_di Vincenzo Gentile.
Hurrah è il nuovo disco di Mimosa, voce e suoni inconfondibili cresciuti in seno alla nuova generazione indipendente italiana.
Conservatorio, teatro, tv. Tante esperienze che arricchiscono una ragazza che ha voglia di gridare al mondo la propria energia.
Quanto lavoro c’è dietro Hurrah?
Produzione poco tempo, creazione qualche mese. Non mi piace pensarci troppo, poi si perde spontaneità. Se creo qualcosa e va bene così com’è non ci torno troppo sopra.
Vivi a Roma da tanto. Quanto ti ha arricchito musicalmente?
Roma mi ha dato una grande opportunità. Questi luoghi o locali in cui tu vai e suoni, libero, mi hanno aiutato tanto. Non hai sicurezze tecniche e impari tantissimo, soprattutto a suonare in tutte le situazioni. In altre città questo non succede. Sono spesso a Milano, lì è più difficile interagire fra musicisti.
Al posto giusto nel momento giusto?
Si, sono stata fortunata a essere attiva proprio nei primi anni di questa nuova ondata musicale, mi ci sono trovata in mezzo ed è stata una ricchezza enorme. Mi ricordo che facevamo
una serata a San Lorenzo e c’erano tutti: Tommaso Paradiso, Diodato, e tanti altri. Tutti gli artisti che adesso stanno avendo successo. Praticamente non c’era il pubblico, suonavamo per noi. Una jam session che durava tutta la notte.
Le altre esperienze artistiche ti hanno aiutato o rallentato?
Ho frequentato il conservatorio dalle medie in poi, un tipo di scuola che ha un atteggiamento accademico verso la musica, con dei canoni precisi da seguire. A un certo punto non mi
sentivo più adatta per quella perfezione e il teatro mi ha aiutato tanto. Non sono la figlia di papà che fa musica, ho avuto la fortuna di avvicinarmi alla recitazione e lavorare concretamente. Ora mi piacerebbe unire le due cose e realizzare una performance che metta insieme queste due anime.
Quanto ti sei messa in gioco con questo disco?
Ho cercato di essere più intima, più personale. Ci sono ancora storie “esterne” a cui mi ispiro, ma ho dato più spazio alle mie emozioni. La parola “indie” credo sia sinonimo di percorso personale, la ricerca della propria identità.
Hai a disposizione un “grazie” speciale. A chi lo dedichi?
A Davide Toffolo (Tre Allegri Ragazzi Morti). Ha prodotto economicamente e artisticamente il disco, sposando un’idea che non rientra proprio nei suoi soliti canoni. Ho voluto ci fosse anche la sua voce (Angeli). È stato rispettoso, mi ha insegnato quali pezzi scegliere, che rappresentassero la mia essenza. Devi essere prima di tutto sincero, non importa poi il risultato o la vendita. Io poi ho sempre seguito i Tre Allegri Ragazzi Morti, quindi sono felicissima!
Meglio la personalità che il conto in banca?
La musica è l’unico spazio libero rimasto. Vendere fa comodo perché la pagnotta la devi mangiare, ma esiste un confine che va rispettato. Se fai musica secondo me lo fai per gli altri, la fai perché devi dialogare con qualcuno, non significa vendere o realizzare un prodotto. La grande sfida è essere se stessi e dialogare allo stesso tempo, chi ci riesce per me è bravissimo.
Nuove sonorità. Un aggettivo per la trap?
Ribellione senza armonia (se metto l’hashtag diventa un’unica parola). La cosa figa della trap è il suo essere un mezzo tramite il quale puoi parlare di molte cose. Puoi parlare di disagio, delle periferie, dei problemi… Manca l’armonia però.
Sei soddisfatta?
Sono soddisfatta.
Il sorriso sul suo volto si coglie anche al telefono.
Mimosa sarà in concerto in apertura a Giorgio Canali al Monk di Roma, venerdì 30 novembre (ingresso con tessera Arci, sul sito del locale – clicca qui – tutte le info).