– di Riccardo Magni –
I Bobby Joe Long’s Friendship Party (BJLFP), conosciuti anche come Oscura Combo Romana, sono una band fondata da Henry Bowers che prende vita all’interno del progetto artistico 03:33 sempre di Henry Bowers.
Le avanguardie si sa, camminano sottotraccia a lungo e non possono essere immediatamente comprese. Nella maggior parte dei casi non lo saranno mai a pieno. Ma spesso tracciano un solco, una strada. Che poi magari a posteriori, ci si accorge che l’hanno percorsa solo loro ma poco cambia: in ogni caso le ha portate lontano dal resto. E per quanto ci riguarda i Bobby Joe Long’s Friendship Party sono avanguardia.
Un misto di punk, postpunk, new wave, synthpop, con liriche tra il colto e il romanesco che trattano i temi più disparati. Una poesia post-moderna suburbana. Se dovessimo avvicinarli ad un movimento artistico, sarebbe indubbiamente Futurismo. E proprio come questo, come più o meno tutte le avanguardie se non immediatamente amate, può risultare disturbante. Ma è questo in fondo il ruolo delle avanguardie: destabilizzare, perché per spostare un equilibrio e creare un movimento, la stabilità va scossa. L’hanno battezzata la “Coattowave”, termine ironico e calzante che riassume il tutto e lo colloca anche geograficamente, a Roma ovviamente, nello specifico a Roma est, che poi è anche il titolo del primo disco, autoprodotto nel 2016. È poi seguito Bundytismo/ConcettiSostanzeMeanstream, sempre interamente autoprodotto, che nel 2017 si conferma ulteriormente tra la critica di settore e cattura l’attenzione della Contempo Records che li mette sotto contratto. Nel 2019 debuttano dal vivo all’Auditorium Flog di Firenze all’interno della Contempo Night ed iniziano a tenere concerti propri con un ottimo riscontro di pubblico. A fine maggio esce per Contempo Records (che ristamperà nel 2020 la loro intera discografia) l’ultimo tassello della “trucilogia di Roma Est”: Semo Solo Scemi, e a giugno vengono invitati ad esibirsi al Retape Summer Festival all’Auditorium di Roma.
It’s Up 2U ha confezionato per Roma il bel regalo di portarli nuovamente sul palco e stavolta, come da consuetudine del “contest più fresco della Capitale”, sarà quello di Largo venue sabato 30 novembre, quando saranno special guest della serata (clicca qui per i dettagli).
Per l’occasione abbiamo parlato dei Bobby Joe Long’s Friendship Party proprio con il suo fondatore e ho voluto iniziare in una maniera inconsueta, raccontandogli il momento in cui ho ascoltato la loro musica per la prima volta.
Era fine 2016 o inizio 2017, parliamo del primo disco Roma est. Era tarda notte e scambiavo messaggi su Whatsapp con una persona a me molto cara sul fatto che di notte, al buio, gli ascolti in cuffia ti arrivino molto più forti. Di punto in bianco, apparentemente in maniera slegata dal discorso, mi manda un link di Youtube. Era “Flauto de vertebre”. Poi arrivò “Vortice de totip”.
La mia prima risposta fa qualcosa del tipo “Oddio! Ma dove l’hai trovato sto matto?”. In realtà fu una cosa folgorante, che mi diede subito l’idea di non aver mai sentito nulla di simile e che difficilmente l’avrei mai sentita altrove.
Sull’ascolto in cuffia la notte concordo con te, è più intimo e fico, il giorno uno la mette a palla la musica per soffocare l’ambiente circostante o viverlo col giusto impeto. Io quando c’ho il momento grappa bianca (cioè me faccio tre o quattro cicchetti de grappa in solitaria) amo mettermi le cuffie la notte e spaziare con la mente e l’ascolto si rivela sempre più suggestivo, anche se ascolti krautrock, pop anni sessanta o antico punk inglese hardcore. Sul tuo primo ascolto dei BJLFP devo dire che l’hai ascoltati nel momento e nel modo migliore, essendo noialtri inconsapevoli architetti di musica notturna (non intesa come qualcosa da dance floor), e Roma Est è il disco più notturno che abbiamo fatto e il pezzo che hai ascoltato tu, anche se è uno dei più sottovalutati, è di sicuro uno dei più notturni, che meglio identifica questo concetto insomma.
La vostra comunicazione è sempre eccezionalmente coerente, efficacissima nel suo “ermetismo”. E l’appellativo di Oscura Combo Romana è cucito su misura, o meglio ancora, parte integrante di quella estetica.
Ma in quali condizioni, da che presupposti e da che immaginario, con quale idea di fondo, nasce la suggestione della Oscura Combo Romana?
Se intendi come nasce il progetto, nasce come ho già detto in passato per una esigenza sia artistica che spirituale, ma qui servirebbe tanto tempo per spiegare come la cosa abbia preso forma. L’appellativo di Oscura Combo Romana fu mutuato dalla prima recensione in assoluto dei BJLFP, quando Ondarock fece di Roma Est il disco del mese. Era un passaggio dove l’autore del pezzo spontaneamente ci definiva così anche perché un disco così delirante e misterioso fatto da una band delirante e misteriosa gli aveva suggerito questa definizione. L’ho trovata subito azzeccata, fica e interessante, e subito ho capito che oltre al nome principale – che è per chi ti ama fico ma complicato per chi non ti conosce e incappa in te distrattamente – serviva qualcosa di più immediato e italiano e romano allo stesso tempo. E poi come nelle migliori tradizioni del rock indipendente, dare importanza alle recensioni e attingere da esse, se fiuti una cosa valida da utilizzare, mi piace e lo trovo intelligente.
Il legame del progetto artistico Bobby Joe Long’s Friendship Party al territorio è stato palese da subito e almeno per ora sembra inscindibile. Avete creato la coattowave, qualcosa con un nome che poteva generarsi solo a Roma, soprattutto a Roma est. Quanto la zona di provenienza, quella nello specifico, entra dentro la formazione psicologica e culturale delle persone? Quanto nella tua?
Se non riesci ad attingere da te stesso, o peggio ancora se non riesci ad attingere da quello che sei inteso sia come persona, sia come ambiente, non farai mai nulla di interessante per quanto tu sia bravo ed abbia talento. Per questo è pieno il mondo di tanta gente capace tecnicamente, ma che non riesce ad esprimere nulla di proprio, e ci sono mezze pippe che invece hanno fatto roba interessante e tramandabile. Per essere credibile devi partire da te stesso. Poi artisticamente mi ha sempre dato fastidio questa cosa che in Italia tutto ciò che è rock, new wave o roba simile debba avere un linguaggio elitario, impegnato, attento, impostato. È per questo che il rap e la trap comandano nella testa degli adolescenti nostrani. Il linguaggio è gran parte di un pezzo, se non in alcuni casi tutto. In Inghilterra invece, da dove nasce tutto ciò che è fico, il linguaggio è stato sempre come la musica che proponevano: di rottura e menefreghista, per lo meno all’inizio perché poi quando si diventa mainstream allora son pochi quelli che rimangono su certi principi.
E ti sei mai chiesto, se fossi nato altrove, cosa saresti stato e cosa sareste stati come band? Sareste esistiti comunque e allo stesso modo?
No. Non mi chiedo mai se fossi qualcos’altro se non nel pezzo Vortice de Totip.
“Semo solo scemi” è il vostro terzo album e chiude una trilogia iniziata col primo, che avete chiamato Trucilogia di Roma Est, in cui ragionate di condizioni personali, sociali, storiche e “mitologiche”. Un’immersione totale in quel contesto. Qual era la storia che volevate raccontare con questi tre capitoli? Ed in cosa si differenziano tra loro, a livello sia musicale che di argomenti?
Ho sempre ragionato in termini che siamo di passaggio, anzi come disse Andy Warhol in risposta ad una domanda sulla morte, “io sono già morto”. Di conseguenza avvertendo una certa maturità volevo mettere in musica e in tre capitoli la mia vita, come un testamento spirituale e artistico. Da qui la Trucilogia di Roma Est (che mi ci sono voluti quattro anni per realizzare).
Il primo capitolo, Roma Est, è la presentazione di un personaggio e di un ambiente come a dire mentre tu dormi che domani vai al lavoro, c’è questo alter ego che incontra il diavolo sulla Prenestina alle 03,33 del mattino quando non beve Sangue Morlacco. Il secondo capitolo è volutamente interlocutorio e incentrato più sulle influenze del mondo femminile e della cultura di massa e non. Il terzo guarda all’Italia paese, al mondo e si proietta verso una follia vera e propria, ma tutti i tre capitoli si integrano senza discostarsi tra loro, perciò ci sono pezzi che potrebbero tranquillamente stare all’interno dei diversi album senza cambiare di una virgola il contenuto generale. Penso per esempio a Bundytismo che potrebbe tranquillamente far parte di Roma Est per esempio.
Per quanto riguarda la musica, volevo spaziare tra tutto quello che mi piace, con i limiti del caso (i primi due dischi sono autoprodotti e il primo è veramente un disco di demo fatto in uno scantinato, buona la prima). È stato un lavoro molto più impegnativo e ponderato nella visione di insieme di quello che i saccenti (e non) possano pensare.
Perché citi Bettino Craxi nell’ultimo album?
Perché come detto già in altre interviste è il personaggio italiano più importante e determinante dal dopoguerra ad oggi, rappresenta la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. È un personaggio che non è stato per nulla spiegato e in futuro lo si farà in maniera abbondante. Un fantasma che c’è ogni giorno ma nessuno lo nomina perché è “meglio così”. E poi aveva uno spessore e un carisma particolare, basta il discorso delle “grida spagnolesche” per intuirlo (e di questo ti dirò vado fiero, nessuno prima dei BJLFP aveva artisticamente utilizzato quel passaggio e nessuno potrà mai più farlo nella maniera come lo abbiamo fatto noi). Io faccio arte e giustamente attingo da ciò che trovo importante e stimolante, e Craxi lo è sempre stato essendo io un figlio degli anni ottanta.
Cambiando decisamente argomento, avete dovuto affrontare un momento difficile, la perdita di un amico, Angelo Puzzutiello (con i Bobby Joe Long’s Friendship Party sotto il nome di Abacab Carcosa), che non era solo un vostro membro, ma una persona importante per voi, per la band ed anche proprio per quel contesto urbano di cui cantate.
Era una grande persona e un grande artista (forse la migliore che abbia conosciuto sotto tutti e due gli aspetti). Un amico di lunga data. Una perdita umana e artistica che non si può quantificare. È stato il punto di partenza dei BJLFP, la presenza costante in tutti e tre i lavori. Un genio che purtroppo ci ha lasciato qualcosa, ma poco rispetto a tutta la sconfinata ricchezza di geniali intuizioni cui poteva attingere, perché io che ci ho collaborato per anni so quali uniche capacità aveva. Vive perenne nei BJLFP.
Ora che la Trucilogia è terminata, cosa c’è nel futuro dei Bobby Joe Long’s Friendship Party?
La Trucilogia è terminata ed è in parte una liberazione, perché vincolava nella mia testa i BJLFP a tutto un tipo di musica e testi. Adesso c’è più la totale libertà creativa. Non vuol dire né che saremo differenti né pari pari, soltanto che si farà quello che si vuole.