– di Martina Rossato –
Frada, Francesco D’Agostino, è un cantautore di Avellino. Dopo aver pubblicato il suo primo singolo nel 2019, “Felpa blu”, ha deciso di portarlo a X Factor. Esce ora il suo nuovo singolo, “Mosca”, nonché il suo esordio con Polydor. Il brano rappresenta uno sfogo nei confronti di una relazione in cui Francesco non si è sentito se stesso al 100% e un invito a “fregarsene” di quello che pensano gli altri. Abbiamo fatto due chiacchiere per parlare della sua esperienza sul palco di X Factor e del suo nuovo singolo.
Qualche tempo fa ho avuto il piacere di intervistare cmqmartina. Quando mi hanno detto che c’era la possibilità di intervistare te, che sei passato dallo stesso ambiente di X Factor, sono stata strafelice. Comincerei col chiederti come è stata la tua esperienza su quel palco e cosa ti abbia spinto ad arrivare lì.
Avevo preso la decisione di portare la mia musica fuori dalla mia cameretta già da tempo: il mio primissimo singolo, “Felpa blu”, è uscito nel 2019. È lo stesso che poi ho portato a X Factor. Cercavo già di far arrivare la mia musica a più persone possibile e quando mi ha contattato uno scout di X Factor ho pensato: «Perché no?». È una grandissima vetrina e il programma permette di crescere come persona. Una delle cose positive dell’esperienza a X Factor è stata il conoscere altri artisti, capire quanta gente fa musica in Italia: ci sono tante persone che hanno progetti validi ma magari non emergono. Sono contento di aver conosciuto quella realtà. X Factor è un’esperienza che mi ha permesso di prendere la mia strada, ma senza essere troppo incanalato.
Una delle cose che ti volevo chiedere è se ti è rimasta qualche conoscenza da quell’esperienza, sia da un punto di vista personale e delle amicizie che per quanto riguarda collaborazioni artistiche.
Ho conosciuto molte persone, anche nelle fasi che non vanno in TV. Ci sono molti ragazzi davvero forti che vengono scartati prima dei bootcamp, prima della parte televisiva. Per esempio, ho cosciuto Huma e ogni tanto ci sentiamo ancora. Non ho conosciuto molti di quelli che alla fine sono andati avanti. Mi sento molto cresciuto dopo X Factor. Ogni esperienza lascia molto a livello di crescita, e questa mi ha permesso di trovarmi con dei professionisti, di suonare live, di vedere la risposta delle persone alla mia musica.
Allora eravati piccoli, acerbi; ora come ti senti? Dove ti vedi all’interno del panorama musicale italiano? Ti senti accolto da questo grande mondo?
In qualche modo si è sempre acerbi, c’è sempre l’occasione di crescere. Poi credo che la musica, che è molto legata alle sensazioni e alle emozioni, sia molto periodica. Mi è capitato di fare per mesi un genere e poi cambiare. Anche per questo è difficile collocarmi da qualche parte nel panorama musicale. Però sì, mi vedo nel panorama italiano, anche se magari non nel breve periodo. Per ora è uscito “Mosca”, poi si vedrà. Tempo al tempo.
A proposito del tuo singolo, mi sembra che tu abbia tirato fuori moltissima energia in questo nuovo brano. Se prima eri un pochino più “nostalgico”, più triste anche, qui trovi invece una parte più energica, un po’ meno da “bravo ragazzo”. Insomma, dimostri di essere più consapevole di te stesso.
Sì, ho trovato il modo di esprimermi e ho trovato il mio modo di scrivere. Prima scrivevo e anche se quello che scrivevo non mi rappresentava al 100% ma era bello e funzionava, mi andava bene così. Ora punto molto di più sullo scrivere cose che mi rappresentino. Credo che l’unico modo che abbiamo per emergere sia dimostrare di avere originalità. Quindi non voglio più cercare di fare cose conformi agli altri. Non voglio che il mio lavoro diventi più banale.
Cosa volevi esprimere con “Mosca”?
“Mosca” è nata a dicembre, avevo qualche verso scritto sulle note dell’iPhone. «Scusami se non sono stato il tipo da portare a casa» è una frase nata da una relazione che ho avuto e nella quale mi sono reso conto di non essere stato me stesso al 100%. Secondo me devi fregartene di quello che pensano gli altri, fare quello che faresti per te stesso. Se una persona di ama, ti accetta, non hai bisogno di far finta di essere qualcun altro. Era quello il concetto che volevo esprimere, il resto è venuto da sé.
Simpatica la cosa che dici sulle note dell’iPhone. Ormai funziona così!
Sì! È una cosa che faccio continuamente: magari quando sono in giro mi viene in mente una frase, la segno sulle note e la lascio lì. Quando sono in studio o a casa, la riprendo e comincio a cantarla. Prima questo accadeva di meno. Anche per questo dico che è cambiato il mio modo di scrivere. All’inizio, nei miei primi pezzi, mi mettevo al piano e scrivevo, totalmente di getto. Ma i pensieri erano meno originali, anche la forma col tempo si è affinata. Poi scrivere mi permette di scoprire sempre cose nuove di me.
Senti che quello che scrivi ora è più spontaneo?
Esatto, magari prima scrivo qualcosa già col pensiero che dovesse essere bella e che qualcuno la avrebbe dovuta apprezzare. Non mi concentravo sul fatto che rappresentasse i miei gusti. Col senno di poi, questa roba mi ha portato a scrivere cose nelle quali mi rispecchiavano di meno; di conseguenza, mi rivedevo meno anche in chi mi ascolta, nei miei fan. Per rendere questo progetto mio in tutto e per tutto dovevo metterci me stesso, sbloccandomi. Sono super soddisfatto dei passi che sto facendo e di quello che sto scrivendo.
Progetti per il futuro?
Sto facendo diverse collaborazioni, con produttori, ho un bel po’ di pezzi da parte. Vedremo come posso sfruttare al meglio queste canzoni!
Un’ultima curiosità: quando hai cominciato a suonare?
Ho iniziato a suonare la chitarra quando avevo nove anni. Alle elementari, la mia maestra mise su un gruppo che suonava folk. Con quel gruppo giravamo l’Italia. Al tempo eravamo anche un po’ costretti a fare questa cosa, ma mi ha permesso di trovarmi sul palco già da piccolo, è stata un’esperienza importante. Ho iniziato a fare pezzi miei nel 2019. Fino a quel momento ero molto più acerbo a livello musicale e di voce. Non ho mai studiato canto e facevo fatica a controllare la voce. Poi col tempo, ho cominciato a fare qualche live, all’inizio nella mia ex scuola ad Avellino, poi in piazza e in apertura a concerti, come quelli di Franco126 e di Venerus.
Comunque, credo che l’ambiente dove sei sia quello che ti forma e ti spinge a fare quello che fai. Io vengo da Avellino. Si è creato un gruppo composto da vari artisti. Facciamo anche generi diversi, ma è bello confrontarci, tanto che e a volte scriviamo anche pezzi insieme. Con i ragazzi ci incontriamo anche in studio e capita che ci completiamo i pezzi a vicenda. Pensiamo che dove c’è confronto, c’è più obiettività. Tra l’altro una cosa che trovo simpatica di Avellino, in generale, è che il mainstream avellinese mi sembra un po’ diverso dal mainstream di tutta Italia. Per dire, gli artisti più in voga ad Avellino sono Mecna, CoCo… artisti che su scala nazionale magari non sono così tanto ascoltati; il primo ad uscire da Avellino è stato Ghemon. Insomma, non c’è moltissimo ad Avellino, ma almeno c’è buona musica!