Ci si rende subito conto di quanto sia difficile poter affrontare la descrizione di un disco come questo non appena suonano i primi passaggi di “Novembre”, brano che apre la tracklist (suddivisa in ben 15 tracce) del nuovo disco di Krishna Biswas titolato “Radha” e pubblicato dalla RadiciMusic Records, disponibile anche in un bello e curatissimo vinile in cui, per l’occhio parlando, si rendono di nuovo protagoniste le grafiche di #fresnopesciacalli.
Torniamo nei ricami del chitarrista e compositore toscano che ci aveva messo a dura prova già con “Panir” ed ora, la “lotta” per usare metafore, si riconferma più dura e meno facile del solito. La verità è che non siamo capaci di codificare la scrittura di questo lavoro che attinge ad una cultura alta e colta sia della composizione come della tecnica chitarristica ed evita quindi anche di risolversi in soluzioni “commerciali” o in estetiche di mercato.
Parliamo di vera controcultura, di vero moto in direzione “ostinato e contrario” o, semplicemente, di libertà espressiva che chiede solo di celebrare la propria cultura. In queste 15 composizioni di sola chitarra acustica, accodandoci alla voce di molti, non resta che fermarsi e abbandonarsi alle visioni che piovono addosso senza cadere in sterili etichette di forma, dietro ogni tinteggiatura di note, dietro tecniche che sembrano inesistenti per la loro eleganza, dietro la semplicità che scorre imperturbata, segno di maturità, segno di convinzione, segno di grande artigianato compositivo.
Nell’intervista che segue volevo accedere e condividere le mie visioni ricordando i sapori di alcuni dei nomi più commerciali del mondo della chitarra acustica che ho incontrato nei miei ascolti. Un disco come “Radha” è segno che c’è vita buona nella scena delle nuove avanguardie…
Conosco Rob Everhard Young e quel suo modo di unire l’elettronica alla chitarra: hai mai pensato di fare qualcosa di simile durante la scrittura di “Radha”?
Quando ero più giovane ero molto incuriosito dall’uso dell’effettisca, al momento un aspetto che non mi attrae, confesso.
Conosco Tommy Emmanuel e quel suo modo di affascinare con tecniche vistosamente virtuose. Nel veder suonare te sembra quasi sia tutto facile e privo di tecnica… sembra però. Hai mai pensato di sviluppare un linguaggio più scenico e meno concettuale?
Sì, certo che ci ho pensato, ma fa parte di un approccio a mio avviso artisticamente immaturo e per quanto mi riguarda ancorato al passato o a repertori di genere.
E parlando proprio di tecnica conosco Pierre Bensusan e quel modo elegante di accarezzare la scrittura e quel gusto un po’ “fragile” di mostrare sensibilità. In questo ti rivedo tantissimo lo sai?
Grazie di questo accostamento, mi piace molto lui.
E infine conosco Michael Hedges e quel suo modo di rendere visionario e arioso un brano di chitarra. E Krishna Biswas ha mai pensato di abbandonarsi alla melodia sognante più che alla sola introspezione personale?
Michael Hedges è un chitarrista che ha avuto il grande merito di rendere popolare la musica strumentale per chitarra acustica che era confinata al solo accompagnamento nell’immaginario dei più.
“Radha” comunque, devi confessarlo, mette a dura prova l’ascolto e anche io, dopo varie volte, ho ancora difficoltà a codificarlo. Non pensi di aver scritto qualcosa che non sia inclusivo degli altri ma piuttosto solipsistico, tuo personale?
Molto probabile che un pubblico alimentato di ascolti pop abbia difficoltà al contatto con un materiale vicino a sonorità di un certo tipo di jazz moderno, non quello degli standard beniteso.
A chiudere… come “Panir” anche questo disco è prettamente bianco. Si chiude una trilogia pittorica con la collaborazione di fresnopesciacalli ma in particolare modo questi due ultimi capitoli si somigliano tantissimo (nell’estetica intendo). Come mai questa vicinanza? In cosa sono vicini questi due lavori?
Questi due lavori sono parte di una trilogia e testimoni di una maturazione artistica che è ancora in atto. Non so se in futuro la parte grafica verrà curata nella stessa direzione.