quelli meno presenti sui social network.
Carlo: Tranne Alessandro che è una Facebook star.
Alessandro Commisso: Ma io scrivo solo minchiate immonde. Il social network permette quello. Non riesco a prenderlo seriamente, non riesco a dire la mia su ogni cosa, perché non mi interessa.
È bello vedere che riuscite a realizzare non soltanto una nuova forma musicale, ma anche a veicolare dei messaggi. Si avverte il bisogno di spostare l’attenzione su qualche cosa che non sia soltanto il banale.
Carlo: Su Internet, lo scopo dei social network e della massa di persone che commentano è distruggere tutto quanto. Abbiamo fatto una roba satanica: riuscire in parte a convincere gli altri che non ci stessimo prendendo sul serio, quando è l’esatto opposto. Una roba abbastanza cervellotica: fare le cose alla maniera vecchia, però utilizzando un vestito nuovo. Questo disco è stato il nostro cavallo di Troia.
Quanto è stato tragico indossare questo “vestito nuovo” musicale? Immagino non sia stato naturale, come passaggio. Avete mai dubitato di questa scelta?
Alessandra: È stato obbligato. È stato brutto perché abbiamo dovuto completamente cambiare pelle: prenderla e staccarla dal corpo. Un paio di brani sono nati in sala.
Carlo: Per i testi si era capito che la direzione giusta era quella. Questo disco è nato quasi in tutti casi prima con i testi, e quasi tutti sono concettuali; decidiamo l’atmosfera, a tavolino. È un modo di lavorare molto mentale, però funziona.
Dopo una scelta così drastica, eliminare il superfluo e ridurre tutta la musica all’elemento essenziale, ho avuto l’impressione che non si possa più tornare indietro da questo vostro approccio, che definisco “art punk”. Io sarei spaventatissimo, al posto vostro.
Carlo: Eccoci. Sei il primo che l’ha capito, definizione giusta tra l’altro. Ci abbiamo provato, non si può fare.
Alessandra: Lo siamo anche noi.
Quali sono le prospettive per il 2014 e il prossimo futuro? Accennavate a brani nuovi, quindi presumo che ci sia l’intenzione per un nuovo album…
Alessandra: In realtà è ancora all’inizio, però stiamo preparando i pezzi nuovi che saranno sempre basso batteria e voce, forse.
E spero armonica. Che la adoro nei vostri brani.
Alessandro: Vuoi metterci l’armonica? È una cosa che non sapevo.
Carlo: Fififi. Dipende dal pezzo.
Alessandra: non sappiamo che direzione prenderà ancora questo disco, però i primi due pezzi sono abbastanza violenti e interessanti. Ci piacciono.
Riccardo De Stefano
Si ringrazia Danilo D’Auria per le fotografie.