È decisamente sensibile a queste tematiche il nostro Alessandro Zannier ovvero OTTODIX che ritroviamo per una intervista, ghiotta di collegare i fili artistici e concettuali tra il suo disco “Micromega” che tanto ha fatto parlare e le sue opere visionarie esposte anche a Pechino. Ed oggi in acqua bolle una ristampa in VINILE di questo disco e un altro cd che raccoglie sessioni live dal titolo “RadioStudioSessions 2009>2019”, tra prese dirette in studio e in radio tra i tanti viaggi di questi anni. Elettronica certamente, come sempre, ma che trova stavolta anche una compostezza e una fermezza concreta grazie al dialogo di produzione con Flavio Ferri che, come ci dirà lo stesso OTTODIX, sarà motivo di trasgressione psichedelica da una parte e terra ferma di cose conosciute dall’altra. Un tema delicato e ricco di sfumature, grandi contenuti sociali: un occhio clinico che non si fa mancare quel certo peso poetico nel descrivere l’uomo, la terra che vive e la vita che consuma. In tutto questo l’attenzione verso la scienza che sgomita ogni giorno per il suo continuo divenire. Un lavoro attuale e futuristico allo stesso tempo. E con i piedi per terra…
Dopo averti ospitato sul nostro cartaceo ti diamo il bentornato sul nostro webmagazine. Parlare con OTTODIX è sempre un dilemma dato che abbiamo una scelta troppo difficile su dove puntare. E scelgo allora di citare il VINILE dato che è il protagonista di questa nuova voce. Edizione di “Micromega” in vinile. Quanto hai dovuto rielaborare il suono per farlo entrar bene nei solchi di un 33 giri? Differenze all’ascolto?
Ciao, caspita, un dilemma addirittura? Occupandomi di più cose, tra arte e musica, dovrebbe essere anche più divertente, no? Si, le grosse novità in effetti sono due: la release di un album doppio live in digitale “RadioStudioSessions 2009>2019”, contenente sessioni live registrate con la band in vari studi e in radio negli anni e la ristampa in vinile di “Micromega”, album che non vuole accennare a far finire la sua promozione e che sta invadendo con i concerti, teatri, musei, luoghi storici, biennali e scuole. Volevo fortemente questa ristampa per dare i connotati di un classico “senza tempo” all’album, vista la sua natura filosofico-scientifica e le tematiche universali trattate, mai come per questo disco aveva senso farlo. Più che una rielaborazione del suono abbiamo dovuto imporre dei tagli ad alcuni brani poiché, com’è noto, oltre un certo minutaggio il vinile perde di qualità. Essendo il sound prettamente elettronico era un peccato perderne, quindi ho operato chirurgicamente in fase di mastering con estrema cautela e sono soddisfatto, il succo dell’album è rimasto intatto e in alcuni casi ha pure guadagnato in freschezza.
Ma poi, parlando delle canzoni, c’è una differenza estetica e di arrangiamento. Non è così?
In realtà c’è una sola grande differenza: il brano “La Risonanza” compare in una versione totalmente diversa, che è stata concepita inizialmente per il live, dato che il brano originale era troppo violento e “rock” per gli spettacoli che abbiamo portato in scena anche con quartetto d’archi. La versione “soft” elettronica, così chiamata, si sposa meglio con il concetto di microbi, stormi, sciami, microrganismi, stormi di uccelli, banchi di pesci, citati nel testo. Alla fine mi ero pentito di non avere inserito questa versione come ufficiale, quindi il vinile è stata un’occasione d’oro per rimediare. Se devo dire la mia, la versione vinile è quella definitiva e il brano in questione è la vera chicca che lo contraddistingue.
Ho come l’impressione che l’arrivo di Flavio Ferri abbia restituito un carattere più terreno al tuo mondo cibernetico. Non è così? E nel caso, perché contaminare il suono di verità viste la tua dedizione al multiverso? Scusa se sono troppo metaforico nelle domande ma sono sicuro saprai cogliere il giusto senso…
A dirla così sembra che Flavio abbia standardizzato il mio sound, altrimenti molto più elettronico-visionario, in realtà le cose sono andate un po’ diversamente. In almeno due terzi dei brani ho imposto io una linea di produzione, quindi se le canzoni sembrano più scorrevoli e fluide è proprio una linea di scrittura e di arrangiamento che ho dato io ai brani. Flavio anzi, ha reso più “visionari” certi pezzi, come “Planisfera” o “CERN”. Se c’è una cosa che mi piace di Flavio è che è tutto fuorché un produttore classico, così come non lo sono io. È innanzitutto un musicista con una sua predilezione per il “fuori standard”, cosa che mi interessa inserire nel mio sound, spesso molto rigido. Il prossimo album sarà un’incognita totale, ci stiamo già lavorando, affiancando pure una terza testa. Per la mia rinomata attitudine all’autarchia, una vera sfida, ma a questo punto è la cosa più interessante che possa fare, quella di rimettermi in gioco.
Ultimamente più voci della canzone d’autore cercano di cantare, a guisa di denuncia, di un futuro in totale declino per non usare parole forti come devastazione. Il futuro fatto di una società priva di consapevolezza e contenuto. In fondo nel tuo viaggio vero il multiverso osservi un popolo pieno di elettricità e carico di energia potenziale… ma anche di uomini micromega boy incastrati nelle loro realtà virtuali. Insomma anche tu non vedi un futuro così roseo o sbaglio?
Ottodix parla almeno da 10 anni di queste problematiche, (dall’album “Le Notti di Oz” del 2009, sulle realtà virtuali). Nei tre album precedenti ho sviscerato a fondo sia le inquietudini per lo sdoppiamento di personalità tra realtà social e reale, che le tensioni mondiali, il terrorismo, l’odio latente e il clima da pre apocalisse economica, ambientale, geo fisica annunciato. Insomma, l’ho fatto abbondantemente in tempi non sospetti, quindi mi fa piacere che ora continuino a farlo altri. “Micromega” parla di questo, ma per la prima volta lancia un sasso oltre la questione e al pessimismo cosmico. Suggerisce una via contro l’inquietudine della nostra era. Suggerisce di guardarci da fuori, di osservare in macro le nostre dinamiche, scoprendo che rispondono a leggi universali in relazione al cosmo o a sistemi di grandezza appena o immensamente superiori, oppure di riflettere sul fatto che noi stessi siamo colonie ambulanti di microrganismi e batteri, società consorziate di molecole che hanno trovato l’escamotage dell’intelligenza e dell’”io” per coordinare e far sopravvivere questo condominio brulicante di miliardi di “io”, che è il nostro corpo e che ci portiamo a spasso.
Ripartire dalle grandezze relative dei nostri problemi, secondo me può ridimensionarci e darci un senso della misura e anche del danno che facciamo quando abusiamo dell’ambiente circostante. L’uomo, nell’economia della natura e della fisica, è assolutamente prescindibile. Se ci estinguiamo non se ne accorgerà praticamente nessuno.
Il prossimo album, infatti, pur nuotando ancora nella negatività attuale (come diavolo si fa a non trarne spunto?!), avrà un suo messaggio positivo, che parte dalla fisica, per spiegare inequivocabilmente a cosa si va incontro ignorando certe regole di base. Sarà un album ambientale nel senso più ampio e sull’empatia, merce rara di questi tempi.
Parliamo anche di installazioni? Anche sul VINILE riporti – e non è una cosa scontata – la copertina del CD e cioè questa installazione davvero geniale nel suo significato. Chi ha tradotto cosa? La scultura in suono o viceversa?
È stata un’operazione coordinata e nata in simbiosi. A metà della stesura dell’album mi è stata proposta l’occasione di partecipare alla Biennale Italia Cina a Pechino con una grande installazione. Con i curatori che mi seguono, stavamo pensando da tempo di realizzare un’opera – manifesto del mio nuovo corso, qualcosa di forte impatto per promuovere efficacemente l’operazione e la piattaforma digitale che ho creato www.micromegaproject.com (fatevi un viaggio in questo sito enciclopedico a ramificazioni, vi perderete). La cavia-scimmia legata alla parabola, che si chiude gli occhi davanti al lume della scienza e della conoscenza, si prestava perfettamente per rappresentare l’uomo odierno, diviso tra progresso scientifico e regresso socio politico. Poi è un’immagine rotonda e per un disco, come dicono a Roma, “era la morte sua”.
Chiudiamo: l’osservazione dell’uomo a cosa ha portato? Si è conclusa o hai scoperto nuove frontiere da dover esplorare?
L’osservazione e la ricerca scientifica e astrofisica stanno portando, a mio avviso, a rivelazioni straordinarie. Lo si nota anche dalla spettacolarizzazione che sempre più spesso viene fatta delle scoperte al CERN o sugli esopianeti avvistati o le foto mozzafiato che ci giungono dal Sistema Solare dalle nuove sonde. C’è fermento e bisogno di sensibilizzare l’opinione pubblica perché i fondi continuino ad arrivare. Sia nel micro, ovvero nella fisica quantistica e nella teoria delle stringhe, che nel macro, ovvero nella ricerca spaziale e nello studio di buchi neri, materia oscura e raggi cosmici, ci sono convergenze sempre più forti, che unificherebbero spiegazioni fino ad oggi inconciliabili. Stiamo assistendo a mio avviso all’anticamera di rivelazioni sulla concezione dell’esistenza radicali, multidimensionali e inconcepibili per il nostro approccio esperenziale con la realtà, che ci cambieranno la vita radicalmente. Non trovo attualmente nulla di più visionario della scienza. Ogni artista dovrebbe rendersene conto ed evolvere la propria poesia del quotidiano includendo questa frontiera. Non è più possibile ignorarla.