Andare ad un concerto a Luglio per la mia generazione di over 40, diciamolo, non è un’impresa semplice: il caldo, le code, le ferie… eppure noi inossidabili romantici almeno una volta l’anno ci lasciamo convincere inesorabilmente ad affrontare una giornata campale pur di rivivere un’emozione che solo un live può darci.
– di Silvia Ravenda –
Questo è quello che è successo il 22 luglio a Lucca: i Blur, storica band Britpop, hanno scelto il
Summer Festival per la loro unica data italiana del Tour che li ha rivisti assieme dopo molti anni, in cui i
vari membri hanno affrontato quasi esclusivamente progetti personali.
Una platea di 40 mila persone ha invaso l’area fuori dalle storiche mura di Lucca per poter ascoltare,
ballare e, diciamolo, rivivere anche un po’ di magia anni 90. Eppure quello che i ragazzi di Colchester hanno fatto è tutto fuorché un’operazione nostalgia: infatti il pezzo d’apertura “St. Charles Square“, tratto dal loro nuovo lavoro “The Ballad Of Darren“,è stato scelto quasi a voler segnare il leitmotiv dell’intera serata.
A seguire si sono inanellati pezzi storici come “There’s No Other Way” e “Popscene” che hanno mandato la folla in completo visibilio.
Che Albarn sia un “animale da palco” lo ha riconfermato durante tutta la serata, scendendo dal palco, saltando sulla folla e soprattutto riuscendo, con non poco talento e improvvisazione, a superare gli imbarazzanti problemi audio che hanno accompagnato il concerto, dando prova di indiscussa professionalità e ironia.
A metà scaletta ecco spuntare l’iconico cartoncino di latte ad accompagnare la chiusura di “Coffee & TV” e l’emozione di chi era presente è stata davvero tangibile.
“Parklife”, “To the End”, “Oily Water” e “Advert” hanno scaldato gli spettatori per l’attesissima “Song 2″, che ha mandato completamente in tilt il pubblico tra cui gli irriducibili del pogo che, credo, non aspettassero altro.
La prima parte si è conclusa con “The Narcissist” anch’essa tratta dall’ultimo lavoro e “This Is a Low”. La seconda parte del concerto si è aperta con una versione meravigliosa di “Barbaric”, l’immancabile “Girls & Boys” e “For Tomorrow“.
Gli ultimi due brani, iconici, emozionanti e coinvolgenti: la meravigliosa “Tender” e in ultimo “The Universal” hanno chiuso quello che avrebbe potuto essere il concerto evento dell’anno.
Il condizionale in questo caso è d’obbligo perchè se è vero che i BLUR hanno regalato una scaletta perfetta ed un’esibizione esemplare lo stesso non si può dire per l’organizzazione del Summer Festival.
Non è mia intenzione fare la classica retorica sui token e sui mezzi di trasporto inesistenti, non entrerò in merito nemmeno sulla distribuzione delle aree suddivise in maniera indecorosa tra pit e prato (quest’ultima distantissima dal palco), non è mia intenzione nemmeno menzionare il fatto che con quarantamila spettatori ci fosse solo un punto ristoro che ha visto file interminabili o che gli schermi fossero talmente bassi che persino chi era nel pit ha faticato a vedere, non farò nulla di tutto questo, perché mai mi sognerei di togliere la soddisfazione di farlo alle moltissime persone che il giorno dopo hanno letteralmente riempito le pagine social del Summer Festival di invettive contro gli organizzatori.
L’unico appunto che mi preme sottolineare è l’imbarazzante acustica che ha accompagnato l’intero concerto, una scelta totalmente sbagliata dei suoni che ha svilito un’esecuzione esemplare ed emozionante.
Gran peccato, si è persa un’occasione per eccellere, in compenso abbiamo riconfermato la mediocrità di alcuni organizzatori che in piena tradizione fantozziana avrebbero meritato essere “crocefissi in area
prato”.
Nonostante tutto i Blur hanno dimostrato che, nella maturità, lo spirito britpopesiste ancora, è vivo
ed amato: britpop is not dead, ed in mezzo a molta mediocrità è un ben sperare per il futuro.