Eccoli i Mazma Rill che rinascono e anzi nascono dentro una bella release in vinile. Esordio o cambio pelle poco importa per questa nuova identità: “Lost in Space” è un concentrato di origini di rock, di timido grunge (ecco forse la vera differenza con i passati Aneurisma), è un viaggio fatto di dolcissima ruggine. Perdere riferimenti, navigando a vista…
Partiamo da “Let Me In”. L’ho trovato il brano che più di altri esce dalle attese. Che canzone è?
Ciao a Tutti! Let Me In può essere inteso come un concentrato delle nostre influenze musicali. A livello melodico la canzone è composta da solo tre accordi. L’ispirazione è nata dopo aver ascoltato alcuni CD di Michael Jackson. Il riff iniziale rispecchia un po’ quel mood anni 80 per poi esplodere e cambiare sound nel ritornello. Forse è uscita un po’ troppo rock rispetto all’idea iniziale ma il risultato finale ci piace molto.
E poi la copertina: un disegno che molto richiama lo stile di dischi metal ma poco somiglia al suono che custodisce. E la cosa mi piace… diteci la vostra…
Il tema principale di questo album è l’incertezza. Stiamo vivendo un periodo storico molto delicato e questo ci fa sentire un po’ sull’orlo di un precipizio. Abbiamo trasformato questa cosa in due immagini distinte. Da una parte c’è una figura femminile che sin dall’antichità è associata alla bellezza e alla vicinanza alla natura. Dall’altra un teschio secco e freddo come simbolo, della morte, con la sua freddezza e aridità. Questo per farci capire che il futuro dell’umanità può essere migliore o peggiore a seconda delle nostre scelte. Abbiamo ancora tempo per cambiare le cose ma bisogna avere la responsabilità e il coraggio di cambiarle.
La chiusa con “Blow a Kiss” è sicuramente degna di nota, brano che conosciamo già. Perché in realtà il disco cerca tantissimo la dimensione della sospensione…
Questa sensazione di sospensione può nascere da alcune scelte dei suoni. Ma sinceramente tutto è stato creato in maniera naturale. La scelta di un brano come “Blow A Kiss” in chiusura può accentuare questa cosa. Siamo entrati in studio e con massimo due take per brano abbiamo registrato l’album. Forse questa naturalezza ha contribuito a creare questa particolare dimensione sonora.
Perché il vinile?
Perché facciamo parte di quella generazione che ha i brividi lungo la schiena sentendo il profumo di un vinile appena comprato. Ma non è solo una questione nostalgica: ascoltare musica in vinile, rispetto allo streaming, ha un sapore completamente diverso. Il suono digitale è comodo e conveniente ma non può essere paragonato al suono caldo, profondo e definito dell’analogico. Ma oltre il nostro gusto personale è stata anche una scelta doverosa in quanto il formato vinile è tornato fortemente alla ribalta nella discografia musicale.
E l’elettronica di questo disco? Che ruolo ha avuto?
C’è molta elettronica in questo nuovo album. È un genere che ascoltiamo tanto. In passato abbiamo mostrato raramente questo lato artistico ma è innegabile che l’elettronica sia al centro del linguaggio attuale e cerchiamo, a nostro modo di assorbirne il lato positivo.