– di Naomi Roccamo –
«Se qualcuno potesse entrare nella mia testa troverebbe una grande stanza colorata con lampadari giganti, tappezzata di velluto, divani dalle forme pazze e un tavolo con una mappa astrale e dei tarocchi, qualche foto dei miei amici incorniciata e sicuramente una torta appena sfornata. Da subito mi è piaciuta l’idea di dare al mio disco la forma di un motel, un albergo vecchio stile con dodici stanze tutte diverse tra loro. Un luogo dall’aria magica, sfarzosa, mistica, arredato con una maniacale attenzione ai dettagli, ma che mantiene un certo profumo di asfalto e provincia. È il mio primo disco e per quanto importante e permanente sono convinta sia solo l’inizio, un segno di me che rimane ma allo stesso tempo destinato a mutare. Ho pensato che il concetto di motel potesse racchiudere al meglio questa sensazione di temporaneità, perché altro non è che un rifugio temporaneo, un albergo con meno velleità ma non per questo meno affascinante».
Laila Al Habash, ventitré anni e un frizzantissimo sangue italo-palestinese, introduce così il suo disco d’esordio “Mystic Motel” (released by Undamento il 5 novembre 2021), come ogni mamma fiera e felice a prescindere una volta diventata tale.
La prima cosa notata, dopo aver finito di ascoltare l’album, è stata l’evidenza di un disco che non ha tempo per i rimpianti: “Mystic Motel” è un’opera genuina al 100%, che rispecchia pienamente l’essenza esplosiva di chi lo ha partorito, già ben percepibile da social e interviste varie.
Le sapienti mani di Stabber e Niccolò Contessa, produttori e consiglieri fidatissimi, guidano l’energia in crescendo dell’artista tra affermazioni decise e urban sounds in questo motel della giovinezza in cui sgomitano le mille sensazioni ed esperienze di chi sente e vive prendendo il mondo a morsi.
Fra la carta da parati dei corridoi e delle stanze c’è spazio per i consigli della mamma “Oracolo” («Guarda, mamma, senza mani, senza uomini e senza orari, è una cosa che mi hai insegnato te»), per la spensieratezza estiva di una vacanza a “Ponza” , per essere sfacciatamente “Gelosa”(«Stasera non ci sono santi a proteggermi da me»), la triade dei singoli pubblicati precedentemente.
La cantante, ambassador di #SpotifyEQUAL lo scorso luglio, durante la nostra intervista estiva in occasione dell’Apolide Festival ci aveva già parlato dell’importanza cruciale nel suo percorso artistico della rappresentazione femminile nel mondo della musica, di quanto sia importante il supporto fra colleghe e di come la gente nel 2021 faccia fatica a credere che, ovviamente, una donna può essere la protagonista diretta della sua musica, può scriverla, interpretarla, ballarla come vuole. Come Laila al meglio fa.
«Mi sembrava di aver capito chi poteva darmi amore e capirmi quando fuori piove
Mi sembrava di scivolare nei pericoli ma non c’è modo di saper o non posso non cadere da me»
(“Abbagli”)
Un’irrequietezza, di quelle buone e necessarie, si propaga parola dopo parola, incalzata da beat altrettanto movimentati e giocosi. «Se ti piace qualcuno io voglio piacerti un po’ di più».
Si tratta di un’irrequietezza forse presente ormai in tutti i rapporti di questo secolo ballerino, tipica e sintetizzabile, ad esempio, nella relazione descritta in “Sbronza”, unico feat del disco che ha come ospite Coez.
L’essenza di questo disco viene fuori «sparata in faccia tipo aria compressa», se vogliamo omaggiare ulteriormente I Cani, forse accompagnata da una solida consapevolezza di fondDO del monDO che, in fonDO, tutti i giovani hanno, pur sospesi in un’apparente leggerezza quotidiana e mondana («So bene che non esiste amore in questa città triste»).
Ho apprezzato particolarmente la citazione ai Baustelle e a “Un romantico a Milano” in “Baby” («Baby, scriverò dentro ad un locale dei Navigli quanta gioia quanti giorni quanti sbagli»), ho empatizzato con il dolceamaro di “Fotoromanzi” («Almeno non m’aspetto che arrivi tu o un attacco di panico pensato su misura per te»).
Sarà il suo stile affine al mio, sarà che cantare le sue canzoni mi viene così naturale, sarà la passione insensata per l’astrologia che abbiamo in comune, ma riesco a volere bene a tutte le verità dichiarate in “Mystic Motel”.