– di Angelo Andrea Vegliante –
Sono da poco approdati nelle scene musicali e, in pochi mesi, hanno conquistato le fasi finali del Premio Fabrizio De André. Il loro archivio musicale è in continua evoluzione e bramano desideri e speranze di chi iniziare a costruire la propria strada. Stiamo parlando degli AlterEgo, un duo emergente che, presto, pubblicherà ufficialmente nuovi singoli. Prima che ciò accada, però, conosciamoli meglio.
Prima apparizione su ExitWell, e dunque domanda di rito: chi sono gli AlterEgo e come mai avete scelto di usare questo nome d’arte?
La domanda di rito già è difficile però. Chi sono gli AlterEgo? Sono due studenti di Ingegneria Gestionale di giorno, e due cantautori di sera. Infatti uno dei motivi del nostro nome è proprio quello che la musica per noi è in un certo senso l’alterego di quello che studiamo durante il giorno, è il nostro “porto sicuro”. E un’altra ragione della scelta di questo nome è sicuramente che siamo tra di noi molto diversi, quasi opposti direi: dal punto di vista musicale, ad esempio, abbiamo Asia che ha avuto un percorso classico e ora si sta per laureare in pianoforte presso il conservatorio di S. Cecilia di Roma, e Leonardo che invece ha avuto un intero percorso da autodidatta, e si è avvicinato alla musica partendo da un repertorio country folk. Lui si è poi dedicato alla scrittura di canzoni ed è entrato nel mondo del cantautorato. Quando abbiamo iniziato a fare duo, ha fatto riscoprire anche ad Asia un suo lato di scrittrice e cantautrice che, fino ad allora, aveva tenuto nascosto a tutti, e così abbiamo iniziato a scrivere insieme. E sebbene le differenze, ci siamo trovati benissimo, meglio di quanto non avremmo potuto fare da soli.
In voi convivono due anime che, musicalmente parlando, sembrano diverse. Come fate a bilanciarvi?
È vero, e non solo musicalmente. Potrebbe sembrare che queste differenze possano crearci uno svantaggio, invece sono proprio il nostro punto di forza: ci sosteniamo, ognuno completa e arricchisce l’altro, e anche le nostre voci, per quanto molto diverse, quando risuonano insieme diventano una cosa sola. Non sappiamo darci una spiegazione, è nato tutto molto spontaneamente, suonando e, soprattutto, scrivendo abbiamo trovato una nostra dimensione che esalta le caratteristiche di entrambi.
Recentemente siete approdati alle finali del Premio De André, ottenendo comunque un ottimo piazzamento per un duo che, al momento, è poco noto. Quali sono stati le emozioni vissute e cosa ne avete tratto da questa esperienza?
Questa è una cosa a cui teniamo particolarmente, eravamo davvero molto emozionati, soprattutto pensando che in gara all’inizio erano quasi 1200 partecipanti provenienti da tutta Italia. È già difficile spiegare la gioia di essere stati selezionati tra i trenta semifinalisti, figuriamoci dopo quando siamo arrivati tra i tredici finalisti che si sono esibiti all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Abbiamo conosciuto persone fantastiche tra i partecipanti, e abbiamo anche avuto l’onore di conoscere Niccolò Fabi che si è esibito poco prima di noi. Insomma, difficile da spiegare a parole. Come hai ben detto, ci siamo formati da poco e il duo non è molto noto, proprio per questi motivi l’emozione è stata doppia, anche perché Fabrizio De André rappresenta per noi quello che la musica italiana non dovrebbe mai perdere: capacità espressiva, sincerità e poesia. Essere arrivati così in alto in un concorso dedicato a questi valori per noi significa essere sulla strada giusta, significa aver raggiunto un obiettivo importante seguendo valori importanti: questo è ciò che ci ha lasciato il premio.
Siete praticamente dei ‘neonati’ della musica emergente, tuttavia in un momento dove le proposte sono veramente tante, e sembra di essere in un momento storico saturo. A vostro avviso, qual è la ricetta per emergere?
Sì questo è verissimo, oggi la musica italiana ha davvero molte proposte, ognuna, come dovrebbe, cerca di esprimere le proprie idee in termini arrangiativi o testuali nella maniera in cui si riesce a rispecchiare maggiormente. Oggi come oggi è difficile dare una “ricetta”, parliamo di musiche e canzoni che passano dall’essere amate ad essere disprezzate soltanto cambiando la fascia d’età dell’ascoltatore. Parliamo molto di “marketing”, visibilità, e tanti fattori che incidono poi sull’autore e la diffusione delle canzoni. È molto diverso, e lo sappiamo, dall’epoca musicale del sopracitato De André e di tanti come lui. Quello che cercheremo di fare noi, è sicuramente non perdere mai le nostre convinzioni e valori musicali, sperimentando e trovando nuove idee capaci di poter portare quei valori anche al mondo discografico attuale, e cercando di far arrivare la nostra musica e il nostro messaggio a quante più persone possibili. Vorremmo trovare un mix tra la storicità e grandiosità della musica del passato e la freschezza e modernità di quella attuale. Questa è la nostra sfida, vedremo cosa succederà.
A mio avviso, questa saturazione ha creato numerose accezioni per definire i generi musicali, decretando a sua volta nicchie consapevoli che si riferiscono più ai brani che agli artisti in sé (penso, ad esempio, alle playlist di Spotify). In questo marasma tecnologico, come si può arrivare dritto per dritto all’ascoltatore?
Questa cosa è una conseguenza di quanto detto sopra. Il mondo digitale è confuso e per un artista emergente non è facile farsi conoscere, bisogna capire innanzitutto questo mondo e come funziona se si vuole raggiungere il proprio obiettivo. Questa è sicuramente la prima cosa, poi sulla “strategia” da utilizzare crediamo che cambi per ogni artista e per ogni genere. Anche per quanto riguarda i diversi generi musicali la questione è interessante: per noi cantautorato, indie, pop, rock, sono dei generi che possono benissimo fondersi in un genere senza nome. Ma se una canzone è bella, che senso ha etichettarla? Secondo noi è più importante focalizzarsi sull’artista, su quello che vuole trasmettere. Il modo in cui poi questo verrà fatto sarà frutto del suo progetto, delle sue idee. Non c’ è un genere migliore di un altro. Se un brano merita, merita qualunque sia il genere di appartenenza.
Riguardo al vostro ‘archivio musicale’, quali sono i brani che vi fanno da portabandiera?
Sicuramente “Maschere” è il nostro cavallo di battaglia momentaneo. E dico momentaneo sia perché abbiamo diversi brani ancora inediti e che dovremo far uscire su cui puntiamo molto, sia perché siamo in continua fase creativa e di sperimentazione, per cui ogni nuovo brano che scriviamo potenzialmente potrebbe diventare il nostro “portabandiera”. Forse il bello di essere un duo emergente è proprio questo, che dobbiamo ancora far scoprire tutto di noi, e non vediamo l’ora.
Più che una domanda, ora vi lancio una provocazione: a vostro avviso, è possibile parlare di cantautorato moderno?
Sì. Che poi si chiami indie, pop, o in un altro modo, finché si tratta di canzoni che, come le nostre, nascono in cameretta, che esprimono le proprie idee seguendo il concetto del “cantautore”, sì, esiste. È diverso, sarà diverso perché suoni ed espressioni cambiano, ma se il concetto di base resta quello allora si può parlare di cantautorato moderno, tutto finché si ha da dire qualcosa. Quando però questo si perde di vista, e la musica inizia a non avere uno scopo comunicativo o espressivo… allora forse no.
Domanda sciocca ma onesta: quali sono i vostri progetti per il 2020?
I progetti per il 2020 sono tanti, speriamo di riuscire a portarli a termine. Vorremmo pubblicare il nostro primo singolo prima di quest’estate e magari un secondo subito dopo. L’obiettivo è quello di arrivare a più persone possibile e far arrivare le nostre idee, far piacere la nostra musica e il nostro sound, perché è ciò per cui un artista lavora ed è la cosa più importante. Per il resto, siamo in continua evoluzione e ricerca creativa! Quindi, se volete scoprire qualcosa in più, seguiteci passo passo in questo cammino.