– di Angelo Andrea Vegliante –
Se ancora non sapete pronunciare la parola Flat Bit, è tempo di rimediare. Dopo diversi apprezzamenti ottenuti con il singolo 2000 mode e l’EP Imperfette Condizioni, il quintetto di Montefeltro torna con Il giorno dopo (in uscita domani, 12 aprile), un disco-esperimento che mostra – ancora una volta – una cifra stilistica intelligente e particolarmente emotiva di una band che potrà sicuramente dire la sua per parecchio tempo.
Visto che è la vostra prima apparizione su Exitwell, la domanda è d’obbligo: chi sono i Flat Bit?
Siamo prima di tutto cinque amici, che una sera di fine estate nel 2010 hanno deciso di vedersi la domenica pomeriggio per suonare in uno scantinato di Carpegna (PU). Poi non ci è bastato, e siamo diventati una band che da nove anni fa concerti, dischi… Ne abbiamo appena finito uno.
Nel 2016 avete spopolato con il singolo 2000 mode. Cos’ha funzionato di quel pezzo?
Ci siamo ispirati a ‘Destra Sinistra’ di Giorgio Gaber. Sicuramente, il motivetto del ritornello e la linea di basso rimangono in testa già dal primo ascolto, tuttavia gli apprezzamenti più frequenti che ci fanno sono per il testo. Voleva essere un brano sia polemico che autoironico, quindi non cantiamo di essere ‘migliori’ ma di essere consapevoli di come i social, le visualizzazioni e i follower ci hanno ridotti. Ed era il 2016, le cose sono peggiorate molto.
Altro motivo d’orgoglio è l’EP Imperfette Condizioni: è stato un 2016 bello fruttuoso, a quanto mi pare di capire.
È stato un anno pieno di cose belle. Dopo l’uscita di Imperfette Condizioni, abbiamo suonato tantissimo e vinto anche diversi concorsi nazionali. In più ci hanno chiamati a ‘Exit Festival’ in Serbia a rappresentare l’Italia tramite Arezzo Wave. Ci siamo resi conto che qualcosa era cambiato quando arrivando nei posti quasi tutti sapevano pronunciare bene Flat Bit.
Nel 2018, poi, iniziate una nuova storia, che ha portato alla pubblicazione del vostro nuovo album, Il giorno dopo. Quali sono i temi su cui vi siete concentrati?
È un progetto nato, scritto e prodotto nella nostra terra, il Montefeltro. Un paesaggio colmo di storia a cavallo tra Romagna, Marche, Toscana e San Marino. Ci siamo interrogati sulla quotidianità, sul fatto che stiamo crescendo, su quanto è difficile “prendere posto” al tavolo della vita e su quanto ci sarà sempre un motivo per dare il meglio nella vita. Potremmo definirlo un disco realista, sincero, che scatta simbolicamente foto istantanee sui Flat Bit alla soglia dei trent’anni, e lo fa attraverso suoni avvolgenti, a metà strada tra passato e presente, e su uno sfondo tutt’altro che lontano si parla anche di provincia. Ci sono i suoi sapori, i suoi paradossi, le sue rivincite soprattutto.
La cosa giusta è il singolo apripista della vostra nuova avventura: come mai scegliere questo pezzo come portabandiera del nuovo lavoro?
Ci abbiamo messo un po’ per capire quale singolo estrarre per primo, però alla fine ci siamo convinti. Vogliamo che il disco si presenti per quello che è: un nuovo viaggio. “La cosa giusta” parla proprio di una fuga non programmata, improvvisa, dentro c’è anche un evoluzione nitida rispetto ai suoni dei lavori passati, è la canzone che rappresenta di più questa svolta sonora.
Negli ultimi tre anni, come sono cambiati i Flat Bit?
Mah, siamo sempre noi! Forse più maturi, più consapevoli, con qualche chilo in più, viviamo da soli e qualcuno ha smesso di fumare. Dal 2010 ad oggi abbiamo veramente avuto la fortuna e la forza di non mollare mai e non demordere nemmeno quando ci hanno chiuso le porte in faccia. Lo show deve andare avanti, anche quando ci arrivano soddisfazioni o otteniamo risultati importanti tendiamo sempre a sminuire la cosa e prenderci in giro sul fatto di come tutto finirà inesorabilmente. Ci piace essere autolesionisti, della serie: restiamo umili come stile di vita.
Dal rap, al pop-rap per arrivare all’indie pop. In pratica, siete un cantiere aperto e lasciate libero sfogo alla sperimentazione sonora. Come mai questa scelta?
Proprio così, un cantiere aperto. Con gli anziani che guardano! Negli anni abbiamo plasmato un nostro sound e un certo modo di scrivere, alla base dei Flat Bit troviamo l’essenza del Pop Rock che va a mescolarsi con suoni elettronici di diverse correnti, più o meno moderni, batterie belle presenti, linee vocali melodiche e molto aperte. Tuttavia noi cinque abbiamo dei background musicali molto diversi, sperimentare rimanendo noi stessi è quello che cerchiamo di prefissarci per ogni nuova produzione.
I vostri precedenti lavori potevano catalogarvi come una band apprezzabile peculiarmente nel periodo estivo. Con Il giorno dopo, però, riuscite a sradicarvi da questa etichetta. Siete più consapevoli dei vostri mezzi?
Eppure non siamo ancora riusciti a fare un tormentone estivo! Venendo da Carpegna (PU) possiamo dire di sentirci come il prosciutto, che è buono in tutte le stagioni!
La periferia e la musica: quanto c’è di questo binomio nella vostra arte? La considerate un plus?
Assolutamente! La provincia spesso suscita nella mente un immaginario di serie B, quasi inconsciamente, poi quando vai in città ti accorgi che le distanze si sono annullate. Si parla la stessa lingua. Al giorno d’oggi se hai qualcosa da dire e sai come dirlo puoi arrivare ad un pubblico immenso anche se non vivi a Roma o Milano. Siamo affezionatissimi alla nostra terra (il Montefeltro) perché ci ha sempre sostenuti e incoraggiati ad andare avanti, quindi sì, sono qui che accadono le cose che raccontiamo nelle canzoni. Anche se molto spesso è odio/amore.
Che risposta vi aspettate da questo disco?
Vorremmo che la gente riesca a capirne il vero messaggio, e si immerga nelle nuove sonorità! Di base però non ci aspettiamo mai niente, che poi ci rimani male. Vogliamo solo fare tanti concerti.
Ultimamente, la politica e la musica si stanno spesso intrecciando, creando discussioni che vorrebbero riaccendere l’attrazione del cantautorato per questa parte della società. Vista la vostra intelligenza testuale, mi viene da chiedere una vostra opinione riguardo a quanto potrebbe fare la musica per la diffusione di idee sociali.
Ottima domanda. La musica è sempre stato uno dei mezzi più efficaci per diffondere le idee, è un’arte immediata che non ha bisogno di studi approfonditi o abilità particolari per essere apprezzata. Pensiamo sia abbastanza fisiologico quindi che politica e musica si intreccino, l’interesse dei giovani verso la politica non è ai massimi storici, non vediamo all’orizzonte i nuovi CCCP o il nuovo Guccini, la musica di oggi è altrettanto impegnata sul sociale, ma è più leggera, più pettinata, più borghese.
Ultima domanda: quale sarà il prossimo singolo estratto?
Traccia numero uno del disco, “Occhiali da sole”.