– di Martina Zaralli –
Anticipato dai brani “Lei aspetta”, “Occhi verdi” e “Rimini ‘85”, il nuovo disco di Lorenzo Semprini, “44”, è un progetto discografico full lenght, caratterizzato da una serie di colori intensi e sonorità sorprendenti. Dopo cinque dischi in inglese, come leader dei Miami & The Groovers, il cantautore riminese decide di mettersi in gioco con testi interamente in italiano, un esperimento nato dalla traduzione di alcune canzoni di Bruce Springsteen, diventato poi uno slancio emotivo per trovare una nuova strada artistica. Abbiamo raggiunto al telefono Lorenzo Semprini, ecco cosa ci ha raccontato sul suo nuovo capitolo musicale.
Iniziamo dalle presentazioni. Cosa troviamo dentro “44”?
“44” è il mio primo disco in italiano, dopo averne fatti cinque in inglese con i Miami & The Groovers, per me è prima di tutto una nuova sfida. Dentro il disco ci sono dodici canzoni, che in tutto durano 44 minuti e 44 secondi, con cui racconto storie che racchiudono gli ultimi cinque anni della mia vita. Ci sono molti punti autobiografici, ma in più, la scelta di cantare in italiano mi ha portato a mettermi a nudo davanti alle persone che ascoltano.
Il disco è uscito il 13 ottobre ’21, la somma dei numeri è 44. Un caso?
La data di uscita del disco è stata scelta appositamente perché la somma del giorno, del mese e dell’anno fa 44. È un numero che ricorre spesso, a partire dal minutaggio totale, come dicevo. Poi: hanno collaborato 22 musicisti (tra cui Federico Mecozzi, Antonio Gramentieri, Vanessa Peters, Alex Valle, Daniele Tenca, Elisa Semprini, Diego Sapignoli e Riccardo Maccabruni) cioè la metà di 44, mi ritrovavo anche con il significato del numero 44 nella smorfia [privazione di libertà, ndr] e nei numeri angelici [energia buona, ndr]. Ho iniziato a lavorare al disco che avevo 44 anni. Ci sono tante coincidenze, per questo motivo ho deciso di chiamare il disco “44″, ma non c’è nessun brano con lo stesso titolo.
“44” è il tuo primo album solista ed è anche il tuo primo album in italiano. Come è avvenuto questo cambiamento? E perché?
Quando scrivi è sempre un’esigenza. Ho iniziato a lavorare a queste nuove canzoni dopo cinque dischi con la band, in un momento in cui volevo mettermi ancora più in gioco. Inizialmente le canzoni erano nate in inglese, poi mi è corsa in aiuto la mia passione per Bruce Springsteen, traducendo in italiano alcune sue canzoni per un evento. Questo esperimento ha avuto degli ottimi risultati, e ho deciso di spingermi verso una nuova prova in italiano. Nel primo lockdown ho scritto Siamo rimasti noi, la canzone che chiude anche il disco, inizialmente per un progetto benefico, quella è stata una grande spinta emotiva per scrivere in italiano, perché la canzone funzionava.
In “La terra brucia”, parli di promesse gettate vie e di troppe speranze: sembra scritto durante la pandemia anche se sappiamo essere del 2019. Cosa ti auguri per il futuro?
Mi auguro, per tutti, di poter realizzare cose veramente importanti per la vita, sia per quella professionale che personale. Chiudo il disco con “Siamo rimasti noi”, ecco questo è il momento di contarsi: ad esempio, chi crede davvero nella musica, adesso fa davvero di tutto per aiutarla.
Verso la fine del disco, introduci il personaggio di Johnny Solitario. Chi è?
Johnny Solitario è una persona che apparentemente ha sbagliato tutto nella vita, ha fallito ogni suo obiettivo, ma nonostante tutto continua a credere nei suoi sogni. Dopo aver scritto la canzone, ho capito che Johnny Solitario c’è in tutti noi: nei nostri obiettivi mancati, o nei rapporti rovinati. Però alla fine dobbiamo avere la forza di Johnny Solitario, quella forza di non abbandonare mai i nostri sogni, andando oltre i passi falsi, perché è la passione che ci rende vivi. Ascoltando il disco, Johnny Solitario può sembrare quasi un brano a sé, ma in realtà è un personaggio fondamentale che riassume il contenuto di “44″.
E il tour? Cosa ci racconti?
È andato molto bene, già da questa estate quando ho iniziato a presentare le canzoni prima di metterle nell’album. Il primo concerto è stato chitarra e voce, sul tetto dell’hotel dove abbiamo girato il videoclip di Lei aspetta. Ho avuto la fortuna di fare diverse date con la band, portandolo in giro in diverse città con ottimi feedback dal pubblico. Io dico sempre che i conti si tirano dal palco, ho sempre amato suonare tanto dal vivo, e sul palco le storie assumono senza dubbio un potere maggiore, per chi le racconta e per chi le ascolta.