– di Martina Zaralli –
Francesca l’intransigente, Cindy la festaiola, Marta la femme fatale. Questi sono solo alcuni dei ritratti femminili che troviamo in Amazzoni, esordio discografico dei Caltiki, uscito lo scorso 13 marzo per Area Pirata Records. Il trio romano composto da Tommaso Di Giulio (voce e basso), Giulio Filippini (chitarra) e Marco Montesano (batteria) presenta il suo primo lavoro: dieci narrazioni di donne, dieci figure molto diverse tra di loro evocate e raccontate attraverso le sfumature del rock’n’roll in dieci piccoli film di genere. Che siano figlie di vita vissuta o semplicemente immaginate, che siano psichedeliche, glam, metal o rock, le donne di Amazzoni ci portano in un’esperienza fuori dal tempo, in una danza liberatoria su un disco di successi yéyé.
Abbiamo fatto qualche domanda a Tommaso di Giulio, ecco cosa ci ha risposto su Amazzoni.
Primo album per i Caltiki e un titolo emblematico: Amazzoni. Qual è l’idea che c’è dietro il disco?
Dietro il disco ci sono tante idee. La principale è nata spontaneamente, per fare dell’album un cortometraggio in musica, visto che l’immaginario da cui attingiamo è legato al cinema, alla narrazione per immagini. Il nome Caltiki viene da un film italiano di fantascienza di fine anni ’50 e ci piaceva riunire in un mondo unico tutte le canzoni che portano il nome di una donna: questi alter ego convivono in un universo parallelo, ma simile al nostro. Dieci canzoni, con dieci donne protagoniste, che ribaltano un po’ la subalternità della canzone classica – degli anni ’50 o ’60 – in cui tendenzialmente si canta di una donna, ma parlando soprattutto di sé stessi: in questo caso è più un racconto di come queste donne, grazie alla loro modernità, classicità, sconvolgano o migliorino, o cambino semplicemente, la vita dei protagonisti che cantano. Abbiamo poi legato a ogni donna una sfumatura del rock’n’roll, inteso nel senso più lato possibile. Le nostre decadi di riferimento principali sono infatti gli anni ’60 e ’70: passiamo quindi da un brano rock’n’roll puro per tributarne le origini, come Cindy, a un brano con istanze psichedeliche beat o garage, come Marta; c’è il surf rock di Lula, fino ad arrivare a sponde più contemporanee quasi metal, come Magenta o Luna.
Da dove nasce l’esigenza di raccontare l’amore attraverso dieci ritratti di donna forti e indipendenti?
Non si parla solo d’amore, in realtà. Ci sono anche la solitudine e la differenza di classe, se ancora si può parlare di questo termine così desueto. L’amore rimane tutt’oggi il sentimento più complesso, con più sottoinsiemi, che si possa sperimentare. Come il rock’n’roll. Ma ovviamente dentro il rock, dentro il rock’n’roll, c’è il mondo: quindi abbiamo provato a prendere solo una piccola sfumatura, una piccola scheggia impazzita del rock’n’roll, e l’abbiamo assegnata un personaggio femminile diverso.
Cosa emerge dei Caltiki con questo disco?
È un biglietto da visita. È un disco nato dall’istinto, registrato maggiormente in presa diretta, in poco tempo, lavorando molto sull’urgenza espressiva sia dei suoni che della scrittura. È nato da un progetto che doveva essere di sole cover riarrangiate, nei i tempi lunghi tra un disco e l’altro e tra le date del tour del mio progetto solista. Sicuramente questo disco racconta la dimensione live dei Caltiki – che ovviamente adesso, come per tutti, è penalizzata – dal vivo, i nostri sono show molto fisici. Siamo lontani da una serie di dinamiche che sembrano quasi autoimposte da certa musica italiana contemporanea dove o sei immediatamente riconoscibile – assimilabile a un certo mondo, a un certo mood, a un certo immaginario – o altrimenti vieni espulso, purtroppo non solo dalla critica, che negli ultimi anni ho visto adeguarsi troppo al gusto del pubblico rispetto al passato quando contravveniva, contraddiva, o suggeriva strade alternative. Oggi si aspetta di vedere qual è la cosa che fa più successo nel minor tempo possibile e semmai ci si adegua al gusto del pubblico. I Caltiki se ne fregano di tutto: non si parla di whatsapp, non ci sono l’autotune e tutto un certo mondo che sembrerebbe l’unico di riferimento. Il nostro quindi è un invito a divertirsi, a lasciarsi andare, in un modo non allineato. Ecco, ci presenta come band non allineata, senza voler insegnare niente a nessuno.
C’è tra questi dieci narrazioni una che ti affascina di più, o una che vorresti solo dimenticare?
Questa domanda avrebbe una risposta se confermassi o avallassi l’ipotesi che tutte queste dieci canzoni fossero figlie di esperienze biografiche, ma questo non voglio neanche lontanamente lasciarlo intendere. Può darsi che ci siano storie completamente inventate, o perfettamente aderenti alla realtà, ma nessuno scoprirà mai la verità. Preferisco che siano le persone a interpretare più cose completamente diverse dalla stessa canzone che dare un indizio. Sicuramente, la canzone numero 7, nella sua sintesi estrema, manifesta un cambiamento estremamente positivo dopo un periodo molto buio della mia vita: ecco, questo te lo posso confessare.
Una canzone di Amazzoni che consiglieresti per le nostre playlist di quarantena
Per questo strano modo di sperimentare le nostre città, con l’arrivo della bella stagione, suggerisco Allegra: parla di stagioni della vita, anche in senso letterale, di solitudine e di voglia di stare insieme anche quando non si può.