– di Martina Rossato –
Dopo un anno di fermo, il festival Tener-a-mente, ospitato nella bellissima cornice dell’Anfiteatro del Vittoriale (Gardone Riviera), dà oggi il via alla sua decima edizione. Abbiamo fatto due chiacchiere con la direttrice artistica del festival, Viola Costa, per parlare della grande emozione dovuta alla ripresa, degli artisti coinvolti quest’anno e del luogo splendido in cui il festival viene ospitato.
Comincerei con una domanda che può sembrare un po’ scontata, ma credo che la risposta non sia mai banale. Com’è riprendere dopo un periodo così difficile, così lungo, nel quale tutto si è inevitabilmente un “fermato”?
È un’emozione grandissima, e credo che questa sia la risposta banale. Forse meno banale è il perché, che cosa ha causato questa emozione. Noi abbiamo rispettato in modo molto ligio le chiusure e le restrizioni imposte dal Governo in funzione della pandemia e ci è stato subito molto chiaro che fosse la priorità. Forse per questo motivo non ho percepito come un vero peso l’assenza del mio lavoro, la mia mente era impegnata con altre priorità.
Quest’anno, eravamo prontissimi a ripartire. Il pericolo del virus, pur essendo ancora presente, era più chiaro e appena ce ne è stata l’occasione, abbiamo rimesso in moto la macchina. Come detto, non ho percepito l’assenza del lavoro, ma avevo una grande nostalgia della normalità che ha lasciato il posto alle priorità di quel momento. Quest’anno abbiamo immediatamente scaldato i motori. Non appena, ad aprile, sono uscite le normative che dichiaravano che si sarebbe potuto lavorare, pur con forti restrizioni, e come abbiamo pubblicato questa notizia, siamo stati travolti da un’ondata di entusiasmo da parte del pubblico. Quella è stata l’emozione più grande. Quello è stato il momento in cui ho percepito, a ritroso, quanto vi fosse mancato il senso del nostro lavoro, che è quello di creare dei momenti di bellezza da condividere, tra artisti e pubblico. Ho chiarissimi il brivido e la lacrima che mi è scesa nel momento in cui abbiamo dato l’annuncio. In quel momento ci è arrivato tutto l’entusiasmo di un pubblico che era silente, che non faceva nemmeno domande. C’era ormai quasi l’arrendevolezza di chi aspetta che il virus passi. Invece, anche dal lato del pubblico, tutti sono stati pronti a reagire: sono state prese d’assalto le prevendite e tutto è andato di conseguenza. Quell’emozione è stata magnifica.
Invece dal punto di vista degli artisti, com’è stato scegliere il cartellone? Immagino anche da parte loro ci sia stato tanto entusiasmo
Sicuramente tanto entusiasmo, altrimenti non avremmo potuto organizzare il festival. È inutile nascondersi dietro la realtà: le restrizioni che riducono al 50% la capienza dei posti a sedere, nel nostro caso ci costringono a lavorare con 750 posti anziché 1005 a sedere, più i posti in piedi. Abbiamo organizzato in passato concerti con 2000 persone, quest’estate ne avremo 750. Le economie del festival si sono sempre rette per il 95% sulla vendita dei biglietti e per il 5% sui contributi, vitali per noi, come quello del Comune di Gardone Riviera, però piccoli percentualmente. Una capienza così percentualmente ridotta non avrebbe mai consentito un sostentamento del festival, a meno di non cambiare totalmente linea di cartellone. È stato possibile non fare questo perché gli artisti hanno reagito all’unisono. In particolare gli artisti italiani, perché per gli artisti internazionali ci sono delle difficoltà che vanno oltre i costi di produzione, come gli spostamenti o il dover gestire tour europei. Quest’anno siamo stati contattati, già da dicembre, dalle più grandi agenzie italiane che dicevano che gli artisti erano pronti a ripartire. Questo dimostra una grandissima coesione nel settore. C’è comprensione e vicinanza da parte del pubblico, ma anche da parte di tutti gli addetti ai lavori, non solo degli artisti, persino di tutte le maestranze.
Tengo molto a ringraziare il nostro service, tutti gli artisti, il pubblico e, l’ultimo preziosissimo elemento, il Comune di Gardone, che ho citato prima, che sempre ha sostenuto il festival con il suo contributo prezioso, per quanto contenuto rispetto alle spese. Quest’anno, in quel giorno di aprile che prima ho citato, quando è uscito il decreto, con i parametri restrittivi, abbiamo pensato che non sarebbe stato l’anno nemmeno questo. Abbiamo fatto una telefonata al Presidente del Vittoriale Giordano Bruno Guerri e al sindaco di Gardone Riviera Andrea Cipani, e nel giro di poche ore abbiamo trovato la soluzione, con un incremento significativo del contributo. Quest’anno, se il festival c’è, è merito del Comune di Gardone, che è intervenuto a salvare le economie, laddove per quanto tutti facessimo uno sforzo, non saremmo riusciti ad arrivare.
Sono proprio contenta di sentire questa cosa, è un segnale molto positivo, significa che il settore non è lasciato a se stesso. Avete un cartellone meraviglioso e il festival si svolge in un luogo bellissimo.
Il Vittoriale si trova a Gardone Riviera è di proprietà della Fondazione del Vittoriale degli Italiani che, per donazione e volontà di Gabriele D’Annunzio, lo gestisce e lo amministra. D’Annunzio lo ha voluto donare agli italiani. Per noi è una grandissima responsabilità, questo da sempre. Quest’anno un po’ di più perché durante la pandemia il presidente della Fondazione, Giordano Bruno Guerri, non si è mai fermato. I visitatori non potevano frequentare e visitare il vittoriale e Lui ha colto l’occasione per aprire una serie di cantieri di restauro. Tra questi il più importante è stato quello che ha permesso di completare l’anfiteatro che ospita il festival secondo il progetto d’annunziano. D’Annunzio lo aveva immaginato come una conca marmorea sotto le stelle ma, per mancanza di fondi, non era mai riuscito a vederlo ultimato. È stato poi completato nel ’52, quando D’Annunzio ormai era morto da anni, ma a questo completamento mancava il rivestimento, l’anfiteatro è sempre stato in cemento. La Fondazione, grazie a un contributo di Regione Lombardia, lo ha ultimato ed la scorsa estate lo ha inaugurato nella sua veste definitiva, interamente rivestito in marmo rosso di Verona. Ora è davvero una conca marmorea sotto le stelle ed è un’emozione enorme anche solo salirci. Salire sul palco riporta subito in una dimensione che è quasi metafisica. Quando l’estate scorsa il presidente Guerri mi inviò il video dei lavori, svolti durante il lockdown, purtroppo eravamo bloccati a Milano e non potemmo vederli. Ricordo che la mia reazione fu pazzesca, gli chiesi, “ma questo è un rendering?”. Pensavo davvero fosse ancora il progetto, non potevo credere che in realtà era l’anfiteatro finito! E’ talmente bello da sembrare finto. Così è una responsabilità ancora più grande. Ovviamente, la nostra ambizione è di aggiungere altra bellezza a questa bellezza.
Siete un Festival particolarmente conosciuto, e siete alla decima edizione. È cambiato qualcosa rispetto alle prime edizioni?
È cambiato moltissimo, non nello spirito, ma nella cifra del cartellone. Il festival ha sempre voluto mantenere una cifra trasversale, proporre danza, teatro, spettacoli di circo contemporaneo e musica. Nel proseguire con le varie edizioni, ci siamo focalizzati sempre più sulla musica, per una serie di ragioni anche contingenti legate alla cultura italiana. Così operando il progetto imprenditoriale è più sostenibile da un punto di vista economico ma necessita sempre dei sostegni pubblici. L’ambizione è sempre stata quella di ispirarsi allo spirito di Gabriele D’Annunzio e quindi di recuperare una proposta artistica molto moderna, contemporanea, coraggiosa. In realtà, se guardo oggi il cartellone dei primi anni, riscontro che si sono state delle piccole ingenuità, ma in generale hanno preso parte dei grandissimi nomi che hanno contribuito negli anni alla costruzione dell’identità artistica che oggi ha questo cartellone. Insieme all’identità artistica del cartellone, si è costruita l’identità del pubblico. Inizialmente pensavamo di doverci rivolgere prevalentemente al pubblico dei turisti del Lago di Garda, o comunque al pubblico locale. Abbiamo sempre più sperimentato con gioia che invece questo è un luogo talmente bello che si può fare anche una proposta artistica diversa capace di attrarre un pubblico molto più ampio. Molto spesso, non parlo dell’edizione di quest’anno che giocoforza è una grande festa per gli artisti italiani, il nostro cartellone ha una spiccata vocazione internazionale. Spesso abbiamo date uniche in Italia di artisti oppure si esibiscono da noi con un’esclusiva sul nord Italia. Per questo motivo riusciamo a raccogliere pubblico da tutta Italia e addirittura da altre parti del mondo, mediamente da almeno trenta o quaranta Paesi. Ci sono spettatori che acquistano appositamente il biglietto del concerto, e poi organizzano il soggiorno, non necessariamente solo sul Lago di Garda, ma magari nel Nord Italia. Un altro mito che abbiamo sfatato è quello dell’età media del pubblico. Il Lago di Garda ha un turismo prevalentemente agé, ma il nostro festival piace molto anche ad un pubblico giovane. Quest’anno la sezione Indiecativamente, che realizziamo in collaborazione con Latteria Molloy, rompe definitivamente quel tabù, apre definitivamente il festival a una generazione più che di artisti, di pubblico di quegli artisti, anche molto giovane. Basti pensare al concerto di Frah Quintale, che è andato esaurito in meno di una settimana. Abbiamo quindi un cartellone molto trasversale, che avrà spettatori dai venti ai sessanta/settant’anni.
Mi fa davvero molto piacere sentire questa ondata di positività. Ce n’è bisogno!
Spero che ne abbiano anche i colleghi! Noi ci emozioniamo ogni giorno rispetto ai ritorni che abbiamo, mi sembra che ci sia una coralità, una voglia di uscire da questa emergenza sanitaria ma sempre con immenso rispetto delle esigenze della stessa e delle normative. Questi elementi coniugati insieme non sempre emergono adeguatamente nella cronaca, anche nei telegiornali, sembra sempre che chi ha voglia di superare la pandemia, abbia voglia di cancellarla e di fare come se non fosse mai esistita. Noi tocchiamo con mano ogni giorno che invece c’è tantissimo pubblico, ci sono tantissimi lavoratori che hanno consapevolmente voglia di riprendere la propria vita assumendosi al contempo tutte le responsabilità del caso e tutte le precauzioni.