– di Riccardo Magni –
Il 2 Giugno scorso è uscito il brano “Cosa rimane” firmato da Emilio Stella e Er Pinto.
La data di uscita non è casuale e coincide con l’anniversario della morte di Rino Gaetano, da cui il brano è ispirato ed a cui è dedicato.
Non è la prima collaborazione tra i due. Emilio Stella, cantautore romano con già una discreta esperienza alle spalle (qui tutto quello che abbiamo già scritto su di lui), “solo” due dischi tra il 2011 ed il 2018 (Panni e scale il primo, Suonato il secondo) ma nel mezzo un’attività fervente fatta di concerti, canzoni, collaborazioni, singoli diventati famosissimi, nonché spettacoli teatrali. Uno di questi creato proprio con Er Pinto e Ariele Vincenti: “Tutte le Strade Portano ar Core” un viaggio in musica e poesia che parte dalla periferia per arrivare al cuore pulsante della città di Roma.
Er Pinto è un poeta anonimo, nato al Trullo, quartiere periferico di Roma, che inizia nel collettivo Poeti der Trullo nel 2010, ne esce sei anni dopo, scrive i suoi testi online e sotto forma di Street Poetry sui muri della città, ha pubblicato nel 2017 il suo primo libro dal titolo Il Peso delle Cose – raccolta del poeta anonimo contenente circa 50 inediti più una sezione fotografica dedicata agli Street Poetry (attualmente in vendita online in tutte le librerie d’Italia). Ed è attivissimo in tante attività artistiche ed editoriali, urbane e tradizionali, sia da autore che da organizzatore. Ha scritto le sue rime per le strade di Roma, Milano, Praga, Parigi e New York ed ha collaborato con artisti romani del calibro di Piotta, Colle der Fomento, Rancore… Una sua poesia compare anche in un video di Ligabue.
Due figli di una Roma alternativa, viva e attiva culturalmente ed artisticamente “dal basso”, che tramite due percorsi diversi ma simili si sono trovati a collaborare per le loro affinità di pensiero, tra cui la passione comune per Rino Gaetano.
Li abbiamo incontrati insieme in una delle primissime uscite romane post lockdown per una chiacchierata che partendo e finendo dal loro ultimo brano, non poteva che toccare i principali temi dei nostri giorni.
È un pezzo ispirato da Rino Gaetano e dedicato a lui. Ma in una maniera particolare: dite di aver immaginato di duettare con lui. Come nasce quindi questa canzone?
Emilio: Durante il lockdown, eravamo in quarantena, ci siamo videochiamati spesso. Una volta parlando di Rino Gaetano, Er Pinto ha detto “sai, fontana chiara un poco dolce un poco amara, sarebbe bello continuarla”. Abbiamo interpretato questa frase ed entrambi abbiamo pensato che fosse un po’ la metafora della vita: la fontana come fonte di vita, un poco dolce e un poco amara come la vita di ognuno.
Però, perché proprio quel pezzo di Rino Gaetano? Così ermetico, particolare, fatto di una sola frase…
Er Pinto: Tutto nasce dal concetto di quarantena, che chiaramente e giustamente è stata vista in un senso negativo, a partire dalle morti per arrivare alla privazione della libertà e tutte le sfumature soggettive, ma personalmente ci ho trovato anche del buono. E “fontana chiara un poco dolce un poco amara” è si una delle frasi più ermetiche di Rino Gaetano, ma allo stesso tempo è anche molto aperta: è uno dei testi più ermetici della musica italiana, dice una sola cosa, ma così facendo apre un mondo. Ed anche la musica, come dice Emilio, è una musica eterea che ti porta a pensare, sembra come se Rino avesse voluto dire tante cose che non ha detto, come del resto in tante altre canzoni, ma qui il messaggio sembra proprio essere “non serve aggiungere altro”.
Emilio: Esatto, in quella circostanza tanto è stato comunicato con la musica invece che con il testo. E quella musica, per noi, ne ha ispirata un’altra.
E parlando di ispirazione, come avete scelto quel titolo? Cosa vi ha portato a chiedervi “Cosa rimane”?
Emilio: Il titolo è stato deciso dopo aver finito il brano, l’ispirazione da quel punto di vista è stata assolutamente libera. Mi sono approcciato al pezzo scrivendo proprio su un foglio “fontana chiara un poco dolce un poco amara” due punti, “di ogni poesia sei la sorgente”. E da lì in poi si è sviluppato il testo. Poi Er Pinto ha scritto tutto il blocco del ritornello che si apre con “cosa rimane di buono?” e questa domanda, una volta ultimato il testo, abbiamo pensato che fosse un po’ il fulcro di tutto. Ancora una volta, proprio come la vita che ti mette davanti a delle domande.
La figura di Rino Gaetano poi, al di là dei suoi meriti artistici, è diventata un simbolo. Mi colpisce e mi incuriosisce sempre molto la capacità di ispirare e la grande ammirazione di cui alcune figure godono, da parte di persone come noi che di fatto, per questioni insindacabilmente anagrafiche, Rino Gaetano che è morto nell’81, non lo hanno vissuto. Com’è per voi? Come vi siete avvicinati a lui?
Er Pinto: Rino Gaetano è uno di quei cantautori che voleva dire tante cose in un periodo in cui non potevano esser dette in un determinato modo. E se riesci a capire questo livello in più, se ne sblocchi il contenuto, come in un videogioco, ti apri poi un mondo. Che è un mondo di denuncia di tante cose che in realtà sono attualissime anche se lui ne parlava già negli anni ’70. L’ambiente, la politica, la gestione amministrativa italiana, tutte tematiche che con il tempo sembrano essere diventate sempre più attuali. E lui sembra aver letto nel futuro, ma in realtà ha letto semplicemente nel suo presente, in un periodo storico in cui queste cose non potevano esser dette. Oggi sono sempre meno i cantautori, gli scrittori, i personaggi pubblici diciamo, che anche tramite i social con il loro seguito avrebbero la possibilità di dire tante cose, tendono a dire sempre meno. In un periodo in cui ci sarebbe la massima libertà di espressione, si dice sempre meno, invece in un periodo in cui ce n’era pochissima, Rino Gaetano era tra quelli che provava a dire qualcosa, a portare l’attenzione verso certe cose su cui magari anche altri cantautori di quell’epoca si esprimevano, ma lo facevano in maniera politicamente stereotipata.
Del resto era il tempo delle ideologie e dei relativi schieramenti. Era o di qua o di là.
Emilio: Si, e oggi si tende a dire di Rino che “stava avanti”. Ma secondo me non è tanto che lui stava avanti, piuttosto è l’Italia a non essere mai cambiata sotto certi aspetti.
A livello personale il rapporto con Rino Gaetano è iniziato da bambino, grazie a mio nonno, che è stata la persona che mi ha “iniziato” anche costruendomi la prima chitarra. C’erano a casa le cassette di questo cantautore calabrese, perché le origini della mia famiglia sono calabresi ed era anche una questione di legame affettivo. L’ho quindi vissuto quasi come uno di famiglia e mi sono proprio affezionato a lui come avrei potuto fare con un familiare. Poi crescendo, come diceva Er Pinto, ho iniziato ad interpretare i suoi testi e quello che voleva dire ha acquisito un significato sempre diverso. Mi ha insegnato molto, più che nella musica e nello scrivere canzoni, mi ha insegnato a guardare la società con un occhio diverso, a sedermi da un’altra parte e scrutarla da una diversa prospettiva.
Er Pinto: L’insegnamento è a guardare la società con una visione super partes e molto critica, era questo il suo modo di osservare.
Emilio: Esatto, e soprattutto poi, mi ha insegnato che si può parlare di cose pesanti con leggerezza, che in fondo è la chiave per comunicare un messaggio importante a tutti, anche a chi non ha voglia di ascoltare messaggi pesanti.
Che poi, è la base dell’ironia…
Er Pinto: Infatti, ma poi spesso quello che succede parlando di Rino Gaetano è che venga identificato come il menestrello ironico, anche nelle varie interviste che abbiamo modo di vedere online noi che appunto non lo abbiamo vissuto, ed ogni volta l’immagine che passa è quella del menestrello ironico, no sense, ed a guardarla con gli occhi del 2020 quella censura verso determinati argomenti è molto evidente, e non erano temi complessi ed oscuri da primo complottismo, ma semplicemente denuncia su degli aspetti della società.
Ci ricordiamo dell’intervista con Costanzo, o quella con Boncompagni in cui parlando dell’UFO (quello a cui non credeva Gianna, che invece aveva un fiuto eccezionale per il tartufo – ndr) lui non lo fa esprimere e gli dice “vabbe’ l’hai messa solo perché faceva rima” e lui alla fine è costretto a dire di si.
O un’altra insieme a Gianni Morandi in cui Rino fa una battuta sui ministri, e Morandi guarda in regia come a dire “ma questo che ha detto in diretta!”, quando era una semplice critica ironica.
In qualche modo il suo è stato uno dei princìpi della satira in musica, solo che in quel momento storico non era concepibile che in TV si potessero dire cose del genere.
Emilio: Per quanto riguarda noi, e chiudo poi il discorso, abbiamo la fortuna di avere questa componente di ironia che fa parte del nostro carattere, quindi questa affinità con Rino si manifesta in maniera naturale anche e soprattutto al di là di questo pezzo.
Nel momento in cui Er Pinto parlava di questo come il momento in cui c’è massima libertà di espressione però, tu (Emilio) hai scosso la testa.
Emilio: Perché non è vero, e ce lo dimostra semplicemente il fatto che abbiamo provato a sponsorizzare il brano sui social con l’illustrazione realizzata da Yest, un artista bravissimo che ha realizzato la copertina, che raffigura una donna nuda, è un disegno. Ci è stata censurata perché raffigurante un’immagine di nudo. Quindi oggi come oggi stiamo vivendo un momento di censura forse maggiore di quella in atto negli ’70 e ’80, quando ad esempio nel cinema certe immagini e certe espressioni non davano assolutamente fastidio a nessuno.
Er Pinto: In quel caso però per certi versi io credo sia un miglioramento, se certe espressioni dette in un determinato contesto possono infastidire qualcuno è bene che non siano più usate.
Quello che io intendevo in realtà, è che ci sono tante persone che hanno un grande seguito e che potrebbero dire molto, e l’impressione data soprattutto dai social network è che ognuno possa finalmente dire ciò che vuole, quindi chi ha molto seguito potrebbe dire la sua su determinati argomenti ed essere ascoltato. Un esempio vicino a noi che si è palesato di recente anche con la famosa frase di Conte, è la considerazione a livello politico che si ha del mondo artistico, o dell’editoria. E alcuni personaggi che sono seguiti da centinaia di migliaia di persone sui social, milioni addirittura, potrebbe dire molto di più.
Emilio: Questo te lo dimostra anche il fatto che chi fa grandi numeri, ha scelto generalmente di rimandare i tour di un anno, di fatto mandando un messaggio che sotterra tutto quel mondo della musica che non riempie palazzetti e stadi. Mi sarei aspettato da qualche artista più grande una scelta del tipo “non possiamo fare una data con migliaia di persone in un posto solo, facciamo allora dieci date in un posto più piccolo”. Non lo ha fatto praticamente nessuno perché probabilmente loro possono permettersi di stare un anno fermi. Ma noi no.
Ci siamo incamminati nella discussione sui temi trattati via social network e come si esprime quel tipo di comunicazione. Quindi non rischiamo di andare troppo fuori tema se parliamo di un argomento importante, che sta quasi monopolizzando l’attenzione mediatica, come quello delle proteste e delle rivendicazioni partito dai neri americani ed arrivato in tutto il mondo, anche attraverso i social.
Er Pinto ha scritto anche dei versi riguardo l’uccisione di Floyd.
Come mai, rispetto a molti altri casi simili, in questo il coinvolgimento è stato così largo? Cosa ha smosso così tanto l’opinione pubblica? E quanto poi questo coinvolgimento resta aderente alla causa o devia diventando “solo” un fortissimo trend social?
Er Pinto: vediamola in una maniera complessiva di quello che è successo nel 2020. Venivamo da un periodo di lock down in cui in qualche modo le persone sono state private della libertà, a un certo punto arriva un video: George Floyd che viene assassinato in maniera plateale.
Mi ricollego al discorso di prima dicendo che spesso per far scattare la scintilla, ci vuole la goccia che faccia traboccare il vaso, che le persone hanno bisogno di essere sensibilizzate, ma siamo iper esposti da questo punto di vista quindi anche la sensibilità poi si attenua e c’è bisogno di un video talmente diretto, talmente crudo, per smuovere questa sensibilità.
Emilio: la differenza rispetto a tanti altri casi credo sia proprio questa, qui non c’è possibilità di sviare, di interpretare, la realtà è quella e con quel video che ti mostra esattamente quello che è successo ti arriva in maniera diretta.
Er Pinto: Esatto, rispetto a tanti altri casi che ci sono stati in Italia ad esempio. Ma in America ancor di più, perché il problema della violenza della polizia per difendere non si capisce bene cosa è una dinamica ormai storica, un problema sociale. Quindi la ribellione diventa contro la società, contro lo Stato. E c’è una linea sottile, se la persona uccisa fosse stata bianca non sarebbe stato diverso per quanto mi riguarda, si sarebbe comunque trattato dell’assassinio di un uomo, però qui la questione è razziale. Ne viene una ribellione anti razzista che combatte contro qualcosa che è contrario ai diritti umani nella loro totalità. E che ci sia bisogno di creare questa distinzione, che si debba parlare ancora di diritto del nero rispetto al bianco, ci dice che il razzismo c’è ed è intrinseco.
Quindi spero proprio che possa essere il momento giusto per arrivare a determinati cambiamenti e, se certi trend social possono fare in modo che le persone vengano veramente sensibilizzate, ben venga.
In America si sta facendo una rivoluzione civile e nessuno ce lo dice con chiarezza, a noi arriva per canali trasversali come appunto i social, ma è una rivoluzione civile a tutti gli effetti: non esistono più le rivoluzioni in cui le persone scendono in strada col fucile, questa nel mondo di oggi, è una rivoluzione civile.
E in Italia?
Er Pinto: In Italia abbiamo assistito anche a manifestazioni destroidi che sono scadute nel ridicolo. In questi casi diventa anche difficile schierarsi, perché il livello è veramente troppo più basso delle cose di cui stiamo discutendo.
Purtroppo è un’epoca piena di incoerenze personali che ci tengono lontani dalle possibilità di un reale cambiamento. Non puoi andare in piazza a fare il rivoluzionario mentre in realtà hai casa tua, mangi, bevi e stai bene. Tramite i social hai la percezione di poter dire la tua e metti la foto nera con l’hashtag pensando così di stare partecipando alla rivoluzione. In realtà non hai cambiato niente. Però hai dato il tuo messaggio e come dicevamo, se le persone attraverso questa sensibilizzazione arrivano a una presa di coscienza che dalla singola persona potrebbe cambiare il mondo, ben venga. Ci sono mille esempi. Se nessuno ci avesse mai detto che buttare le cose a terra inquina, noi magari avremmo continuato a farlo tranquillamente. Ma nel momento in cui siamo stati sensibilizzati, e sappiamo che buttare un bicchiere di plastica per terra significa inquinare per i cinquanta anni che ci mette a deteriorarsi, se siamo persone intelligenti cerchiamo di non farlo. Ecco in che senso una rivoluzione parte dalla presa di coscienza e da se stessi.
Concludiamo, tornando su questo vostro brano in collaborazione. Sarà qualcosa a se stante o fa parte di un progetto più ampio?
Emilio: È intanto qualcosa che farà parte del nuovo disco a cui sto lavorando, che appunto rappresenta per me una ricerca personale: a differenza dei lavori passati in cui principalmente guardavo al di fuori, ho raccontato il mondo che mi circondava, in questo caso sto guardando dentro di me, sto raccontando un mondo più interno. Piano piano, usciranno altri singoli che andranno poi a comporre questo disco e il discorso diventerà più chiaro.