– di Riccardo Magni –
Federico Fiumani è uno che non le hai mai mandate troppo a dire, soprattutto nei dischi. Tralasceremo qui la “vicenda Genova” ampliamente dibattuta e non certo di poco conto, ma Federico Fiumani e i Diaframma sono principalmente, potremmo dire quasi unicamente, musica. E non certo dalle settimane in cui sono saliti alla ribalta della cronaca per quella brutta storia, ma da circa quarant’anni.
Diaframma è il nome della scena indipendente italiana (“indie” con l’accezione attuale, non riesco proprio ad utilizzarlo) ancora in attività con la storia più lunga alle spalle ed il nuovo album di inediti è il ventesimo in studio. Fiumani ha deciso di chiamarlo L’abisso, perché, dice: “fra un anno e mezzo ci finirò dentro, visto che compirò 60 anni, entrerò ufficialmente nella vecchiaia, un abisso dal quale non si esce più. E poi L’abisso è quello dove secondo me sta sprofondando l’Occidente, sempre più schiavo e al servizio della tecnologia e del potere economico“.
Un disco che definire maturo sarebbe quindi scontato al limite del ridicolo.
Nell’album non manca praticamente nulla: il rapporto doloroso e sfuggente con l’amore, l’esistenzialismo, temi attuali come l’emigrazione raccontati con il ricordo degli italiani in viaggio verso l’America (Ellis Island, 1901), critica sociale, ed anche un’analisi amara sullo stato attuale del rock, I ragazzi stanno bene (miglior pezzo per i miei gusti), che è insieme una stilettata secca al mondo di talent e musica “confezionata” ed una citazione di The Kids Are Alright degli Who (1965).
Insomma, L’abisso è, sopra ogni cosa, un disco dei Diaframma. Non il migliore magari, perché data la levatura di alcuni storici capolavori avrebbe avuto del clamoroso, ma un disco dei Diaframma in tutto e per tutto: nessuna rincorsa di mode musicali, zero espedienti commerciali, la quota stilistica di Fiumani rimane inconfondibile e non ha bisogno che del suo gusto, del suo pensiero e della sua vena artistica per esprimersi.
Ed abituati come siamo ormai ad un certo tipo di suoni e canzoni, anche da vecchio fan come sono, c’è stato bisogno di ascolti ripetuti per metabolizzarne di nuovo lo stile e poi, tornare ad amarlo esattamente come sempre.
Recensione interessante.
Da fan di lungo corso dei Diaframma devo dire che il disco non mi è piaciuto musicalmente, però, per motivi di tempo e voglia, non sono andato oltre al primo ascolto. Proverò a riascoltarlo per vedere di metabolizzarlo meglio.