Dunque gli anni ’70 e il rock psichedelico, quello epico, quello dei concept non è andato perso. Ogni tanto fa qualche timidissima apparizione e sembra solamente rivisto e corretto nei suoni e nei modi di porsi. Ed eccolo nel lavoro bello e dannato dei vicentini The Lizards’ Invasion. E se la denominazione della band non bastasse a fornirci le giuste coordinate, allora ci pensa il titolo del disco d’esordio a levare ogni dubbio: “IN-dipendece Time”.
Dunque siamo di fronte al più alto profilo di pop che spesso prende derive post-atomiche, progressive ed epiche, per un concept album nel vero senso della parola. Un concept che sviluppa un tema lungo tutti i suoi 7 inediti. Distopica la visione di una terra in cui l’uomo torna privo di potere e di denaro, privo di supremazia e di egemonia. Ogni brano ha questa particella “IN” in evidenza a segnare il bisogno di “IN-pattare”, “IN-trodursi”, con il proprio vissuto e tutto quel che pensa della quotidiana attitudine dell’uomo. Siamo a due passi dalla rivoluzione o forse siamo eternamente destinati alla resa omologata della specie. Il concept rock che oggi si fa dolce di arrangiamenti elettronici e di soluzioni che non hanno tempo e geografia precisa. In rete i video ufficiali di ogni capitolo della storia.
Finalmente si torna a parlare di concept album. Perché secondo voi si è persa questa forma disco?
A nostro parere, probabilmente il fatto è dovuto alla necessità sia per il musicista che per l’ascoltatore di avere a che fare con musica più di impatto, incisiva, bidimensionale. Questo non è per forza una cosa negativa: le intenzioni magari sono diverse, ma non per questo un tipo di musica è più “giusto” rispetto ad un altro. C’è poi da dire che forse è proprio il concetto stesso di “concept album ad essere stato ridimensionato: anziché riferirsi al racconto di una storia (come nel nostro caso) o di un argomento approfondito attraverso la musica e le varie tracce, adesso si predilige la scelta di una tematica di fondo all’album che faccia da fil rouge per i brani che lo compongono. Per alcuni aspetti, la differenza è davvero sottile.
E quindi cos’ha spinto voi a scegliere di fare un concept?
Il bisogno di omogeneità: veniamo da un passato molto variopinto, fino a prima di “INdependence time” ci siamo cimentati in generi diversi, passando anche da sonorità funky al progressive rock e a causa di questo, non siamo mai riusciti ad etichettarci con un unico genere. Abbiamo pensato che, proponendoci una storia da ripercorrere musicalmente, oltre all’aspetto filosofico-letterario che comunque sentiamo appartenerci, avremmo anche potuto ottenere una linea guida da seguire durante la composizione delle canzoni, appropriandoci di quella uniformità che ci mancava. E così è stato, nonostante ancora non siamo in grado di dare un nome alla nostra musica (non che la cosa ci dispiaccia, anzi), sicuramente c’è un evidente cambiamento in questo senso rispetto ai lavori precedenti.
A questo punto vi chiedo: perché non uscire anche in vinile?
Il vinile è una realtà che è tornata in voga ai giorni nostri e questo è sicuramente interessante. Purtroppo, non essendo ancora una band emergente affermata, certi costi di produzione non possiamo permetterceli. Siamo comunque contenti del packaging del nostro disco e del booklet che siamo riusciti a realizzare; ad ogni modo pensiamo che, almeno per quanto riguarda i giorni presenti, gli ascolti maggiori vengano comunque effettuati in streaming
Direi che il tema portante è un’ambizione – anzi un’utopia – davvero interessante. Da dove nasce?
L’ idea di base era quella di prendere un prototipo di storia “già sentita’’ e rimodificarla secondo un aspetto nuovo. In effetti, il tema della rottura di un equilibrio a causa dell’arrivo di un disturbatore è un prototipo di storia conosciuto, reinterpretato più volte. Noi abbiamo cercato di rinnovarlo appunto raffigurandolo in un mondo utopico immaginario, quasi un eden, rapportandolo ad una dimensione più intima ed interiore. Per questo infatti il titolo ogni traccia del disco inizia con la particella “IN”: l’ascoltatore deve guardarsi dentro, la musica deve penetrare all’interno di ognuno, attuando da lì un’opera di immedesimazione. Ci rendiamo conto che questi concetti possono sembrare estremamente astratti e anche a noi è parso così, è per questo che oltre a questi elementi abbiamo pensato di far corrispondere la realtà in cui viviamo noi al mondo immaginario successivo all’arrivo dell’INsider (l’entità che stravolge negativamente il mondo utopico), sfociando alla fine della storia (con la traccia INcredible) anche in una morale indirizzata agli ascoltatori.
Per chiudere parliamo di letteratura: in genere progetti così estesi affondano gli artigli in qualche tipo di lettura. Per voi è accaduto?
In un certo qual senso, si. Per una parte della storia e delle tematiche ci siamo ispirati al romanzo “L’Invasione degli Ultracorpi” di Jack Finney, una lettura in cui si è successivamente cimentato ciascuno di noi della band soprattutto dopo aver deciso in linea generale il concept a cui ci saremmo dovuti ispirare.