– di Assunta Urbano.
Foto di Chiara Mirelli –
Elegante, raffinata, ma allo stesso tempo precisa e pungente. Questi sono gli aggettivi adatti per descrivere la voce della giovane emergente Marta Boraso, in arte Martæ. La cantautrice e chitarrista ha pubblicato il 14 giugno il suo primo EP intitolato L’Ultima Volta, mostrando di avere una grande consapevolezza delle sue potenzialità. A soli diciannove anni può già vantare svariate ed uniche esperienze, come l’esibizione al Senato a Roma nell’aprile 2016 o l’apertura al concerto dei Bastille a Milano del 3 luglio scorso. Eppure le porte verso una brillante carriera si sono solo appena aperte.
Ciao Marta, il 14 giugno è uscito il tuo primo EP L’Ultima Volta. Cosa significano per te questi cinque brani e c’è uno a cui sei più legata?
Sono ognuno una parte di me, una sorta di trasposizione letteraria dei miei sentimenti e di quello che sono e che sono stata.
Il brano al quale sono più legata credo sia Amelia, che è anche il singolo de “L’Ultima Volta”, forse perché è il brano che mi ha fatto capire di voler portare in giro musica mia, è stata un po’ la svolta insomma. D’altro canto credo sia il mio preferito per il romanzo che l’ha ispirato, “La bella estate” di Pavese, un autore al quale sono molto legata e per la controversa figura di Amelia, donna sensuale e maestosa, una sorta di “donna dei sogni” che tutti vorremmo essere.
Hai solo diciannove anni ed hai già avuto la possibilità di suonare al Senato. Poi, in occasione del release party del tuo EP hai aperto a Giorgieness e qualche giorno fa, invece, hai suonato prima del live dei Bastille. Come hai vissuto e come stai vivendo queste esperienze? E cosa provi quando ti esibisci sul palco?
Allora, parlando in generale credo sia doveroso dire che sono una persona molto ansiosa, precisina, autocritica e chi ne ha più ne metta, quindi, solitamente quando salgo su un palco non mi sento tranquilla a meno che non sia tutto perfetto: ho un animo da musicista classica, sono pignola fuor di maniera.
Parlando esclusivamente del concerto dei Bastille beh, direi che non ci sono parole per descrivere quello che ho provato sul palco: l’esperienza più bella della mia vita, niente di meno. L’agitazione era alle stelle ovviamente, era un’occasione senza precedenti e una fortuna del genere ti capita solo una volta nella vita, però poco dopo essere salita sul palco l’adrenalina ha cominciato a bruciarmi nelle vene, il pubblico attento e partecipe mi ha dato una forza che mai avrei pensato di avere: mi sono ritrovata a saltare, a ballare a ritmo; per un momento sono anche quasi scoppiata a piangere dall’emozione.
Nel panorama italiano è raro trovare delle voci femminili, che non facciano parte del mondo mainstream. Come mai pensi accada ciò? Pensi sia più complicato emergere in Italia, rispetto al resto del mondo, se sei una donna?
Onestamente non lo so. Quello che so è che è decisamente più facile puntare sul mainstream per essere notati e forse è anche per questo che è raro trovare delle voci femminili “fuori dal coro”.
Indipendentemente dal fatto che siano donne o uomini, c’è qualche artista in particolare a cui ti ispiri? Da dove provengono le tue influenze musicali?
Diciamo che non ho delle ispirazioni precise, però ascolto tanti generi diversi e credo che questo si senta in qualche modo in questo Ep variegato, che ha però una linea comune che è quella indie-pop.
Le mie influenze musicali provengono sia dalla musica classica, nel modo di costruire alcune melodie per esempio, sia da musicisti come Battisti, Guccini, Carmen Consoli e artiste più “vicine” alla mia generazione come Levante, Maria Antonietta, Giorgieness ecc.
Nelle tue canzoni si nota il connubio tra musica e letteratura. Che cosa significa per te cantare in italiano e quanta importanza ha la letteratura nella tua vita?
Cantare in italiano per me è una cosa naturale, spontanea: è la mia lingua, la lingua con la quale mi esprimo e con la quale penso e di conseguenza quella che sento più mia per poter comunicare tutto ciò che ho bisogno di dire. Scrivere testi in italiano per me significa il naturale prolungamento del mio pensiero, se vogliamo dirla così.
Per quanto riguarda la letteratura beh, ne ha avuta molta: è stato per tantissimo tempo l’universo nel quale perdermi, nel quale mi rifugiavo quando la realtà non mi soddisfaceva come mi sarei aspettata.
Tutto il cerchio della letteratura per me è importante: non comprende però solo i racconti o i romanzi, ma anche le varie vicende, i vari pensieri, le esperienze personali e i sentimenti dei singoli autori, che possono sempre insegnarci tanto, essendo che anche loro sono state persone reali e pensare al loro genio, alle difficoltà della loro vita e a quella follia incompresa mi fa sempre sentire meno sola.
Parliamo di Voglio. Anzi, più che parlare della canzone, dicci: cosa vuole davvero Martæ? Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
Per ora scrivere il più possibile: sono cresciuta molto nell’ultimo anno, ho tante nuove idee e non vedo l’ora di metterle in musica. Mi piacerebbe sicuramente far uscire qualcosa di nuovo, che mi rappresenta in questo momento storico e suonare in giro, far sì che la gente mi ascolti, si ricordi dei miei pezzi.
Sognare in grande non costa nulla e quindi io sogno di poter vivere della mia musica.