– di Naomi Roccamo –
Loomy: classe ’94, la partecipazione ad X-Factor nel 2016, la viralità su Tik Tok ottenuta con “Senza Filtro” e l’arrivo nella famiglia de La Clinica Dischi
Dopo i singoli pubblicati nel 2021 “America” e “Il quinto dei Beatles” è il momento di “Non Piove Mai”.
Ne abbiamo chiacchierato un po’ insieme alle altre cose che avevamo in testa, anche se io non vedevo l’ora di chiedergli di più sul suo nome Instagram (leggere per credere).
Mi parla per tutto il tempo con una semplicità e umiltà che ritrovo una volta riascoltata l’intervista e che spero di essere riuscita a rendere qui.
Partiamo dagli inizi, da prima di X-Factor: come nasce Loomy?
Il mio approccio con la musica è avvenuto in modo molto naturale perché vengo da una famiglia “canterina”. Mia madre ha sempre cantato, aveva un gruppo e faceva serate, quindi io ho sempre visto lei cantare e ho iniziato dal karaoke con lei fino a innamorarmi del rap e del cantautorato, che ascoltavo soprattutto grazie a mio padre. Da lì ho cominciato a scrivere delle canzoni e capito che quella poteva diventare magari la mia strada. Sicuramente è stato qualcosa di non cercato.
Parliamo di un’altra genesi, quella di “Non Piove Mai”, il tuo ultimo singolo. Quando e come l’hai scritta?
Questa canzone esiste già da un annetto, è legata al lockdown; quando nel ritornello dico “ora sorridere è diverso è tutta un’altra storia”, mi riferisco al fatto che dopo una pandemia come quella che abbiamo vissuto, che ci ha chiusi a casa, anche il solo dover ritornare alla normalità e anche il solo ridere è tutta un’altra storia. Ci ha fatto accorgere di cose che prima non apprezzavamo o notavamo nemmeno. Dico “Non piove mai” ma per me dovrebbe piovere sempre, o almeno una volta, perché forse c’è bisogno di questa pioggia. Stare male è la spinta per creare e per stare bene.
Questa cosa me la sento dire spesso. Forse è ufficialmente vero che il dolore è il motore della creatività.
Assolutamente sì! Vivere male per vivere bene, no?
Il compromesso. A prescindere dal fatto che ci siamo arrivati chiacchierando avrei voluto farti delle domande a riguardo: tu sei un artista in attività da ben prima del 2020, come è cambiato il tuo modo di fare musica?
A me è cambiato un po’ nel senso che prima andavo fuori a produrre brani e fare i provini e con il lockdown, non potendo spostarmi, ho letteralmente portato lo studio a casa mia, con tutta l’attrezzatura annessa e dal punto di vista artistico non l’ho sentito, sono sempre stato iper produttivo e, anzi, lo stare a casa mi ha dato modo di riflettere e capire quali strade prendere. Gli artisti hanno la tendenza a credere che il mondo stia aspettando loro, ride ndr. e invece il fatto che il mondo si sia fermato mi ha ridimensionato non solo a livello personale ma anche lavorativo, quindi in realtà sono contento.
Mentre parlavamo di produrre e di lockdown ho pensato a quegli artisti che invece sono proprio nati durante quei mesi. Fra questi c’è Blanco. Volevo chiederti un’opinione su questo artista e già che ci siamo ti chiedo anche cosa ne hai pensato di questo Sanremo, che lo ha visto vincitore. Gli artisti sono sempre schierati quindi mi interessa saperlo.
Con Blanco ci siamo proprio sentiti dopo che aveva appena pubblicato “Notti in bianco”, perché lui aveva condiviso un mio brano e ci siam gasati a vicenda. Lui non era ancora “nessuno” ma a me piaceva già parecchio. Ci siamo scambiati i numeri di telefono e dopo un mese c’è stato proprio il decollo. Ma nel suo caso si vede proprio la purezza del talento e lo vedo in pochi artisti, come, ad esempio Madame. Son quelle robe che nascono e basta, non è che decidi di fare musica, devi farla e basta. Come loro ne nasce uno ogni 50 anni.
Anche nella mia testa sono un po’ l’uno/a la versione maschile o femminile dell’altro/a. Appartengono a quella generazione che possiede una consapevolezza a parte. La nostra generazione si è costruita ed è arrivata fin qui diversamente.
Sì e credo che anche la questione social abbia fatto la differenza. Per esempio io ricordo di aver iniziato ad usare Instagram appena uscito da X-Factor, che se ci penso adesso è qualcosa di folle. Diciamo che è un momento storico particolare, ma porte giuste, età giusta e voli. E invece su Sanremo ti dico che è l’edizione che forse mi è piaciuta più in assoluto, perché ci ho visto tanta musica. Credo che il prossimo anno riproverò a partecipare, perché l’ambiente sta girando bene. La vera rivoluzione per me è stato Tananai, da ultimo è arrivato primo perchè comunque è riuscito a far parlare di sé, incredibile.
Diciamo che non ha vinto IL primato, ma ne ha vinto comunque uno. Il Festival ha permesso anche una giustissima “invasione” di figure legate ad altri generi musicali, tipo Rosa Chemical, *mi dice che anche questa apparizione ha ottenuto il suo stupore e la sua approvazione*, l’ibrido trova sempre più spazio. E a proposito di ibridazione andiamo alla tua bio di Spotify: “Troppo pop per il rap e troppo rap per il pop”. Da cosa nasce questa definizione?
Esatto, Ride, ndr. In realtà all’inizio avevo anche io la classica bio noiosa con tutte le informazioni su di me. Poi un giorno ho iniziato a pensare a qualcosa che descrivesse efficacemente la mia musica e son arrivato qui. A quel punto però ho pensato al perché fosse difficile catalogarmi, per esempio su Spotify non ho una playlist editoriale. Troppi mondi che provano a stare in uno solo.
Ormai sappiamo che i generi stanno sempre più sullo stesso piano e si contaminano. Poi c’è il rap che è più diffuso di altri, è pop.
Proprio così ed è sempre da tenere bene a mente che pop vuol dire mainstream, anche la drill ormai è pop, anche la trap lo è. Una cosa non esclude l’altra e l’accezione non è negativa. Poi c’è pop fatto bene e pop fatto male, così come rap fatto bene e rap fatto male. Odio, quando si tratta di musica, creare categorie e la mia bio lo dimostra, ride ndr.
Questa potrebbe essere la sintesi. E invece il tuo nickname di Instagram (Loomy Tunes) nasce a caso o c’è effettivamente un legame affettivo col cartone? Sono curiosa perché lo trovo geniale.
C’è assolutamente un legame, io sono un fan sfegatato dei Looney Tunes! Il mio nome d’arte, Loomy, viene dal mio cognome, Lumìa, con cui mi hanno sempre chiamato tutti principalmente, quindi io ho solo usato le due O al posto della U. Loomy Tunes è nato comuqnue una vita fa come nickname ma prima era bloccato su Instagram e quindi non riuscivo ad appropiarmene, ride ndr.
Hai dei progetti futuri di cui puoi parlarci?
Sono usciti tre singoli e ho chiuso il disco. Non posso svelare molto, ma prima di aprile avrete delle sorprese.
E questo primo disco contiene delle collaborazioni o, essendo il primo, te lo sei tenuto tutto per te?
So che sembra assurdo perché uno invece dal primo disco di un artista si aspetta dei nomi in più, come succede sempre più frequentemente per ora, ma io ho seguito proprio il tuo ragionamento. Prima di affiancarmi ad altri e di affidargli la mia musica vorrei che venisse fuori la mia personalità. Credo che le mie sfaccettature possano essere capite se sono solo io a esporle, è una necessità.
Te lo chiedevo proprio perché penso che il primo disco sia qualcosa di inevitabilmente molto intimo. Scrivere un pezzo interamente da soli è diverso da scriverlo in due e oggi siamo pieni di dischi composti quasi esclusivamente da featuring. Nel 2022 forse non è semplice scrivere un disco da soli.
Non lo è, ma molte collaborazioni ormai avvengono senza nemmeno vedersi. Io poi sono al primo disco, però capisco anche che chi già è al quarto, per dirti, magari ha anche finito le cose da dire da solo.
E allora non mi resta che augurarti buona fortuna con il disco nuovo e con la sua “sfilata” live.
Spero di suonare in più città possibili. Fosse per me farei solo quello. A presto!