• di Giacomo Daneluzzo
Nayt, rapper romano del ‘94, propone al pubblico il terzo capitolo della serie “Raptus”, iniziata nel 2015 con un mixtape in free download. Distribuito da Sony Music Italy, l’album è prodotto interamente dal peso massimo del rap italiano 3D (noto per le collaborazioni con Jesto, Achille Lauro e molti altri) per la sua VNT1 Records.
Il disco si apre con “Per essere vivi”, canzone dal testo introspettivo che mette subito in evidenza una delle “anime” dell’album, quella forse più inquieta, con cui Nayt affronta tematiche non proprio leggerissime, come il senso di malessere dato dal fatto che “avere una coscienza è una tortura” e afferma di voler “cambiare le regole alla musica, che un bel pezzo sia pure commerciale”, alternando rap e cantato su un beat che da solo potrebbe essere una hit lo-fi; lo stesso accade in tracce come “La mia voce”, “A Silvia” e “Ti am*”.
Interessante sperimentazione dal punto di vista musicale anche quella di “Exit”, in cui chitarre e fiati da mariachi, scelta sicuramente atipica, fanno da sfondo ad aspre critiche alla società di oggi, dove “si odiano tutti e nessuno crea”.
L’altra “anima” di Nayt è quella che emerge nei testi più inclini alla polemica, in cui la “pars destruens”, quella di decostruzione, è preponderante, lo sguardo è rivolto più all’esterno di sé che all’interno e c’è spazio per le punchline; sono le tracce più aggressive, complice anche un 3D in grado di spaziare dal beat da videogioco anni ‘80 in cortocircuito di “Brutti sogni” alle chitarre elettriche distorte che sfiorano il nü metal di “Effetto domino”, fino ad arrivare a una base vicina per sonorità all’hard rock come quella di “Animal”, nel cui ritornello il giovane rapper riprende “Mal di stomaco” di Fabri Fibra (2006): il fil rouge è la critica a una società malata, basata sull’immagine e piena di contraddizioni.
“Raptus 3” è una mosca bianca nell’attuale scena rap, non tanto per le modalità di espressione e il linguaggio utilizzati, che sono quelli tipici dell’hip hop, ma per la profonda autoanalisi, da cui, nonostante la crudezza di certe barre, emerge una personalità consapevole delle proprie fragilità, con cui si confronta in modo schietto. Dal punto di vista prettamente musicale, Nayt ha sviluppato ormai da tempo un modo tutto suo di usare una voce già di per sé particolare, acuta, insolita per un rapper, così da risultare a un sol tempo perfetta per melodie cantate ma anche adatta a un rap rapido, fatto di incastri serrati (come in “Fame”, con il rapper pugliese MadMan, unico featuring dell’album), e che, a tratti, arriva a scream presi in prestito da generi affini all’hard rock.
Uno, o anche due, applausi a 3D, che stando al passo con l’evoluzione delle tendenze musicali del rap italiano si riconferma un produttore innovativo e abile nello sperimentare, riprendere sonorità di altri generi e periodi e plasmarle in un sound originale e (cosa più importante, di questi tempi) capace di distinguersi.