– di Assunta Urbano –
Vulcanica, irriverente e imprevedibile. Non si sprecano gli aggettivi per Margherita Carducci, che si fa conoscere al pubblico con il nome d’arte Ditonellapiaga. Arriva come uno tsunami nel panorama musicale italiano, mescolando saggiamente l’universo urban, l’elettronica e il pop. Roma la base, mentre la destinazione sono le vostre orecchie, le vostre menti e ovviamente il vostro debole e fragile cuore.
Ne è passato di tempo dal settembre 2019, in cui è uscito il primo singolo “Parli”. Venerdì 23 aprile 2021, la giovanissima, classe 1997, pubblica per Dischi Belli e BMG Italy l’EP Morsi, con sei assaggi che nel prossimo autunno saranno parte del menù completo: il suo esordio discografico.
Abbiamo messo un “dito nella piaga” e abbiamo sentito telefonicamente le storie di Margherita, la nuova icona urban della scena capitolina, per tuffarci nel suo mondo.
Venerdì 23 aprile è uscito il tuo primo EP Morsi. Ci racconti di questo lavoro?
Morsi non è altro che l’anticipazione della portata principale: il disco completo. Uscirà dopo l’estate, non so bene quando, perché ci sono un po’ di cose che, purtroppo, influenzano la data di release. Il titolo, dunque, è stato scelto proprio per questo motivo, con lo scopo di dare un assaggio. Cinque “morsi” (più un remix), di quello che sarà l’album. Mi piaceva come nome e, secondo me, rappresenta le varie anime delle canzoni. Un morso aggressivo, uno sensuale, uno tenero. Riesce a svolgere la sua funzione, quella di una sorta di preview.
La copertina dell’EP, infatti, non è per nulla casuale: un’immagine in cui sei intenta a mordere una grossa fetta di carne, stretta tra le dita in modo simbolico. Sembra quasi che già solo da questa foto sia possibile intercettare titolo del lavoro e identità dell’artista.
Esatto, un’immagine forte, che fa pendant con il mio nome d’arte alquanto provocatorio. L’idea della carne ha un significato. È stata scelta, perché in un primo momento il video di “Repito” era basato su un finto barbecue di carne umana (per i riferimenti ironici del testo). Uscirà a breve, ma il soggetto è cambiato. Ho voluto rispolverare l’intuizione per la copertina, poiché mi sembrava interessante il contrasto tra la mia presenza curata, con unghie colorate e vestito bianco, accostata con la carne cruda. Ho fatto un azzardo, spero che la gente capisca che si tratta di una forma di espressione e non di una questione etica.
Una provocazione molto interessante. Mi hai appena citato “Repito” ed i suoi “quattro proiettili che fanno i buchi”. È la storia di una donna che aggredisce un uomo e mi ha riportato iconograficamente al personaggio di Giuditta nella storia, soprattutto quella del dipinto di Gustav Klimt (Giuditta I). La ripresa di potere, utilizzando la violenza come mezzo. Che ruolo pensi possa avere “Repito” nella nostra società attuale?
Non si tratta di un pezzo autobiografico. Proprio come dici tu, è una sorta di affermazione di potere. La persona in questione potrebbe benissimo essere una con cui non c’è un legame sentimentale. Sicuramente, però, si tratta di un uomo; quello è poco ma sicuro! Ho voluto far trapelare che di mezzo ci fosse una storia d’amore. Quando ho finito di scriverla, devo ammetterti che mi sono sentita molto fiera. Mi sono sentita orgogliosa di me, è molto empowering come brano, secondo me. Si tratta, comunque, di una narrazione ironica ed esagerata. Ho cercato di far capire che fosse una storia inventata, altrimenti sarei in galera! [ride ndr.]
Si capisce che c’è ironia anche grazie al sound. In Morsi mescoli tante sonorità diverse, ma lo fai in modo da far risaltare la tua personalità. Tuttavia, il tuo mondo urban ha un respiro molto “milanese”, mentre Roma ha meno realtà che si concentrano su questi suoni. Per quale motivo hai portato questo universo musicale nella Capitale?
Non è stato voluto. Ora che mi ci fai pensare, sì, è poco romano. Se pensi a Franco126 o a Carl Brave, che hanno fatto di Roma il loro manifesto e l’hanno celebrata. Nel mio caso, però, la scelta musicale è stata dettata dal fatto che ho dei riferimenti sonori poco italiani. Forse a Milano funziona di più, perché è più vicina all’Europa. A prescindere da questo, quel che è certo è che non faccio venire fuori costantemente la mia romanità. C’è, perché ovviamente ne parlo, però non ci sono dichiarazioni esplicite.
Ad esempio, il desiderio di scappare dalla città, che troviamo in “Altrove”, è un concetto molto romano.
È vero, non ci avevo pensato! Hai ragione. Ad esempio, a Milano non hanno intorno posti in cui vorrebbero fuggire.
Più che al passo coi tempi, sei un’avanguardista con delle radici ben salde. L’abbiamo visto con la cover di “Per un’ora d’amore” dei Matia Bazar ed il tuo contributo al documentario “Note di viaggio. Il film” con il racconto delle canzoni di Francesco Guccini. Che rapporto hai con la musica “del passato”?
Intanto, grazie per il complimento. In realtà, io ascolto più musica del passato che attuale. Vivo nel passato, sono sempre stata nostalgica di epoche che non mi appartengono. Soprattutto da piccola ascoltavo canzoni non dei miei tempi. Però, io penso che se si tratta di un prodotto valido più se ne mangia, più se ne consuma, più se ne apprezza. Tutto ciò che oggi è attuale non lo è per davvero, spesso è già stato detto. È interessante prendere delle cose del passato, rivoluzionarle e mescolarle con l’attualità.
Proprio parlando di rifacimenti, Morsi si conclude con una versione remix di “Repito”, realizzata da Populous. Come è nata e come si è sviluppata questa collaborazione?
È stata una proposta del mio manager, Andrea Esu, direttore di Spring Attitude, che ha un ottimo rapporto con il mondo dell’elettronica. Ci tenevamo a far remixare un pezzo come quello, che, a mio avviso, ha delle potenzialità da clubbing. Quando mi ha nominato Populous, ovviamente sono impazzita, perché è uno dei dj e producer più importanti di quel panorama sia italiano che internazionale. La nuova versione è venuta fuori una bomba e sono davvero contenta.
Sei pezzi con atmosfere diverse fra loro. Ci dai delle anticipazioni sul disco completo?
Di base, l’album è su questa stessa lunghezza d’onda. È schizofrenico. Ho fatto veramente quello che volevo. Penso che a chiunque piacciano generi diversi. In questo caso, essendo la mia prima opera mi sono buttata. È partita come una sperimentazione totale; poi, nel corso della sua realizzazione, ho capito dove stavo andando. Nel futuro, magari, avrò più consapevolezza e riuscirò a fondere tante parti di me, che al momento sono ancora divise.
Canti della tua quotidianità e delle relazioni sentimentali. Un racconto generazionale, ma cosa significa essere una ragazza del secondo decennio del XXI secolo?
Non so e probabilmente avrò una risposta tra vent’anni! È difficile guardarsi dall’esterno. Me la vivo dei giorni bene e altri male, soprattutto in questo periodo in cui non riusciamo a trovare il nostro posto nel mondo. Personalmente, riscontro questa difficoltà anche in ambito sentimentale. Faccio fatica a trovare un posto nel cuore.
At least but not last, quando Margherita mette il dito nella piaga?
Questa è una splendida domanda! Accade sempre in maniera del tutto spontanea. Non sono una persona volontariamente provocatoria, sono solo schietta e non riesco a tenere dentro quello che penso.
Io dico spesso la cosa sbagliata nel momento sbagliato.
Ci capiamo perfettamente.