Dedicato all’artista di Silligio, attrice, cantante, scrittrice. Dalla sua unica raccolta di poesia pubblicata da Coines Edizioni di Roma nel 1975, “Canto Rituale” che nasce il titolo di questo bellissimo lavoro di sperimentazione e ricerca, di tradizione e di coraggio in quel modo che si ha di reinventare la voce e la faccia di una storia indelebile per la cultura italiana. Ritroviamo Beppe Dettori e Raoul Moretti in questo disco dal titolo “(In)Canto Rituale” oggi candidato alle celebri Targhe Tenco 2020 nella sezione “Interpreti di Canzoni”.
L’arpa di Moretti e la voce di Dettori, le corde di una chitarra acustica e l’elettronica dolce che rifinisce i bordi e le code dei suoni, i tappeti e le visioni appena velate. Ritroviamo un duo che forse un poco abbandona quegli sfacciati esperimenti visionari per tornare alla radice della terra e delle voce, del suono e della narrazione con un disco che culla in se solo grandi omaggi alla canzone di Maria Carta ripercorrendo alcuni dei suoi successi, oltre a “Ombre”, una sua poesia che il duo ha musicato in forma inedita.
La poesia e la canzone di Maria Carta in una biologia sonora lontana anni luce dalla sua naturale collocazione. Un progetto interessante quanto rischioso non trovate? Tanto rispetto che però nella faccia estetica sembra quasi irriverenza per le origini di queste opere. Come rispondete a questa analisi?
(Beppe Dettori)
Il mio personale concetto della musica è più orientato ad una evoluzione sia creativa che di sviluppo di brani tradizionali di grandi successi del mondo pop. I miei gusti, o meglio, ciò che di musicale amo, si riversa nella musica che ho prodotto fino ad oggi e che continuerò a fare finché avrò occasioni e possibilità, come con l’ultimo progetto (in) canto rituale omaggio a Maria Carta. L’amore per questa Enorme artista mi/ci ha portato a dedicarle un progetto di ricerca musicale, letterario e linguistico allo stesso tempo. Irriverente? Spero di no! Anche se è facile correre questo rischio e restare imbrigliati nel timore di dissacrare la Tradizione. Buttando il cuore oltre l’ostacolo ci abbiamo provato. La stessa artista, nel 1980 col l’album “haidiridiridiridiridin”, ricevette molte critiche per avere inserito nei brani tradizionali (come ballu nostro singolo di oggi) chitarre elettriche, batteria, basso, tastiere, fiati e archi… cioè un apertura decisamente rock. Lei, continuava in una intervista dicendo che il folk avrebbe avuto una chance di popolarità se unita al Rock, genere molto seguito da un pubblico diverso dal suo. Irriverente anche Maria Carta? Io direi, aperta senza paura, sfrontata come lo era da piccola, a 8 anni, quando si recava al fiume per fare il bucato, quando era ancora buio, Lei, sentiva le “Ombre”, i fantasmi, gli spettri, i suoni del crepuscolo che facevano paura ai più grandi, forse. Lei li affrontava cantando a voce delirante finché non arrivava coi piedi nel fiume. Non rientrava in casa, impaurita. Questo piccolo aneddoto, riportato in una poesia, “Ombre”, che noi abbiamo musicato, da un’idea del carattere determinato e curioso di Maria Carta. Con la stessa “irriverenza” abbiamo osato rileggere le sue Opere. Mettendoci tutto l’amore e il rispetto possibile verso L’Artista.
(Raoul Moretti)
C’è in realtà molto rispetto ad accostarsi ad un figura iconica come Maria Carta e non ci sarebbe stato un omaggio se il nostro tipo di approccio non avesse stimolato la Fondazione Maria Carta a sostenerci, e noi stessi non avessimo sentito una affinità con la cantante, in primis con l’approccio innovativo che ha avuto lei stessa con la tradizione, nella parte finale della sua carriera. Di fatto non ci siamo posti il problema di eventuali “rischio”, muovendoci al di fuori di logiche di mercato c’è solo il puro gusto di suonare, di poterlo fare dal vivo insieme e proporre la nostra visione.
Parliamo di modificazione genetica dei suoni. Dall’ara agli strumenti di antiche tradizioni. Come avete cercato gli ingredienti di questo disco? Sono stati scelti con una precisa regola oppure siete partiti semplicemente da quello che avevate?
(Beppe Dettori)
Siamo partiti da quello che avevamo costruito in 8 anni di concerti un po’ dappertutto in Sardegna, nella penisola (anzi in continente) e all’estero. In questo lasso di tempo abbiamo cercato il nostro suono dato dalla vibrazione delle corde che si avevano a disposizione. Corde vocali, chitarra acustica per dare un sostegno ritmico e armonico, l’arpa elettrica con i loops. Tutto il resto è la nostra visione intima, interiore, fatta di vita vissuta da esperienze belle e brutte come l’esistenza impone, che poi, hanno trovato luce attraverso la musica che facciamo.
(Raoul Moretti)
Assolutamente siamo partiti da ciò che avevamo, ma che arriva da lontano ed il suono ha proprio la sua centralità. È il frutto per prima cosa del nostro percorso personale, della ricerca vocale di Beppe e dell’elettronica applicata all’arpa, ed in seguito dell’unione avvenuta in questi anni in cui abbiamo affinato la nostra alchimia sonora.
La voce in questo disco diviene strumento prima ancora che cantato. Com’è stato chiaro anche dal vostro precedente lavoro. Una scelta molto anni ’70, quasi psichedelica… qual è la sua reale ragione d’essere?
(Beppe Dettori)
Per me è una conseguenza naturale perché amo la vocalità nelle sue molteplici manifestazioni. Se vogliamo dare uno scaffale a questo direi che psichedelico-progressive-world sarebbe il suo. In questo progetto, apparentemente complicato, è semplice in realtà trovare ispirazione e creatività. Ci è bastato guardarci e suonare. La voce è un fatto importante. Profondo. Arriva da dentro, da ciò che non vedi se non con degli appositi strumenti che evidenziano l’anatomia della laringe. Ma in realtà è veicolo spirituale poiché dona vita ai sentimenti e agli stati d’animo. Una “macchina di emozioni”. Muscoli, fibre e muco che si uniscono al pensiero, all’intimo profondo. Puro come il pianto, e doloroso come lacrime.
Alla fine del tutto, quanto sentite di aver celebrato Maria Carta e quanto la vostra personale visione della musica e del suono?
(Beppe Dettori)
Direi un giusto balance fra le due cose che ci rende assolutamente soddisfatti.
(Raoul Moretti)
Abbiamo celebrato la musica della tradizione sarda attraverso la figura iconica di Maria Carta mettendo a servizio la nostra personale visione di musica ed il nostro sound.
E per finire: da un disco così visionario mi sarei aspettato un video clip altrettanto importante. Perché manca all’appello?
(Beppe Dettori)
Ahimè il covid-19 non ci ha aiutato nel realizzare un vero clip da MTV o da premio Oscar (tante date annullate tra fine febbraio e giugno ci hanno impedito di consolidare il budget fondamentale per noi indipendenti). Abbiamo dei video live registrati mentre si realizzava il progetto (registrato in presa diretta), disponibili sulle piattaforme digitali. Più coerente con la nostra proposta decisamente concertistica. Contiamo di migliorare questo aspetto.
(Raoul Moretti)
Non sei il primo che ci pone questa domanda. Al momento della produzione avevamo in mente la realizzazione di un videoclip, ma il lockdown ha reso impossibile realizzarlo, ma non abbiamo voluto rimandare l’uscita dell’album nel frattempo. Ad accompagnarlo comunque ci sono dei video realizzati proprio al momento della registrazione in sala di incisione.