“ANCESTRALE” è l’EP esordio di Corinna, uscito il 24 marzo per Funclab Records.
– di Martina Antinoro –
Questa giovane artista è riuscita a consegnare cinque tracce con un ottimo sound e testi impregnati del suo malessere in determinati contesti. Abbiamo fatto una chiacchierata con Corinna per capire quali sensazioni si provano quando una passione, come quella per la musica, diventa un lavoro, riuscendo a toccare temi interessanti come il ruolo delle influenze musicali nelle produzioni degli artisti.
Il tuo EP è uscito il 24 marzo, qual è stata la reazione del pubblico?
Diciamo che prima avevo solo fatto uscire un singolo da sola, quindi il mio seguito erano principalmente i miei amici. L’EP è andato molto bene, poi è uscito sotto Funclab Records quindi ho avuto più copertura. Ho fatto un concerto il 17 marzo in cui l’ho presentato al District in pre-view e c’è stato un riscontro molto positivo da parte delle persone.
Quali emozioni hai provato nel vedere pubblicato il tuo primo EP?
Sicuramente è stata la realizzazione che quello che stavo facendo si è concretizzato: alla fine la musica l’ho sempre fatta per un’esigenza di esprimermi su quello che provo. La decisione di lavorarci e di renderlo pubblico l’avevo presa, ma poi non realizzi mai effettivamente fino al momento in cui non escono le cose. Quindi è stato soddisfacente ed ero anche un po’ impaurita in un certo senso, ma una paura positiva di vedere dove va il tutto.
Com’è nato “ANCESTRALE”?
È nato perché, come dicevo prima, ho sempre scritto un po’ musica, canzoni, per delle esigenze di sfogo. Sono canzoni che ho scritto nel 2021 soprattutto. Nasce dall’esigenza di esprimermi sulle emozioni e le cose che sentivo: è stato anche un po’ terapeutico.
Il 2021 è stato il secondo anno di pandemia. Pensi che questo abbia influito sulla tua musica?
Ha influito nel mio scoprire la produzione: ho imparato in quegli anni a farlo meglio ed è diventato uno strumento in più per ricercare i suoni. Sicuramente poi ha influito nel farlo in modo più serio: nel momento in cui ho messo mano al programma per la produzione, cercavo sempre qualcosa in più, un miglioramento costante che non ricerco magari quando canto piano e voce. Poi, la pandemia ha influito anche nell’avere più tempo per fare musica perché stavo sempre in casa.
“ANCESTRALE” è composto da cinque tracce: a quale brano sei più legata e perché?
Non ce n’è uno a cui sono più legata, ma forse emotivamente quello che è stato più forte è “Piccola Bastarda”, perché l’ho scritto in un momento della mia vita molto particolare e, molto spesso, quando lo ricanto, sento le stesse emozioni. È quello che mi smuove di più perché lo rivivo.
C’è un fil rouge che attraversa tutti i brani?
Non direi che sono sconnessi tra di loro, ma non l’ho scritto neanche con il concept di seguire un determinato argomento. Ovviamente sono stati tutti scritti nello stesso periodo di tempo: sono le mie emozioni, i miei sentimenti di questi ambienti che trovo tossici e non capisco, da cui cerco un po’ di uscire attraverso la musica. Questo sicuramente può essere un po’ il fil rouge. Poi forse ho cercato di dare un po’ più di continuità alla produzione dei brani.
Quali sono le influenze musicali che hanno assunto un ruolo rilevante nella produzione di questo EP?
Le mie influenze sono sicuramente la somma di tanti anni e quindi di tanti generi diversi. Ci sono dei brani a cui mi sono ispirata per fare alcune canzoni e forse questa è la cosa che posso dire con più certezza. Ad esempio, “Ancestrale” mi ricordo perfettamente che l’avevo iniziata perché ho sentito due canzoni: “My Girls” degli Animal Collective e “Promises” di Totally Enormous Extinct Dinosaurs. In entrambe c’erano questi arpeggiator che facevano delle linee e mi sono ispirata a questo. Nel momento in cui faccio musica, se ci sono delle cose nelle canzoni che mi piacciono, magari cerco di riportarle, però non penso ad una cosa precisa: lascio che segua il suo corso. Inoltre, sono convinta che le cose che ascolti si sentono nella musica che fai, ma è un processo un pochino più inconscio.