Un basso, una voce ed una batteria. Totale assenza di chitarre; di tanto in tanto qualche nota di synth per smorzare i toni battenti e i ritmi serratissimi. Così si presentano al debutto discografico gli UnoaUno. Il loro personale biglietto da visita è Cronache Carsiche, un’ondata genuina e violenta di punk all’italiana, che non può lasciare indifferenti.
Otto tracce scarnificate del superfluo, che vivono solo di percussioni, del quattro corde e delle parole, senza il bisogno di orpelli e decorazioni aggiuntive. La voce si modula in base alla situazione, assecondando le ritmiche degli altri due elementi: da qui i versi taglienti, cinici, urlati con rabbia e a squarciagola nel primo singolo Restare Vivi, a descrizione di una contemporaneità sempre più confusa, iperattiva e inconcludente.
Non solo però le “urla da Vietnam”, ma anche frasi e lemmi sussurrati, o vere e proprie nenie che giocano sulla ripetizione melodica, strumentale e vocale, nelle seguenti Carsica, dal sound subacqueo, e Aleppo I, nel ricordo di una persona scomparsa. Dolore che prosegue tra le macerie e nel destino nefasto di Aleppo II, dove quel reiterato “Pape Satàn, Aleppo” di dantesca memoria, affiancato dai riff corposi di basso e dal timbro intermittente della batteria, trasuda disperazione e senso di sconfitta. Ventisette minuti che disegnano una geografia fatta di luoghi claustrofobici ed angusti come le metropolitane e gli stretti appartamenti, ed altri più liberi e naturali come il mare Adriatico e il Canton Ticino. Regni dell’anima e regni del caos.
Con Cronache Carsiche, i nostri Unoauno rispolverano i vecchi lavori del Csi e dei Massimo Volume, muovono controvento e con il loro sound asciutto ma impattante colpiscono li dove devono colpire, in un rituale punk irrequieto. E pensare che la loro carta d’identità recita appena 1994.
Giuseppe Zibella