Che bel mondo quello de Lo Straniero, che sale in scena con un disco davvero molto interessante. Si intitola “Quartiere Italiano” pubblicato da La Tempesta dischi e quasi vuole sembrare un concept album di bel funk-pop digitale, tra belle visioni metropolitane e qualche tinteggiatura robotica che un poco ricorderanno sempre i primi Bluvertigo. Ma etichette a parte, queste sonorità dream-pop che incalzano riescono a restituirmi quell’immaginario futuristico di provincia e di ghetto metropolitano che spesso ho ancorato ad una visione tutta italiana alla “Radiofreccia” tanto per capirsi. Contaminazione e attenzione verso le melodie. Che poi la voce di Gian Maria Accusani dei Sick Tamburo o Prozac+ per la featuring di “Psicosogno” direi che calza a pennello in quanto a coerenza, habitat sonoro e agio di propria natura. Un bel disco davvero. Forse troppo lungo per i tempi frettolosi di oggi… ma vale proprio la pena fermarsi più del solito.
Chi sono Lo Straniero? Parleremo anche sull’edizione cartacea di questo nuovo disco… ma chi dovesse incontrarlo oggi per la prima volta?
Siamo un gruppo, due ragazze e tre ragazzi. Suoniamo insieme da circa quattro anni, abbiamo fatto quasi cento concerti, dopo l’album omonimo da poco è uscito il secondo disco Quartiere italiano. Siamo nomadi e curiosi. Viviamo la città ma proveniamo dalla provincia piemontese, bellissime colline e grigi capannoni, un contesto a tratti sinistro o monotono, lontano dalle abitudini di una metropoli ma ricco di spunti e a volte eccitante.
Bella la copertina. C’è di tutto in questo spaccato di mondo…
Si, nel quartiere ci sono proprio tutti. Le signore fanno il segno della croce quando passano sotto la madonna, una che non riesce a staccarsi dal suo carnefice, un esaltato con il braccio teso, ragazzi che vogliono provare l’acido, un tizio che presta i soldi e un altro che per amore si trova a dormire per strada. Storie intrecciate e immaginarie, che forse abbiamo conosciuto nella realtà. L’idea della copertina è di Vale, la nostra bassista: l’ha realizzata Il Baffo, un illustratore che collabora con noi da un po’ di tempo.
Che si vede dal “Sesto piano”? Sembra ci siano segreti a sentirne la traccia…
Qualcuno che dopo una notte folle prende pace guardando le stelle o qualcuno che è già oltre il limite, fuori da ogni meditazione e mediazione, e guarda di sotto. Le canzoni sono piene di segreti, confessioni e storie trasfigurate. In questo caso bisogna immaginare ancora di più perché le parole non ci sono trattandosi di uno strumentale. “I personaggi e le vicende sono immaginarie, è autentica la realtà sociale e ambientale che li produce”, Rosi all’inizio di “Le mani sulla città”. È una bella fonte di ispirazione.
Ed un concerto dal sesto piano l’avete mai pensato? Che sia un posto dove generalmente non trovi ostacoli alla vista e al suono? Anche questa è una bella metafora non trovate?
È interessante ma c’è un precedente, suonavano Get Back e si erano definitivamente allontanati dal pubblico! Per ora preferiamo i sotterranei dove la gente è vicina e quasi invade il palco. Vieni lì e non te ne pentirai!
Quanta America o quanta Europa altra avete ricercato in questo mood? Dal pop avete sperimentato o dalla sperimentazioni avete cercato il pop?
Prima e durante la produzione di “Quartiere italiano” abbiamo ascoltato anche funky, rap, i Tinariwen e altre musiche distanti dal nostro background. In queste nuove canzoni ci sono campioni elettronici di matrice etnica o percussioni suonate. Il disco è frutto tanto di metodi consueti di scrittura, quanto di jam session o lavoro su campionatori e sequencer. Anche se il telaio è elettronico ci piace sentirci liberi, per noi la forma canzone non è uno schema rigido, quindi ci convince sempre.
A chiudere: la splendida collaborazione con la voce dei Sick Tamburo che inevitabilmente ci riporta a quell’Acido Acida… radici di una vostra ispirazione?
Certo! Con i Prozac+ abbiamo trascorso l’adolescenza e “Psicosogno” era l’ideale per proporgli una collaborazione. Sentiamo una forte affinità ed è stato spontaneo: li abbiamo incontrati al centro sociale Zapata di Genova ad un loro concerto, da lì è partito tutto.
La voce di Gian Maria Accusani è inconfondibile e le sue canzoni estremamente evocative.