Inizia la quarta edizione del TOdays, il festival di Torino che anche quest’anno raccoglie nel capoluogo piemontese artisti internazionali e non per un week end di musica di altissimo livello.
Mentre sbrighiamo le formalità di rito per ottenere il magico press pass, già da fuori la zona concerti ci raggiunge la chitarra inconfondibile di Adriano Viterbini graffiando e mettendoci addosso quella smania pre-party che esploderà di lì a pochi minuti, non appena saremo in grado di poter osservare da vicino i Bud Spencer Blues Explosion. Sono una maledetta garanzia, alzano il volume e l’asticella media della qualità dell’esibizione fin dalle primissime battute:sfoderano alcuni brani del nuovo album (“La donna è blu” è qualcosa di dinamitardo) e si lanciano in lunghi strumentali, in alcuni momenti è evidente che Jack White si sia impossessato temporaneamente del chitarrista capitolino, e a Petulicchio non resta altro da fare se non provare a stargli dietro, sdoppiandosi e facendo il lavoro di un’intera band. Stanno per scendere dal palco, ormai la performance è andata (e pure molto bene!), però che fai, rinunci a fare una cover dei Chemical Brothers? Giammai! Ed è quindi sulle note di “Hey Boys, Hey Girls” in salsa BSBE che si chiude la prima esibizione.
Niente male come inizio.
Intanto il sole cala, ormai al tramonto assistiamo ad un febbrile cambio palco, la gente aumenta, si ammassa e aromi non equivocabili riempiono l’aria: mi sa che sta per passare un trance di nome King Gizzard & the Lizard Wizard, ricevo conferma della supposizione non appena vengono posizionati due drum set uno di fronte l’altro. Già il soundcheck ci dà l’idea di quello che succederà di lì a poco, la voglia di suonare del gruppo è tanta e il pubblico li aizza con grida e incitamenti ad ogni nota emessa dagli strumenti, tutti aspettano gli australiani e loro ci accontentano di buon grado: già dai primi power chord parte il pogo selvaggio (prerogativa esclusiva delle prime file, neanche fosse la Curva Nord), mi accorgo solo allora che la calca è impressionante, mi volto verso l’ingresso e noto che le persone saranno perlomeno triplicate, ci si muove a stento. Erano attesi come pochi e non hanno deluso neanche un fan, a giudicare dalle reazioni.
C’è il tempo di un panino e circa un’oretta di riposo: la calma prima delle star della serata.
Ore 22.30 circa salgono sul palco i The War On Drugs che producono l’effetto mosca sul miele sulla gente ancora alle prese con file ai Sebach e pinte di birra. Loro sono spaziali. Davvero poche volte ho potuto apprezzare una presa simile su un pubblico così eterogeneo: tutti a fissare Kurt Vile che alterna arpeggi, cantato e assoli con una naturalezza che ti fa rabbia, fa fare un lavoro da fondista al roadie addetto al cambio chitarre, e quando gli mette in mano la Gretsch White Falcon è arrivato il momento di partire con “Strangest Thing” e lì ci ha incantato tutti, uno di quei momenti in cui vorresti avere il tasto “play again” per risentire l’esibizione un altro paio di volte, e commuoverti per lo stesso numero di passaggi, ma non c’è tempo.
Si sono fatte le 23.30 ed è ora di trasferirsi all’Ex Fabbrica INCET dove ci aspettano a braccia aperte i Coma_Cose a suggellare una giornata lunghissima e fitta di musica di alto livello. Loro sono loro, fanno lo sporco compito che si sono assegnati: fomentano la folla e chiedono un po’ di urla in cambio. Noi ci proviamo, reggiamo ma non urliamo, anche perché l’età è quella che è e l’orario non aiuta, con i residui di lucidità che ci restano raggiungiamo casa, pronti ad affrontare una nuova battaglia l’indomani.
Edoardo Biocco
Marco Francini