– di Martina Rossato –
Joe Barbieri, nato a Napoli nel 1973, ha già alle spalle una carriera quasi trentennale, durante la quale ha pubblicato undici album. Presenta oggi Tratto da una storia vera, quattro anni dopo Origami. In un periodo particolare come quello che stiamo vivendo, Joe ha ritrovato il desiderio di arte e ne è nato questo disco totale: un misto di esperienza vissuta e di futuro, che di certo non tralascia nemmeno il momento attuale. Un lavoro che racchiude ciascun incontro, ciascun artista con cui Joe ha collaborato, ogni esperienza. I dischi di Joe sono sempre autobiografici, e questo è un’ulteriore conferma del suo modo di fare musica, che nasce sempre da qualcosa che ha vissuto in prima persona.
Le undici tracce che compongono questo ultimo album vedono la collaborazione di molti artisti. Tali collaborazioni sono nate in modo piò o meno istintivo. Egli parla infatti dell’istinto come di una grandissima risorsa da non dimenticare mai e da seguire sempre. Tra gli artisti che hanno partecipato all’album, Carmen Consoli, Fabrizio Bosso e Jaques Morelenbaum: questi grandi musicisti lo hanno aiutato a trasformare delle canzoni per chitarra e voce in qualcosa che anche la gente potesse fare propria. Racconta in particolare della collaborazione con Carmen Consoli. “In buone mani” nasce per una voce maschile; dopo aver dato il brano a Carmen, che lo ha interpretato in modi diversi e registrato con la sua voce, è stato invece abilmente e con estrema passione riadattato. Inoltre, alle registrazioni hanno partecipato anche molti altri musicisti, tra batteristi, contrabbassisti, pianisti e violinisti. Del ricavato è stato lasciato un contributo alla Protezione Civile.
Joe torna a parlare, con questo album, dopo quattro anni. Non sono stati anni di silenzio, ma di grande lavoro. La sua musica non vuole essere commerciale e pertanto preferisce il silenzio alle parole superflue. Soprattutto in un’epoca come quella in cui viviamo, spesso si rischia di dire tante parole di troppo. Come ricorda Joe, le parole sono importanti, ma si comunica anche tacendo. Il silenzio può essere una scelta, e questi quattro anni in cui non ha pubblicato niente di proprio sono una scelta ben precisa, che nasce da un bisogno dell’artista di chiudersi un po’ nei propri pensieri.
Racconta infatti di essere una persona riservata, che ama passare il tempo con i propri pensieri. Questo periodo sta dando a tutti la possibilità di confrontarci sempre più con noi stessi, ma sta anche mettendo a dura prova gli artisti, che vedono mancare il rapporto diretto con il pubblico. A proposito di questo, afferma che la musica si fa in due momenti. In un primo momento essa ha bisogno di non essere “corrotta” dal confronto con chi la ascolta: deve nascere da un rapporto personale e unico con l’artista. In un secondo momento, il confronto diventa invece vitale, è come una pianta che ha bisogno di nutrimento. È per questo che attorno a lui si è sviluppata una piccola comunità di persone che aspetta le sue canzoni e che lo supporta.
Il contatto con gli altri è infatti fondamentale per l’artista, che è tutt’altro che chiuso nel suo piccolo mondo. Le realtà che lo hanno influenzato e che lo influenzano tuttora sono varie. Non si può non menzionare l’incontro che lo ha cambiato radicalmente: quello con Pino Daniele. È stato proprio il grande cantautore napoletano a scoprire il talento di Joe, che ha inserito nell’album Lazzari felici. La scelta di inserire proprio questa canzone di Pino potrebbe essere definita casuale, ma che casuale non è. L’artista ha raccontato di averla scelta istintivamente (ed ecco che torna in gioco l’istinto). Il suo rapporto con Pino è stato talmente importante che fa quasi fatica a parlarne, come se volesse custodire un gioiello preziosissimo.
Negli ultimi venti anni si è poi avvicinato alla musica brasiliana, che lo ha folgorato. La realtà della musica brasiliana per certi versi lo riporta alla sua terra, Napoli. Un legame che diventa indissolubile per le analogie tra le melodie e anche per alcuni strumenti usati dalla musica popolare. L’album però, oltre alla musica popolare (napoletana e brasiliana) e ovviamente al jazz, trova le sue radici anche nella musica classica.
Uno dei motivi per cui la sua musica risulta così piacevole è che cerca prima di tutto di ascoltare, per poi farsi ascoltare. Le suggestioni che raccoglie diventano parte del suo essere. Prima di questo disco, ha collaborato con Tosca per la produzione del suo album, e anche questo ha influito sul suo modo di rapportarsi con agli altri.
L’album si chiude con una traccia a cui il cantautore dichiara di essere particolarmente legato, “Mentre ridi”, una canzone nata pensando a ciò che ama. Questa canzone è stata concepita in un luogo fisico, nella zona flegrea: Joe racconta che c’è un punto da cui si scorge una distesa di acqua, enorme e brillante. L’emozione che prova passando di lì, in particolare nel periodo primaverile, ha contribuito alla creazione di questo brano, a riprova ancora una volta del suo grandissimo amore per la sua città.