Venerdì scorso sul palco del Largo venue è andata in scena una serata ad alto tasso emozionale, con tre live tutti al femminile che se ne proprio ce ne fosse stato bisogno, smentivano in anticipo sui tempi anche l’ultima infelice (e vogliamo credere disattenta) uscita post Sanremo secondo cui: “non è una questione di sesso, è che la voce maschile, all’orecchio umano, ha una gradevolezza diversa da quella femminile. Le voci femminili hanno delle frequenze diverse, quindi all’udito vengono apprezzate solo quando sono veramente molto speciali…”.
E ci fermiamo qui senza nemmeno bisogno di citare l’autore, preferendo raccontare ciò che abbiamo visto, ascoltato e provato sotto il palco di Io e la Tigre, Bea Sanjust e TEss.
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TEss
TEss sale sul palco con la sua band in orario, anche troppo forse per i soliti ritardatari romani. Con lei una violinista, una chitarra, un basso; nessuna batteria.
Saluta e ringrazia in italiano, con un accento inglese distintivo e l’aria di una donna che sa il fatto suo. Un vestito lungo colorato, i capelli mossi biondi e una voce perfetta: improvvisamente inizia a cantare e ci si dimentica quasi di essere a Roma o anche in Italia. Con la sua voce calda e le atmosfere sognanti, il suo folk ci trascina lontano ed è bello, canzone dopo canzone, lasciarcisi trasportare.
L’ultima è una sorpresa: l’omaggio a un’amica, Beatrice, in arte Bea Sanjust che si esibirà dopo di lei. Un modo molto bello per introdurla, lei che partiva dal folk e ha poi scoperto nuove sonorità.

Bea Sanjust
Anche sul palco di Largo Venue, Bea Sanjust ci mostra questo processo. Inizia cantando sola, senza la sua band, una canzone che fa da perfetto anello di congiunzione tra TEss e quello che ci mostrerà lei.
Il distacco dal vecchio folk è palese quando sul palco sale la sua band, i White Rock: i suoni si intensificano, si distorcono e sporcano fino a trasformarsi in psichedelia. Un mix esplosivo tra Chvrches e A Place To Bury Strangers, qualcosa di così poco sentito in Italia da risultare subito estremamente convincente.
Irene De Marco
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Poi arriva il turno di Io e la Tigre, duo composto da Aurora Ricci (voce e chitarra) e Barbara Suzzi (voce e batteria) che pochi mesi fa hanno pubblicato il loro secondo album: GRRR Power.
Un disco in cui l’anima punk, con alti e bassi e picchi di acidità, si mescola a sonorità pop mantenendo intatta l’attitudine da un lato, ed il tema generale dall’altro: esorcizzare ansia e senso di inadeguatezza, in agguato in diversi ambiti della vita, prendendone coscienza ed affrontandoli reagendo, entrare nella tana della propria tigre ed uscirne trasformati, più forti, come spiegano anche loro nell’unico vero intermezzo parlato di un live prorompente, quando per un paio di minuti appena lasciano respirare le casse e visibilmente emozionate, raccontano di quando avevano deciso di smettere con la musica o di quando qualcuno aveva detto che non erano adeguate al canto. Giudizi impietosi e momenti personali difficili, demoliti dal loro incontro artistico che ha dato alla luce il progetto Io e la Tigre, un momento a cui tutti dovremmo essere grati. Si emozionano e fanno emozionare, con quelle loro parole così autentiche e sentite.

Io e la Tigre
Prima e dopo, solo rock, forza e personalità: Aurora (Io) canta senza risparmiarsi e spazia sul palco facendo “urlare” la chitarra come a volerlo occupare tutto col suo suono, riempire fino all’angolo più remoto. Barbara (la Tigre) canta anche lei e picchia sulla batteria con una forza appassionata che è uno spettacolo per gli occhi almeno quanto per le orecchie.
Il live termina con Singapore, il pezzo che più ho amato dell’album ed è il congedo perfetto. Le raggiungiamo al merchandising, compriamo il CD ed una fanzine i cui proventi di vendita vanno a finanziare una realtà che lotta contro la violenza sulle donne. Solo dopo ci presentiamo, facciamo i doverosi complimenti e le salutiamo pregandole di non pensarci mai più a smettere, di non smettere mai. Perché nella forza della loro autenticità, nella passione che trasmettono andando al di là di tutte le possibili imperfezioni tecniche, risiede gran parte di quello di cui la Musica (e non solo) oggi ha tanto bisogno.
Riccardo Magni
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