– di Ilaria Pantusa.
Foto Giuseppe Maffia/Rock in Roma –
Scrivere di un concerto dei Subsonica, per una che, facendo il suo ingresso nell’adolescenza, si scatenava al ritmo di Nuova Ossessione e, in qualche modo, già ci ritrovava parti di sé significa cercare di tenere insieme più pezzi. Entrano in gioco questioni che hanno sì a che fare con la musica, ma che poi da questa si dipartono in direzioni che spesso sfumano in ricordi di vite passate e in momenti vivi e presenti. E allora il protagonista è il cuore, che alle orecchie è collegato in un pulsare continuo, che va a ritmo di musica, lo sentono anche le gambe che saltano e le braccia continuamente levate in cielo, come a volerlo toccare almeno per una sera, insieme a migliaia di persone che sono lì apposta per ritrovare quelle parti di loro cristallizzate in un nome: Subsonica.
Cuori che battono insieme a quello operato da poco di Samuel, che non dovrebbe, ma si scatena sul palco, cuori che battono insieme a quello di Boosta, che si arrampica sulle sue tastiere, ci balla e le assalta, cuori che battono insieme a quello di Ninja, Vicio e Max.
Non sono frantumazioni di un attimo che passerà le oltre due ore di musica che i Subsonica offrono al pubblico del Rock in Roma in quel dell’Ippodromo delle Capannelle, ore durante le quali il gruppo torinese riesce a suonare i brani dell’ultima fatica, 8, e a celebrare i vent’anni di un disco che ha segnato un’epoca all’interno del panorama della musica italiana, Microchip Emozionale, inframezzando il tutto di pezzi recenti e non solo, in un continuo ed esaltante contatto tra band e pubblico. Sono tante infatti le volte in cui Samuel incita i presenti ad alzare le mani, a saltare e ballare, a cantare insieme a lui, e sono anche tanti gli interventi volti a ringraziarli e a ricordare il rapporto con Roma e con gli amici musicisti romani che tante volte li hanno accolti “quando”, scherzando dice “le fidanzate ci lasciavano”. E a questo proposito non mancano gli ospiti: Daniele Silvestri entra in scena sulle note di Liberi tutti, Claudio Coccoluto viene chiamato sul palco prima di suonare insieme Il mio D.J., non senza regalare prima un assaggio dei suoi pezzi.
Se la prima parte del concerto si apre con Bottiglie rotte, proseguendo poi con Up Patriot To Arms e Discolabirinto, ed è principalmente dedicata ai brani di 8, che nella veste live acquistano ancor più spessore, rivelandosi per quello che sono, ossia canzoni degne di un gruppo dal cuore elettronico e l’attitudine rock, pronto a dare il proprio meglio su un palco, dopo una breve pausa la seconda parte è tutta dedicata alla celebrazione dei vent’anni di Microchip Emozionale, l’album che ha consacrato i Subsonica a queste peculiarità. Un disco che la band ama molto, non senza quel dolceamaro tipico di chi si è sentito dire troppo spesso che “eh però quel disco” non è stato bissato (come cantano più tardi in Benzina Ogoshi). Ma per quanto Microchip Emozionale sia stato “una grande rottura di cazzo” a causa di ciò, suonarlo per intero ha dato a queste affermazioni la forma di una dichiarazione d’amore, non solo per il disco in sé, ma anche per tutto il percorso fatto insieme ad un pubblico che li ha sempre molto amati e rispettati, ora come vent’anni fa. Forse sono mancati alcuni brani degli album più recenti, per dare un quadro più completo di questi oltre vent’anni di carriera durante i quali i Subsonica sono sempre rimasti terrestri con lo sguardo volto al cielo, ma la chiusura con Tutti i miei sbagli e Strade ha restituito comunque un’immagine ben precisa della storia della formazione torinese: nel restare sempre sé stessa non senza sperimentare, ha mostrato quanto si possa essere ancora attuali facendo musica di qualità che intercetta le tendenze del momento e le rimescola col proprio sguardo lungimirante.