-di Martina Zaralli-
Dieci anni fa, Bianco esordiva con l’etichetta INRI. Dieci anni fa, l’etichetta INRI esordiva con Bianco. Un doppio debutto che ha segnato la rinascita dell’indie pop. In occasione del decennale della collaborazione, la narrazione musicale del cantautore di Torino si arricchisce con un nuovo capitolo: Canzoni che durano solo un momento, un lavoro che si aggiunge ai precedenti Nostalgina, Storia del futuro, Guardare per aria, Le stelle del giorno e Quattro.
Otto nuovi brani, dunque, come ulteriore prova di maturità creativa per Bianco, che nella sua carriera si è sempre messo in discussione come musicista, autore e produttore. Completerà la tracklist un brano con Niccolò Fabi in uscita il prossimo 19 maggio, per segnare la condivisione di storie sopra e dietro al palco e aggiungendosi così ai featuring con Colapesce, Dente e Selton.
Le canzoni durano solo un momento, è vero. Ma quel momento può essere eterno nella testa e nel cuore di chi ascolta.
Abbiamo fatto quattro chiacchiere al telefono con Bianco, ecco cosa ci ha raccontato sull’album e sulla sua musica.
Canzoni che durano solo un momento è un disco che taglia il traguardo dei 10 anni di carriera. Qual è il tuo bilancio personale?
Direi positivo. Il fatto di essere ancora qui, di continuare a fare musica, è già un traguardo importante. Sono felice del percorso fatto, sia da me stesso sia dalle persone con cui collaboro, perché comunque il mio percorso è imprescindibile dal loro.
Se ripensi ai tuoi esordi, qual è la sensazione predominante?
Da un lato c’è un po’ di nostalgia verso la spensieratezza: quando sei all’inizio non hai grandi aspettative, diciamo che quando parti da zero l’asticella non è tarata. Poi andando avanti, con il lavoro, con l’esperienza si cerca sempre di alzarla sempre un po’ di più, e cresce anche la responsabilità.
In questi anni come è cambiato il tuo approccio alla musica?
Ogni disco è un viaggio nuovo, magari a volte remando contro il mio stesso percorso di notorietà e successo. Anche se poi il concetto di successo è davvero molto ampio. Ho sempre fatto dischi diversi tra di loro e quindi posso dire che ognuno ha avuto il suo metodo. In quest’ultima occasione, ad esempio, ho scritto prima tantissime musiche e poi ho ragionato sui testi. Diciamo però che sicuramente con il passare del tempo credo di aver imparato a raggiungere la concretezza di un’idea in maniera più veloce.
Canzoni che durano solo un momento: che messaggio vuoi far passare con questo titolo?
Il titolo è interpretabile. Più ne parlo più mi accorgo che ci sono molte sfumature di significato. Quando ho deciso il nome del disco volevo giocare con il contrasto tra la volontà di far durare le canzoni più tempo possibile e la presa di coscienza che la musica e il modo di ascoltarla sono cambiati. I brani sono più corti, le piattaforme ci offrono una grandissima scelta e – se vogliamo – è più difficile affezionarsi alle canzoni e ascoltare per tanto tempo. Anche se poi ci si affeziona sempre. Mi auguro che queste canzoni si leghino alla vita di chi ascolta, diventando così eterne. È comunque un aspetto interessante del mio lavoro quello di riuscire a esprimere dei concetti, di far provare delle emozioni, in tre minuti e mezzo al massimo.
Un disco che si presenta da un punto di vista sonoro molto variegato rispetto al precedente…
Sì. Ho impiegato due anni a fare il disco, il primo per scrivere i brani, il secondo per entrare nei dettagli. Il tempo a disposizione che ho avuto durante la pandemia mi ha dato la possibilità di sperimentare tanto, senza dover per forza trovare una soluzione subito. La soluzione poi l’ho trovata percorrendo diverse strade: potrei pubblicare i demo di questo disco e sarebbe molto divertente! Alcune canzoni sono nate in maniera completamente diversa, opposta, rispetto alla versione che poi è uscita.
Avere il tempo di percorrere diverse strade per trovare la soluzione più adatta è un concetto molto bello…
È stata una grande lezione, spero di non dimenticarla presto. È una questione di rispetto verso sé stessi. Quello del musicista è un lavoro complicato, soprattutto per la musica di nicchia. So che c’è una parte di persone che si fida di quello che faccio, mi fa sentire compreso. È una sensazione molto positiva!
Il prossimo 19 maggio si aggiungerà alla tracklist del disco un pezzo con Niccolò Fabi: di cosa parlerà questa canzone?
È una delle prime canzoni che ho scritto per questo disco, ha un paio d’anni. È un brano a cui tengo molto, è forse il primo che ho scritto al piano. Parla del pericolo di fare del male involontariamente a una persona cara. È una canzone malinconica, nella musica e nel testo. L’ho fatta sentire a Niccolò Fabi e lui ne è rimasto subito piacevolmente colpito: a me è sembrato un bel modo per cristallizzare la nostra esperienza musicale in una canzone. Abbiamo suonato tantissimo insieme, ma mi mancava qualcosa “da poter riascoltare”.
Porterai il disco in tour questa estate?
Assolutamente sì. Ci sarà un tour, le prime date saranno a giugno e luglio, ci stiamo organizzando proprio in questi giorni.