Un titolo evocativo che certamente un poco svia dal suono “pop” che arriva dalla penna del cantautore milanese Odorico Del Corso. Si intitola “Quando chiudi gli occhi”, disco pulito e assai credibile e, ricordando la ricerca della sua The Spleen Orchestra, stupisce questo disco suo individuale che tanto guarda alla semplicità della parola e della melodia. Ritrovarsi, ad occhi chiusi, l’amore e la vita di ogni giorno. Esplorando in fondo quel che di noi è sempre esistito in un suono ancorato al presente.
Come si arriva ad un disco di tanta “normalità” dopo l’avventura con la Spleen Orchestra?
Con la mia precedente band “The Spleen Orchestra” inscenavamo una sorta di spettacolo musicale inframezzato da elementi teatrali che omaggiava la poetica del regista Tim Burton; direi che ben poche cose se paragonate a quel mondo immaginario e fantastico potrebbero non apparire “normali”.
E da quel mondo visionario sembra tu abbia preso quel che resta della fantasia di “quando si chiudono gli occhi”, tanto per citarti… o sbaglio?
In realtà questo mio nuovo album nasce dall’esigenza di buttar fuori emozioni e stati d’animo che come unica origine hanno me stesso: un lavoro di introspezione che hanno lasciato ben poco spazio alla fantasia e all’immaginario.
Comunque la fantasia resta una chiave di lettura?
Sicuramente. Come suggerisce lo stesso titolo dell’album (e dell’omonimo singolo) l’invito all’ascoltatore è quello di chiudere gli occhi e di abbandonarsi alla musica e alle parole di questi otto brani; chiunque può ritrovarci un qualcosa del proprio vissuto e sentire riaffiorare sensazioni ed emozioni che credeva di aver dimenticato.
Basso, pianoforte… qual è il tuo vero strumento?
Il pianoforte è sicuramente lo strumento che prediligo oltre ad essere quello che utilizzo per comporre; tutti i brani nascono infatti inizialmente come tracce di solo piano e voce. Ne strimpello altri e ad avere abbastanza tempo (e denaro) li vorrei provare comunque tutti..
Pescando dalla title track: la paura di domani rovina l’oggi. Un tema assai buddista…
Recentemente ho letto di un qualche filosofo che affermava che “se si è in pace si vive nel presente”. Io ahimè vivo nella costante attesa di un qualcosa di indefinito che deve ancora accadere, un perenne stato di insoddisfazione che non mi permette di godere appieno delle tante belle cose che mi circondano. Un po’ come il protagonista de “Il deserto dei tartari” di Dino Buzzati, non a caso uno dei miei libri preferiti.