– di Naomi Roccamo –
Ogni volta che penso a Venerus mi vengono in mente le cose meno concrete che conosco: stelle, pianeti, aure e altre cose inafferrabili ma comunque potenti in una maniera misteriosamente possibile.
Magica Musica, il suo primo album effettivo dopo sei anni di attività extrasensoriale fatta di singoli ed EP, è arrivato a me venerdì mattina, qualche ora dopo la classica pubblicazione della mezzanotte avvenuta per Asian Fake.
Il giorno prima ero stata romanticamente messa in guardia dal contenuto di questo nuovo lavoro proprio da Venerus, durante quella che è stata la prima conferenza stampa della mia vita. Il mio anziano pc come location, uno dei miei artisti preferiti come protagonisti e i suoi gatti che saltavano da una superficie all’altra.
Non penso Venerus si sia limitato a dare informazioni su questo nuovo disco, piuttosto mi è sembrato aprirsi in confidenza nell’unico modo in cui riesce a comunicare e cioè con un’identità ben definita nei suoi contorni fluidi e solo apparentemente sfocati: finalmente tutto ciò che si muoveva ballerino nel suo cervello sembra esser riuscito ad approdare da qualche parte e tutte le aspettative, le sue e le nostre, sembrano aver trovato pace.
Eppure Magica Musica è un grande sogno ad occhi aperti ed è sicuramente un divenire che continua ad essere errante pur rimanendo fedele alla sua dimensione.
Ci viene spiegato subito da dove viene questo vagabondare: l’artista dice di essere “fin da piccolo uno spettatore chiamato in causa dalla vita” spinto dalla curiosità e dalla consapevolezza di dover far accadere le cose, assomigliando a una lanterna.
Il suo compito è raccontare la meraviglia, nel senso più etimologico del termine, di un essere umano e della sua esperienza su questo pianeta, dell’esserci così tanto legato da trasferirla nell’immaginario musicale.
Il risultato è viscerale, mai fittizio, al massimo un po’ ammorbidito dall’immaginazione.
Avviene l’esplosione dell’essere introversi, in cui “o si prendono le distanze e si guarda tutto da lontano, oppure si zooma dentro un filo d’erba e si finisce per scoprire un micro mondo”. Forse è proprio questa la parafrasi di “Ogni pensiero vola”, uno dei singoli estratti da Magica Musica.
Del resto ognuno dei sedici brani rappresenta un percorso di avvicinamento alla natura, fra il “Buyo“, le “Luci“, la “Lacrima=piccolo mare“ a ricordarti che “Sei acqua“. L’acqua della piscina di Salmo a Olbia è fra quei suoni irripetibili ma intrappolati nelle registrazioni del suo telefono, fa parte di quelle giornate passate in cui i suoni extramusicali contaminano la sua creatività.
“Sto su un prato in silenzio e penso che mi piacerebbe fare un disco che suona così”.
Venerus si lamenta di un eccesso di sensibilità ogni volta che si ferma ad osservare le cose e di una conseguente malinconia e mentre penso che vorrei starci io dentro a quei racconti malinconici che poi diventano le sue canzoni gli viene fatto notare l’evidente legame con Giordano Bruno nella copertina del disco: anche lui è impegnato in un viaggio extrasensibile fuori dalla terra.
In questa grande Arca di Noè di cose in cui crede e che “vuole salvare dalla rapidità del tempo” c’è tutta la dilatazione di un tempo vissuto in prospettiva, in cui l’artista sviluppa nuove definizioni di musica, la concepisce per futuri live, sperimentando e realizzando quasi tutte le tracce insieme a MACE, affatto intimorito dall’uscita quasi in contemporanea di OBE, perché sa che entrambi gli album non possono prescindere l’uno dell’altro ma anzi si completano, complici nella loro scalata verso una rivoluzione sonora sempre più evidente e necessaria in Italia. Magica Musica è un disco suonato prima che cantato, figlio dell’ascolto di almeno cinque-sei dischi al giorno, di Miles Davis e del jazz degli anni Sessanta e Settanta, quello che si porta appresso da quando ha diciassette anni.
Venerus accetta di essere carico ma non pronto durante il periodo di gestazione. Sceglie con cura i feat da portare avanti, non si limita alla fratellanza o all’apprezzamento verso un determinato artista, cerca la connessione con ognuno di loro, quella nata nell’“Appartamento” della collaborazione con Frah Quintale o quella che trascina i Crookers nella ballad che è “Eden“. Nessuna però batte quella con i Calibro 35, definita da lui stesso la più speciale.
L’esclusività è ben poca quando si tratta di raggruppare delle sensazioni universali: in questo senso la Magica Musica non è rivolta a una nicchia e non potrebbe esserlo, perché punta a (ri)unire più individui possibili, empatizzando con e semplificando le cose. Essere pop va bene se significa riuscire a fare questo.
È un album che deve ancora essere assorbito del tutto da me e probabilmente è uno di quelli che non esaurirà tutto il suo potenziale in una volta, riuscendo a raccontarmi sempre cose diverse. Adesso siamo letteralmente a metà dell’opera e sono elettrizzata all’idea che non sia finito tutto qui.