Siamo a due passi dalla psichedelia digitale e, allo stesso tempo, siamo dentro le metriche analogiche di un pop dalle forme meno scontate e certamente poco comuni. C’è della melodia ma comunque l’obiettivo è quello di andare oltre. Sergio Tentella, batterista di lungo corso nella scena romana e non solo, anche anima portante del duo elettronico Elephantides, pubblica il suo primo Ep da solista dal titolo “Space Pocket Shapes”, un piccolo viaggio dove la ritmica analogica incontra le strutture digitali, un percorso lisergico dentro una forma diversa da quelle conosciute e reiterate, dal gusto retrò che si rende sfacciato soprattutto nella scelta dei sintetizzatori. Suono che personalmente mi porta alla memoria un certo gusto per l’elettronica anni ’80. Forse sbaglio, forse sono solo mie reminiscenze. Dentro “Space Pocket Shapes” ci leggo quel gusto che avevamo del futuro americano.
Certamente ascoltando la bellissima produzione degli Elephantides era quasi ovvio aspettarci qualcosa che si scollasse da quel mood. E invece sembra essere a tutti gli effetti un brano loro. Sbaglio? Come ce la racconti la nascita di “Space Pocket Shapes”?
Posso immaginare che in qualche modo ci sia una connessione con gli Elephantides, parliamo sempre di batteria acustica e sintetizzatori.
Da interno personalmente sento grandi differenze, Elephantides è un progetto incentrato sulle metriche, poliritmie e strutture in costante evoluzione, Space Pocket Shapes è un ep molto lineare e pieno di melodia.
Nell’ultimo anno ho iniziato a collezionare diverse idee che sentivo distanti da quello che facciamo con gli Elephantides, mi sono ritrovato ad avere una coerenza con questi 3 brani e ho deciso di pubblicare questo ep.
Una batteria acustica tradizionale immersa nel suono computerizzato. Come a dire che da sola, una batteria, non è in grado di evolversi e di suonare in “altro” modo? Si ha sempre bisogno dell’elettronica?
Assolutamente no… basti pensare alla colonna sonora di Birdman, Antonio Sanchez ha fatto un disco splendido di sola batteria acustica.
Diciamo che al di là dei generi, mi piace pensare comunque a dei suoni di contorno che rafforzino maggiormente il concetto di un groove di sola batteria.
Per questo ep sentivo la necessità di far girare dei beat all’interno di melodie e strutture costanti, è sicuramente mio intento sperimentare solo con la batteria e lavorare a tracce diverse da queste.
E restando sul tema, hai mai pensato di violare la “verità” del suono acustico di uno strumento?
Certamente, in altri contesti lavoro molto con sample digitali, o comunque cerco di riportare un suono acustico in una dimensione più computerizzata e spesso escono davvero delle belle soluzioni sonore.
Ritroviamo all’ascolto molto del “pop elettronico” inglese o anche quel certo modo “spaziale” di stendere le melodie che ha Jean-Michel Jarre. Ispirazioni e riferimenti?
Senza pensarci troppo direi, Aphex Twin, Massive Attack, Thom Yorke.
Un percorso personale significa bisogno di una ricerca libera? In una formazione di più persone questa ricerca in qualche modo è troppo vincolata?
Sono 2 percorsi importantissimi e belli allo stesso modo. In un percorso personale sei nudo con te stesso e vai alla ricerca di un qualcosa che ti susciti emozioni.
In un progetto con più persone c’è contaminazione, mettere un’idea al centro e lasciare che prenda completamente un’altra direzione e restare stupiti del risultato.
A chiudere: anche il video di “Pocket Shapes” mi rimanda ad una certa scelta inglese che spesso abbiamo ritrovato anche nel rock.
Onestamente sperimentando con alcuni software video, mi sono imbattuto in una serie di idee che hanno preso forma mentre ci lavoravo, senza partire da riferimenti o dal desiderio di assomigliare a qualcosa.