– di Riccardo De Stefano –
Siamo al MEI 2021 con i ragazzi di Ground’s Oranges, che hanno vinto Premio PIVI per il videoclip della sanremese “Musica leggerissima”, di Colapesce e Dimartino. Ground’s Oranges nasce a Catania nel 2011 come compagnia di produzione video. Il collettivo ha scelto questo nome creandolo dall’espressione siciliana “aranci n’terra”, cioè “scarto”, “cosa di poco conto”, e ha lavorato con una moltitudine di artisti del panorama italiano, tra cui spiccano proprio Colapesce e Dimartino, con cui hanno costruito un vero e proprio sodalizio artistico.
Ecco che cosa ci hanno raccontato a proposito del loro lavoro e del videoclip che li ha portati a vincere il prestigioso Premio PIVI 2021!
Il videoclip è un medium particolare, un valore aggiunto a un livello musicale che racconta qualcosa in più. Come approcciate questo contenuto nuovo, diverso, rispetto alla canzone che già di per sé racconta qualcosa? Quali sono i livelli di comunicazione tra il video e la musica?
In generale non sempre ci si può approcciare con un videoclip a una canzone. Ci sono artisti più illuminati, che lasciano carta bianca e danno poche direttive su come muoversi, mentre invece ci sono artisti a cui non frega molto di questo lavoro e danno più che delle direttive delle imposizioni. Diciamo che, per nostra fortuna, abbiamo scelto lavori che escludessero le imposizioni e artisti che erano affini a noi per immaginario musicale e artistico. Quindi lavoriamo così, escludendo quello che non ci rappresenta. Una volta che si parla con l’artista cerchiamo di capire quanto di nostro possiamo mettere e quanto è l’artista a essere rappresentato nel videoclip. È una lotta-mediazione continua, ma siamo sempre stati abbastanza fortunati, abbastanza liberi, con nessuna barriera e nessun limite importante. Forse perché ci siamo sempre mossi (volutamente) in ambiti indipendenti, in cui ci sono meno pressioni esterno.
Con Colapesce avete un sodalizio artistico ormai quasi decennale, avete contribuito a creare un immaginario per quest’artista. In che modo avete contribuito al successo di Colapesce, uno dei migliori artisti italiani, e come avete vissuto poi il suo exploit con Dimartino, quest’anno?
Colapesce lo conosciamo dal 2012, tra poco facciamo dieci anni di matrimonio [ridono, ndr]. Iniziammo facendo delle riprese con Baronciani; lui faceva un “concerto disegnato” in giro per l’Italia. Poi ci chiese di fare il suo primo videoclip, quello di “Maledetti italiani”, dall’album “Egomostro”. Col videoclip di “Maledetti italiani” rischiammo già di vincere il PIVI, ma arrivammo secondi, perché Dimartino ce lo “rubò”: vinse una ragazza palermitana, Manuela Di Pisa, che aveva fatto questo bel video per Dimartino per il singolo “Come una guerra la primavera”. Negli anni il sodalizio è diventato sempre più stabile, abbiamo fatto i video di “Egomostro”, “Compleanno”, “Infedele” e tutti quelli dei vari album, fino ad arrivare a “I Mortali”. Ci troviamo bene, perché abbiamo un modo di pensare e un immaginario molto simili. Abbiamo anche superato la crisi dei sette anni [ridono, ndr]. Non abbiamo giovato al suo successo, anzi, sono le canzoni a giovare al successo dei nostri video. Semmai abbiamo avuto l’importanza di creare un immaginario di un certo tipo, questo sì, ma non abbiamo la presunzione di pensare che i video l’abbiano portato chissà dove. Non funziona così, nel mondo dei videoclip.
Per “I Mortali” avete realizzato una cosa molto interessante, una sorta di cortometraggio che avete chiamato “live movie”, in un momento, il 2020, che era anche molto difficile. Può essere questa un’ulteriore vita, al di là del videoclip, raccontare qualcosa con un contenuto non propriamente musicale?
Questo nasce da un progetto che abbiamo con loro già da tempo. Prima ancora della nascita di “I Mortali” avevamo parlato di non fare videoclip ma dei piccoli cortometraggi introduttivi al mondo del video; infatti è uscito “I Mortali”, in cui non c’erano neanche le canzoni ma solo loro due, che discutevano di questo ipotetico disco con un granchio che parlava, un immaginario che si poneva tra Uccellacci e Uccellini e la fantascienza de Il pianeta delle scimmie. Poi ci fu il lockdown e fecero i videoclip di “Luna araba” e “Noia mortale” in animazione. Ma nel frattempo abbiamo studiato come fare questo live movie, che è uscito non appena le restrizioni sono diminuite, a maggio. Lavorarci è stata una liberazione dal lockdown, una ripresa artistica e creativa. C’è una certa bellezza nell’aver ripreso questi paesaggi in un mese che per l’Italia, in generale, ma soprattutto per la Sicilia è il più bello di tutti, maggio. Le luci naturali erano pazzesche, perché il periodo dell’anno era il migliore. Molte persone hanno apprezzato più questo live movie che, mi hanno detto, ha tradotto quel sentimento che provavano tutti dopo la chiusura del lockdown, un sentimento di riappropriazione di quei luoghi, di benessere e di calore. Mi ha fatto molto piacere sentirlo.
Il video di “Musica leggerissima” riprende l’immaginario di Sanremo; Colapesce e Dimartino per certi versi hanno “dominato” Sanremo. Com’è nato? È stato concepito prima o dopo il festival?
È nato tutto prima. Loro due erano totalmente estranei a questo mondo e si sono trovati catapultati lì. A un certo punto abbiamo pensato di riprendere la scena con Pippo Baudo e quello che voleva suicidarsi, idea che è stata accolta da loro, che sono più pazzi di noi. È il momento più iconico dei vari festival. E tutto è partito da lì, da una pagliacciata organizzata ad hoc. Abbiamo seguito il testo della canzone con varie immagini, andando “per quadri”, à la Achille Lauro, perché la loro richiesta era di avere un video composto di immagini fisse. Abbiamo cercato di rappresentare al meglio, reinterpretandolo, il testo della canzone, cosa che normalmente non si fa mai. Il balletto, un’idea loro, con tanto di tutorial, è stata un’idea vincente: la stronzata è quella che vince, come insegna TikTok. Anche lo sketch che uscì prima di Sanremo, quello in cui dicevano che sarebbero arrivati quinti, è stato improvvisato, come il tutorial. Nessuno nell’ambito di Sanremo si sognerebbe di fare una cosa del genere, per scaramanzia o per altri motivi; infatti abbiamo fatto incazzare tutti, tra cui un senatore dell’UdC [Unione di Centro, ndr], Antonio Saccone, perché a un certo punto Colapesce dice di aver saputo che sarebbero arrivati quindi per via di un accordo tra UdC, Cavalieri di Malta e massoneria, cosa che non gli è piaciuta tanto. Voleva che lo rimuovessimo, ma alla fine figuriamoci.
Qual è il futuro del videoclip in Italia?
La morte. Anzi, più che la morte, il riciclo continuo: noi a nostra volta abbiamo riciclato dai grandi. Ognuno ha preso di qua e di là. Noi siamo capaci solo di riciclare quello che all’estero fanno meglio, anche perché hanno molti più soldi di noi; ricordiamoci che noi siamo un paese povero: anche le major danno budget ridicoli in confronto a quelli stranieri. Io sto vedendo che anche oggi i registi più bravi, registi tecnicamente mostruosi, mancano di idee, perché non fanno che riciclare cose già viste. Questo è il momento dei ragazzi che vanno in giro in mutande per le campagne con il fucile, un immaginario preso da Costa-Gavras, a sua volta trasformato dai The Blaze per arrivare a questo. Anche per questo, probabilmente, questo è stato il nostro ultimo videoclip. Stiamo pensando di lavorare a un altro progetto.
Ci potete dire qualcosa a riguardo?
Possiamo dire solo che questa è la nostra chiusura nel mondo dei videoclip e infatti siamo molto felici di onorarla con questo premio.