Ultimo giorno del TOdays 2018 che nella giornata di domenica decide di svegliarsi qualche ora prima rispetto ai giorni precedenti, ci dà il tempo di un caffè dopo pranzo e poi subito pronti alla Cattedrale Del Parco Verde Aurelio Peccei a prenderci un tiepido sole di fine estate ascoltando un dj set del Clipper Party infarcito di tracce di musica elettronica datate ma che tengono alta l’attenzione e la forza cinetica del ballo, un riscaldamento di muscoli, tendini e voce per l’arrivo della più signora di tutte le miss: M¥SS KETA. Arriva alle 17 vestita in total black fatta eccezione per la scritta “KETA” in bianco sul posteriore, un’ovazione selvaggia la accoglie sul palco, l’altare da cui inizia a nutrire i suoi fedeli con i pezzi che la stanno ponendo al centro delle attenzioni del pubblico amante delle trasgressioni e delle narrazioni-limite della vita milanese divisa fra droghe, situazioni immerse nel trash e cultura pop. Il concerto si svolge come una chiacchierata in cui alle canzoni si alternano momenti di confidenza con i fan (buona parte dei quali emuli del look occhiali + mascherina), sale con la rapper una ragazza che la stessa M¥SS riconosce come sua sosia, e così fra una vita a caratteri cubitali e incontri improbabili nella Milano da bere si conclude l’incursione nella folle seppur divertente poetica della bionda che abbonda.
Sono le 18.30 ed è giunto il momento di lasciarsi alle spalle la parentesi danzereccia del festival e tornare verso lo sPAZIO 211, unica location in cui avranno luogo le ultime esibizioni; la coda è già lunga e a giudicare dalle magliette che punteggiano il serpentone umano il motivo è evidente: la scritta “Editors” campeggia quasi ovunque e la trepidazione è palpabile, ma l’attesa è ancora lunga.
Prima non bisogna perdersi Generic Animal, il volto gentile e cucciolo della trap del nord Italia, tutto solo di fronte ai pochi astanti ha comunque prodotto un buon live a colpi di autotune sempre attivo (mi basta il pensiero per far scattare la reazione da unghie sulla lavagna) ma anche di chitarra acustica, forse un piccolo valore aggiunto rispetto all’attuale panorama dei ragazzini tutti pose e ostentazione, e in più Luca si mostra molto umile e ringrazia tutti per essere lì a sentire le sue canzoni. Una mosca bianca nello spietato mondo dei trapboys.
Si ricomincia ad aspettare, c’è chi inganna il tempo bevendo qualcosa, chi procede direttamente alla cena, si gironzola inquieti e impazienti in attesa dei veri blockbuster del festival, ma, prima che la noia abbia il definitivo sopravvento, eccoli gli Editors, lampi di luce sulla cassa della batteria che scandisce l’inizio della performance e la terra inizia a tremare sotto i nostri piedi a forza di pogo selvaggio e felicità diffusa dalla prima all’ultima fila. Sulla qualità del loro live si può dire davvero poco: senza sbavature da principio a fine, non sbagliano nulla e forse non avrebbero sbagliato nulla nemmeno se ci fosse stata un’invasione di palco, spinti dal pubblico e dal loro stesso entusiasmo hanno sciolto le briglie alla potenza delle loro canzoni e soprattutto le hanno sciolte a Tom Smith che si è prodotto in uno spettacolo sfaccettato da istrione vero, quando non ha le mani impegnate nel suonare la chitarra o le tastiere si produce in gesti da teatrante tarantolato che non trova pace, spaccano i cuori di tutti con le prime note di “Ocean Of Night” e da lì dilagano in modo impressionante. Difficile trovare parole che rendano giustizia a tutta quell’ora e mezzo.
Si conclude un festival che davvero è stato capace di accentrare e concentrare in 72 ore artisti di panorami musicali distanti ed eterogenei, ma cosa più importante è riuscito a tenere al centro la musica nella sua forma più elementare, che aggrega, che ti riempie e ti fa dimenticare di tutto quello che si trova al di fuori di quei cancelli come quando eravamo bambini.
Edoardo Biocco
Marco Francini