Parliamo di “Eden” questo primo disco personale di Riccardo Morandini che troviamo anche in una bella release in vinile a 45 giri. Sempre affascinante quando il pop ed il rock di stampo indie incontrano le antiche organze di classico barrocco. Un barocco che diviene anche espressione del corpo come del luogo, del modo di vestire come del modo di stare in relazione a quel che ci circonda. E per Morandiniil giardino dell’Eden corrisponde ad un’allegoria di questa nuova vita che abbiamo dove tutto è possibile, dunque anche i nuovi inizi come anche le nuove sconfitte o le nuove rinascite. Luoghi suggestivi per questi due video ufficiali che hanno dato il benvenuto ad un Ep che tra canali liquidi e solchi di vinile, tra soluzioni digitali e melodie pop, rispecchia a pieno questo incontro tra passato e futuro che in molti cercano di far dialogare.
Il barocco che spesso si respira dentro le produzioni elettroniche secondo te cercano di stagliarsi dal quotidiano per raggiungere un piano distante dal popolo comune?
Non la metterei su questo piano di ricerca “aristocratica”. Giustapporre elementi tratti dal mondo della musica “classica”, nell’accezione comune di questo aggettivo, e suoni legati al “pop” crea semplicemente un contrasto interessante. Fa parte del concetto di post-moderno l’assenza di divisioni tra “colto” e popolare e personalmente sono felice di attingere alle ispirazioni più varie e a tutti i mezzi a mia disposizione per esprimermi. La musica classica è tra i miei riferimenti e in questo disco ho utilizzato anche il suo linguaggio.
Restando sul tema ma più in generale. L’artista che si rivolge all’uomo di tutti i giorni. Secondo te ha importanza non parlare la stessa lingua? È un concetto assai importante… oggi ad esempio la politica scende al livello del quotidiano… ed è un male per come la vedo io…
Un equilibrio che mi interessa raggiungere in questo momento è quello che permette di veicolare contenuti sia musicali che testuali di spessore, senza però trincerarsi snobisticamente in linguaggi non avvicinabili dai “profani”, ma rimanendo pop e andando incontro al pubblico. Mi viene da pensare a “Centro di gravità permanente”, un pezzo ballato nelle peggiori balere e cantato a squarciagola dagli ubriachi nei karaoke, il cui titolo si riferisce ad uno dei pilastri della dottrina di Gurdjeff, mistico armeno, dei cui insegnamenti Battiato è stato adepto.
Riguardo alla politica che non debba scendere al livello del quotidiano, sono abbastanza d’accordo da un lato e concordo con l’idea platonica per cui i politici dovrebbero essere filosofi. Allo stesso tempo la classe politica non deve finire per essere troppo distante e alienarsi il “popolo”. Altrimenti si assiste al fenomeno che ha portato all’elezione di Trump negli Stati Uniti, per cui la classe media impoverita dell’America rurale si è a lui rivolta come al salvatore che avrebbe difeso i suoi interessi contro lo strapotere dell’élite culturale ed economica delle metropoli costiere.
Sfogliamo il video del primo singolo estratto. Il corpo, un certo tipo di danza, la “fuga dalle convenzioni” ma che poi diviene essa stessa convenzione… parlando del video, che significato sottende tutto questo?
La scelta della danza per il video è arrivata in maniera intuitiva, senza grande premeditazione. Inoltre mi affascinava l’immagine della triade femminile, un archetipo ricco di suggestioni. Collaborare con delle professioniste del settore è stato molto stimolante e il corpo è davvero un potente veicolo simbolico per interpretare un testo. Inoltre con il team di dare.production con cui ho realizzato il videoclip abbiamo ampliato ulteriormente le possibilità della danza, arricchendo i movimenti con degli effetti di esposizione multipla, come a rappresentare la molteplicità delle scelte e dei possibili percorsi esistenziali di cui si parla ne “La sindrome di Erasmo”.
Perché questi meravigliosi giardini come sfondo? Che tipo di legame lirico e concettuale ci lega a loro durante il brano? Te lo chiedo perché l’opera ha decisamente mille chiavi di lettura diverse…
Come per la danza, avevo in mente un giardino come ambientazione per il videoclip senza un motivo preciso, ancora prima di decidere di intitolare “Eden” l’EP. Poi i giardini di Valsanzibio in cui mi sono felicemente imbattuto si sono rivelati una miniera di simboli con cui sottolineare i contenuti testuali. Il labirinto ad esempio è un luogo perfetto per un brano come “La sindrome di Erasmo”, che parla della molteplicità dei percorsi esistenziali possibili e dell’angoscia della scelta.
Oggi parliamo di “Eden”, l’esordio personale di Riccardo Morandini. Esordire oggi… e lo fai in vinile… che cosa rappresenta?
Esordire oggi, intendi nell’oggi dominato dal covid? Il fatto di non poter suonare dal vivo non mi ha preoccupato più di tanto perché non avrei avuto un repertorio abbastanza consistente per un concerto e mi interessava più che altro sondare il terreno a livello discografico. Per quanto riguarda il vinile, è una scelta relativamente comune al giorno d’oggi. E’ un oggetto molto più lussuoso ed affascinante del CD (supporto in grande decadenza), per la vendita ha più attrattiva, come biglietto da visita pure e anche dal punto di vista della gratificazione personale non c’è paragone. L’artwork diventa quasi un piccolo quadro da appendere alla parete di casa. Ho voluto esordire con questo EP, che ha una sua coerenza interna, musicale e di significato, prima che i brani che avevo scritto invecchiassero troppo e perché ero curioso della reazione degli ascoltatori, in un certo senso anche nella ricerca di qualche conferma di questa vena cantautoriale, da affiancare alla mia attività di strumentista. Il prossimo passo sarà sicuramente un disco intero, in programma per il 2022.
Arriverà un disco completo? Anche se l’Ep oggi lo ha sostituito…
Ci sono varie vie, c’è la musica squisitamente pop che viene composta specificamente in relazione alle esigenze del pubblico ed è particolarmente schiava dello spirito del tempo, quella di ricerca che è quasi esclusivamente rivolta alla setta esoterica degli addetti ai lavori e a pochi strani appassionati, svincolandosi (per quanto sia possibile) dai gusti del pubblico e dalle mode del momento e poi ci può essere una via di mezzo in cui mi identifico maggiormente