Partiamo da un titolo assai accattivante: “Palindromi”. Un gioco di seduzione tra Terra e Filosofia, tra quel certo modo di celebrare il mondo e quel gusto leggero di parola e melodia digitale nel descrivere la vita degli uomini. Francesco Camin pubblica un disco dove affiorano 8 scritture inedite, 8 dipinti generazionali che denunciano la verità… almeno è così che io l’ho percepita la musica di Camin. Bellissima “Abisso”, con quel gusto tribale ed un grido che pretende verità. E poi sottolineo “Verde” dagli spazi ampi, quasi di ghiaccio, quasi come fosse luce che sveglia la foresta, con queste voci corali che mi riportano alla mia ancestrale passione per le ambientazioni d’Islanda, sonagli invernali e atmosfere silenziose. Un disco tra gli alberi in quanto in Francesco Camin il tema ecologico è assai presente e protagonista, essendo gli alberi uno dei pilastri attorno a cui si sviluppa la sua vita professionale e spirituale. Questo disco dunque ne è una prosecuzione, forse addirittura una normale estensione. Il paradosso del suono digitale però devo ancora decifrarlo: incredibilmente non stona con tutto quello che questo disco suona e rappresenta.
Elettronica, indie-pop, anzi alternative pop come lo definisci tu. Che significa per te?
Giuro che non lo so. Ormai sembra d’obbligo etichettare qualsiasi cosa: la frutta biologica, la verdura bio-dinamica, i cosmetici in base a quanto poco allargano il buco nell’ozonosfera, e anche le persone in base alle loro opinioni sui temi d’attualità. Non mi è mai piaciuta questa storia delle etichette.
Però ho provato lo stesso a metterne qualcuna alle mie canzoni, e l’unica che ho trovato abbastanza calzante è “alternative pop”, ma ripeto, non ho idea di cosa significhi di preciso.
Oggi la musica. Manca lo scopo ed il senso, almeno questo lo sento dire spesso. “Palindromi” come pensi possa sopravvivere nella giungla di indifferenza che c’è?
Secondo me non bisogna convincere nessuno ad ascoltare una cosa piuttosto che un’altra.
Noi pensiamo sempre di scegliere consciamente giorno per giorno le cose che ci accadono, ma non ci rendiamo conto che in realtà non scegliamo un bel niente, forse arriviamo a scegliere il colore delle scarpe da indossare e quale maglietta abbinarci. Ecco il nostro campo d’azione. Per tutto il resto, per le cose importanti, è la vita stessa a muoversi.
Secondo teorie ormai millenarie siamo noi che inconsciamente creiamo la nostra realtà, vibrando a determinate frequenze e di conseguenza “attraendo” situazioni che risuonano con le nostre vibrazioni. La stessa cosa accade con la musica. Non credo esistano “gusti” musicali, più semplicemente esistono “risonanze”. Per questo credo che “Palindromi” risuonerà con qualcuno e inevitabilmente non risuonerà con qualcun altro. E a quelli con cui risuonerà, il mio disco, prima o poi arriverà per le mani, in un modo o nell’altro. È una questione di coscienze.
Che poi dalla tua hai curato anche delle melodie tutt’altro che banali e dei testi altrettanto impegnativi. Perché questa scelta?
Perché sono un autolesionista… Scherzi a parte, non saprei, mi piace tanto scrivere, trovare immagini, metafore, per cercare di raccontare quello che provo e quello che vivo.
Più che una scelta penso si tratti di necessità.
Magari il prossimo disco lo faccio più leggero!
Torniamo sulla produzione del disco: come sono nati gli arrangiamenti di questo lavoro?
La produzione artistica è stata affidata a Roberto La Fauci, un grande musicista, polistrumentista e arrangiatore di Messina.
Ora vive in nord Italia e abbiamo realizzato i canovacci delle canzoni e delle rispettive ambientazioni sonore nel suo studio in provincia di Brescia. Poi abbiamo ultimato il tutto, curando la produzione delle voci e degli strumenti più acustici, agli studi Metrò Rec di Riva del Garda in provincia di Trento. Abbiamo voluto sperimentare, giocare e divertirci, non mettendoci grossi paletti in termini di sonorità.
Sono un grande ammiratore di Justin Vernon e di tutti i suoi progetti, in particolare amo Bon Iver; ecco lui è un vero pioniere dei giorni nostri, porta ogni volta qualcosa di nuovo e di destabilizzante.
Mi piacerebbe riuscire prima o poi a fare qualcosa di simile anche con la mia musica.
Nella cartella stampa fai un ampio riferimento agli alberi. Credevo di trovarli presenti da protagonisti dentro tutte le canzoni e invece no. Dunque? Ce ne vuoi parlare?
Sono da sempre innamorato degli alberi, li ho studiati per diversi anni e mi sono laureato in Scienze Forestali e Ambientali.
Di recente però ho iniziato ad osservarli da un punto di vista diverso, considerandoli come meravigliose manifestazioni di quella coscienza divina da cui tutti proveniamo e cercando quindi di carpirne gli insegnamenti nascosti tra le venature delle loro foglie.
Ho aperto un blog e videoblog (www.francescocamin.com) in cui mi diverto a raccontare i giganti verdi cercando dei parallelismi tra le loro e le nostre vite, provando a descrivere quelli che secondo me sono i messaggi più importanti.