– di Assunta Urbano
foto di Bart Kuykens –
Eclettica, inquieta ed eternamente ribelle. Asia Argento è tutto questo e molto di più. Un’artista a tutto tondo, che non necessita di particolari presentazioni. Pronta a dividersi tra una macchina da presa e un microfono. Regista, scrittrice, cantante, modella, performer, volto televisivo. La lista potrebbe allungarsi all’infinito, perché la sua anima rivoluzionaria è inarrestabile ed irrefrenabile.
Con un personaggio del genere si ha indubbiamente voglia di passare ore a perdersi tra mille racconti e aneddoti.
Abbiamo approfittato dell’uscita del nuovo disco dell’artista, “Music from my bed”, proprio oggi 12 novembre, per Ammonia Records, per fare quattro chiacchiere con Asia Argento e farci rapire dalla sua tempesta di pensieri e suoni.
Venerdì 12 novembre esce “Music from my bed”, il nuovo lavoro discografico di Asia Argento. Ci racconti di questo disco?
Se penso a queste canzoni, non posso parlarne senza fare riferimento a ciò che ho vissuto. Mi ero rotta un ginocchio e mi avevano comunicato che sarei dovuta rimanere bloccata a letto per sei settimane. Sono una persona attiva e sempre in giro, non ti nego che all’inizio mi ha demoralizzato questa immobilità. Poi, però, è successo un miracolo, che ha trasformato il veleno in una sorta di medicina. Il mio amico e producer portoghese Holly mi ha proposto di usare quei giorni per scrivere insieme un disco.
È stata un’occasione veramente di grande crescita personale e di introspezione. Ha segnato una mia rinascita, dopo tutto quello che è successo nella mia vita. È un lavoro melanconico, perché ci sono tasti dolenti, ma non mi prendo troppo sul serio. C’è romanticismo e, allo stesso tempo, voglia di ballare.
L’album è ricco di sonorità diverse tra loro, si passa dalla trap fino a concludersi con gli stornelli romani. Come nascono i suoni?
È successo tutto prima del Covid. Sicuramente non avrei fatto nulla di tutto questo, se non mi fossi trovata in quella circostanza.
Holly mi ha inviato trenta tracce, mi ha proposto di scrivere dei pezzi e registrare sulle basi che mi piacevano. Ho seguito i suoi consigli, ho preparato un piccolo studio accanto al mio letto e mi sono messa a lavorare.
Mescolo tanti generi differenti, dal metal, alla trap, fino all’elettronica. Ogni canzone è diversa. Riflette quello che sono io come ascoltatrice. Ci sono brani figli del cantautorato più moderno, anche se non è un panorama che seguo. Un esempio di quest’ultimo caso è “Venerdì”, realizzato in collaborazione con Luca D’Aversa.
I suoni, dunque, nascono così: da tutte le persone che gravitavano in quei giorni intorno al mio letto.
Emblematica è anche la scelta di linguaggio, in cui si mescolano l’inglese e il romanesco. Da dove ha origine questo tipo di scrittura e forma di espressione?
Avevo già in mente di fare una cover del pezzo di Gabriella Ferri “Te possino dà tante cortellate” – che ho sempre amato – e di metterlo come chiusura del disco. Ho scelto di farlo in coppia con Vera Gemma, perché mi piace molto la versione di Loredana Bertè e Mia Martini. Sembra di entrare in un’osteria e cantare insieme ad altre persone; è questo il mood.
Da quel pezzo lì, la mia amica scenografa Eugenia Di Napoli mi ha mandato alcuni testi che aveva scritto in romano, ovvero “Venerdì”, “Me potevi sparà” e “Reduci”. Mi sono piaciuti tantissimo, proprio perché erano in romanesco, anzi, proprio romanaccio. Le parole troncate in romanaccio si amalgamano benissimo con i beat hip hop.
Mi riempivano il cuore. Ci sono tanti vocaboli tutti nostri. Io spesso parlo così nella mia quotidianità e lo vedo come un dettaglio che riguarda tutta la mia sfera familiare, anche mia figlia, mio padre. Portare questa naturalità nella musica ha reso il risultato finale più viscerale e profondo.
Venerdì 17 settembre è uscito “I’m Broken”, il singolo che ha anticipato l’intero progetto. In particolare, la canzone è stata presentata come un “cinema musicale” e con un’immagine che ti vede prendere le sembianze di Frida Kahlo. Che rapporto hai con l’artista?
Ho scoperto Frida Kahlo quando avevo quattordici anni e mi sono appassionata. Nel 2019 ho preso parte al docu-film “Frida – Viva la vida”, dedicato proprio a lei. Attraverso l’arte, ho cercato di sublimare il mio periodo buio. Senza fare paragoni, mi sono sentita in sintonia con questa donna e la sua immobilità in seguito ad un terribile e tragico incidente. Non si fermava mai e trasformava il suo dolore in paesaggi magnifici e molto altro. L’ho sicuramente presa come modello, quasi per curarmi a mia volta.
Ribelle, pronta a superare tutti i limiti e “Forte come la morte”, come cita la canzone in collaborazione con Young Signorino. Una carriera ricca di esperienze, da regista, attrice, musicista, e chi più ne ha più ne metta. Qual è, se c’è, il progetto rimasto ancora nel cassetto di Asia Argento?
Ho la fortuna di poter passare da una cosa all’altra, dal libro “Anatomia di un cuore selvaggio”, fino al disco “Music from my bed”. Vorrei scrivere un altro film da regista, da attrice, vorrei lavorare con il mondo della moda. Non mi fermo mai. Ho sperimentato tutto e continuo a farlo. In futuro, una cosa che vorrei aggiungere e farlo meglio è produrre film, miei e di altri artisti che stimo.
Più che un cassetto dei sogni, chiuso, è uno spazio che continua a riempirsi.
Sì, bella, mi piace come metafora.
Il filo conduttore in “Music from my bed” è la storia di una donna “rotta”, sia dentro che fuori, con il coraggio e l’audacia di non arrendersi. Chi è oggi Asia Argento?
Ho alzato la bandiera bianca e sono in pace prima di tutto con me stessa. Accetto il mio passato, so che non posso cambiarlo e mi sta bene così. Non ho rimpianti, non ho rimorsi, non ho risentimenti. Vivo nel presente e da qui voglio costruire il futuro, insieme alle persone che mi stanno accanto, sia nell’ambito privato che professionale. Sono una donna che in un certo senso ha smesso di combattere. A volte, bisogna anche ammettere la sconfitta per diventare i veri registi della propria vita. Non si può controllare il destino, ma si può accettare e, quando si può, cercare di cambiare quello che non ci piace.