Secondo appuntamento, seconda uscita, secondo disco della “Trilogia dell’Anima”. Con il moniker NEVICA, il producer e musicista Gianluca Lo Presti pubblica “Tengo” ed è un’aporia del concetto di pop: un lavoro in cui cerca derive anti-pop muovendosi abilmente tra soluzioni più quotidiane e meno evasive. Sicuramente più “terreno” del primo capitolo “Sputnik”, sicuramente più aderente a forme di ritornelli a volte anche ben sagomati. Di sicuro il suono cerca anche nature analogiche con arrangiamenti che incontrano anche strumenti come violini, viole e violoncelli, ma anche la featuring assai interessante di Giuseppe Lo Bue dei Caron Dimonio alle chitarre che lui stesso definisce “disturbate”. E ritroviamo Murakami ma anche la novità di un pensiero filosofico e psicoanalitico, insegnamenti e punti di vista seguiti e rapiti alle parole dello psicologo e musicoterapeuta Mario Scardovelli. “Tengo” è un disco importante che custodisce l’uomo e le sue maschere, custodisce anche il coraggio di oltrepassarle e si avventura, Lo Presti, si avventura a codificare quell’eterno quanto fragile equilibrio che esiste tra chi siamo e chi ci accontentiamo di apparire. In rete il video ufficiale del singolo “Il nostro suono”… ed è la metropolitana delle città e quella interiore il vero habitat del nuovo suono di NEVICA.
La “trilogia dell’Anima”. Come nasce una simile idea di progetto? Oppure l’hai codificata strada facendo?
È una cosa che è partita dall’album precedente “Sputnik”. Mi sono da qualche anno avvicinato alla conoscenza di me stesso e a tutto quello che riguarda l’equilibrio interiore. L’argomento è talmente vasto che mi piaceva l’idea di svilupparlo in un concept di 3 capitoli musicali come se fosse un unico album.
Anche Murakami ad esempio a volte divide i suoi romanzi in 2/3 parti differenti.
Mi piaceva questa analogia.
Murakami torna sempre nelle tue scritture. Posso chiederti come mai? Lui che tra l’altro usa la musica davvero come un timido colore ai suoi romanzi…
Murakami è uno scrittore che mi ha folgorato semplicemente perché nelle sue storie mi sono totalmente ritrovato.
Cercavo delle risposte sull’uomo e sulla vita in generale e le ho avute dai suoi libri.
Diciamo che queste sintonie sono molto rare e quando accadono bisogna assecondarle.
Da più parti si dice che NEVICA oggi dimostra una consapevolezza più pop in luogo delle trasgressioni figurative di “Sputnik”. Sei d’accordo?
È curiosa questa cosa… proprio perché ritengo sia assolutamente il contrario! Ma il bello della musica è che ognuno la legga liberamente come vuole, non mi disturba affatto, anzi!
Mi spiego meglio: “Tengo” è un lavoro assolutamente anti-pop. A partire dalla costruzione delle canzoni che non hanno la struttura standard strofa ritornello a ripetersi (tranne qualche eccezione) ma assumono le sembianze di una suite dove a un primo movimento ne subentra un altro che apparentemente sembra un nuovo brano ma in realtà fa parte della stessa composizione. Outing parte II o Tina e Swarai ne sono un esempio. Nel momento del cambio il pezzo implode, si sgretola in una nebulosa indistinta quasi noise, per poi rinascere in altra veste. Non è più pop questo. Ma è un percorso voluto.
Forse di pop rimangono degli elementi come la melodia e la timbrica pacata della mia voce, alcune armonie, ma sono solo retaggi forse di quando ero più giovane che non mi dispiace portarmi dietro.
Torino, Berlino… altre grandi città anche solo come esempio. Cosa significa per te la città?
Guarda lo dici a uno che da 20 anni ha scelto di abbandonare la città per vivere in campagna. Ad ogni modo la città mi affascina ma a piccole dosi, dopo un po’ mi stanca.
Trovo assurdo perdere 1 ora nel traffico a cercare parcheggio. Preferisco una dimensione più a contatto con la natura.
C’è una canzone bellissima di Battiato “Un’altra vita” che parla di questo. Della città mi piace il suo movimento, il flusso umano indistinto, il fascino notturno delle metropoli, agglomerato umano di sensazioni oscure, inquietanti e decadenti. Il caos e l’oscurità della notte, gli edifici in cemento come alveari, mi rappresentano il senso di disagio e di claustrofobia esistenziale che in realtà vive dentro di noi. La città ne è solo un riflesso.
È per questo che mi interessa e perché la rappresento così nel videoclip “Il nostro suono” la cui regia è di Mario Danelli
E ovviamente ti chiedo anche della notte… perché se “Sputnik” era un disco che mi faceva pensare alla luce, questo mi fa pensare al buio.
Ah fantastico ho quasi risposto prima! Posso aggiungere che solo affrontando il buio dentro di noi possiamo comprendere veramente cosa significa la luce e che essa non esisterebbe senza il buio. Nell’oscurità non ci sono solo cose inquietanti ma c’è anche silenzio e raccoglimento… almeno per me.
A chiudere: che relazione ha Gianluca Lo Presti con il personaggio di Tengo?
È un alter-ego con le sue dovute differenze, ma nell’intero lavoro ho cercato di fondere questi 2 personaggi aggiungendo elementi autobiografici, mischiandoli senza contorni troppo spesso netti, con la storia del romanzo cui mi sono ispirato che è 1Q84, libro bellissimo.
Tengo è una persona molto riservata, timida e introspettiva… osserva con attenzione il mondo e lo descrive cercando di trovare un senso di sé e della propria missione unica… la stessa cosa cerca di fare Gianluca Lo Presti aka Nevica attraverso la musica.