– di Blowy –
“Il pulcino del Gabbro” non si stanca mai. Dopo 54 anni di carriera stellare continua a farci scalpitare come bambini davanti a un parco giochi.
Sabato 14 Gennaio, circa 300 persone in fila fuori il grande portone dell’Arci Bellezza a Milano entrano scaglionate dalla sicurezza. Alcuni ritardatari scarabocchiano cartelli alla bell’è meglio in cerca di biglietti da comprare all’ultimo momento, altri sfoggiano look rock-alternativi rispolverati in occasione di un evento che, inevitabilmente, sa un pò di vintage.
Ma a quanto sembra, un vintage che attrae amanti dello spettacolo di ogni genere e di ogni età. Almeno tre generazioni di appassionati (e non) si ritrovano stasera a condividere lo spazio di un concerto. E questa è la prima cosa che ci fa ben sperare.
Non ne fanno più
Senza troppe attese, Nada sale sul palco accompagnata da Luca Cherubini Celli alla batteria, Francesco Chimenti al basso, Franco Pratesi alle tastiere e Andrea Mucciarelli alla chitarra, una formazione già sentita in precedenza sotto il nome dei Sycamore Age.
Un saluto alla sala sold out e la chitarra acustica attacca con “Cry”, brano pubblicato nell’album “L’anime nere” nel 1992. La voce della regina della controtendenza si prende subito la scena che si merita, inondando la sala di un calore poetico che scalda i sensi. C’era da aspettarselo.
La scaletta va avanti con i brani “In mezzo al mare”, “Un viaggio leggero”, “Chi non ha” e “Banana City” tratti dal suo ultimo album “La paura va via da sé se i pensieri brillano” pubblicato nel 2022.
Più il concerto va avanti e più si percepisce l’attitudine grintosa che ha da sempre caratterizzato Nada nel corso della sua carriera. Senza crogiolarsi troppo nelle presentazioni dei brani, la cantante fa parlare molto la musica rappresentata a tratti da movimenti teatrali ben studiati nel corso degli anni, in parte frutto sicuramente del suo passato da attrice.
Una voce energica e comunicativa che sembra non aver subito in alcun modo lo scorrere del tempo, sostenuta onorevolmente da musicisti capaci di stare “un passo dietro” come suggerisce un modo di stare sul palco tipico degli anni 70’. Arrangiamenti fedeli alle versioni originali senza la pretesa di stravolgere qualcosa che da troppo tempo è cosi com’è. E va benissimo.
Nada ti porta nel suo mondo con un fare materno che ispira fiducia e consapevolezza e a te non resta che chiudere gli occhi e farti trasportare lungo il viaggio della sua decennale carriera.
La scaletta ripercorre varie tappe cronologiche dell’artista come “Disgregata” (2008), “Luna in piena” (2019), “Chiedimi quello che vuoi” (2006) fino ad arrivare al brano con cui all’età di 15 anni ha debuttato al Festival di Sanremo del 1969, Ma che freddo fa.
E dopo il solito entra-esci di fine concerto Nada ci concede un bis che non poteva mancare, da un’atmosfera di profondità e controtendenza la sala si trasforma in pochi attimi in un disco club anni 80’ con le note di “Amore disperato”, il brano che forse più di tutti gli altri ha incoronato Nada Malanima regina del mercato musicale italiano.
E come ciliegina sulla torta, non poteva mancare “All’aria aperta” cantata interamente a cappella, una sfiammata finale di puro pathos che dà il via libera alla cantautrice toscana di lasciare la scena.
Non c’è niente da fare, quando sento dire “di artisti così non ne fanno più” mi viene subito da controbattere, ma se ci penso un po’, forse è vero.