– Di Martina Rossato –
Jacopo Maria Magrini, Francesco Bitocchi e Lorenzo Venanzi insieme sono Il Geometra. Dopo sei anni dall’album Ultimi, sono tornati a fare musica insieme. “Per tutte le madri” è il loro nuovo singolo. Una canzone dolce, di stampo cantautorale, che avrà bisogno di essere ascoltata insieme al suo contesto per essere compresa appieno. “Per tutte le madri”, attraverso semplici ma profonde suggestioni, racconta la storia di tre madri: la madre di Cristo, la madre di un partigiano e la madre di un ragazzo morto nelle mani delle forze dell’ordine.
Abbiamo chiacchierato con Jacopo, che ci ha raccontato un po’ di più sul concept alla base del singolo, parte di un progetto più ampio che vedrà la pubblicazione di un album.
Vi chiamate “Il Geometra”. Solitamente associamo la figura del geometra a una persona ben inquadrata e precisa, magari un po’ fredda. “Per tutte le madri” invece è molto dolce, come d’altronde sono tutte le vostre canzoni. Vedete questo duplice aspetto nel vostro gruppo?
Quando abbiamo scelto di chiamarci “il Geometra” volevamo rappresentare un campo semantico. Il geometra è una figura professionale profondamente italiana, che non credo abbia equivalenti nel mondo. Egli è un esperto di edilizia, di urbanistica, di legislazione tecnica, di pratiche successorie…è un “fluidificante” nel complicato mondo della burocrazia italiana. Se viaggi in treno e guardi fuori dal finestrino, vedrai un sacco di case tutte uguali: bianche, quadrate, con due finestre, una porticina di legno chiaro e il tetto fatto come nei disegni dei bambini. Quella è l’Italia che i geometri hanno costruito nel dopoguerra. Noi scriviamo canzoni italiane, davvero tanto (troppo?). Non credo che avremmo potuto scegliere un nome migliore di questo.
“Per tutte le madri” parla di tre madri e attraverso di loro si rivolge a tutte le mamme. Il nesso tra i tre racconti è l’amore materno che lega indissolubilmente una madre al proprio figlio. Quali sono i motivi che vi hanno portato a scegliere proprio queste tre madri?
Sarà necessario ascoltare l’album nella sua interezza per capire. Ciò che possiamo dire, con riguardo alla figura della Madre di Cristo, è che il disco metterà “al centro del villaggio” i valori della cristianità laica, sui quali (a nostro parere) si fonda la parte virtuosa di questo occidente spesso disgustoso. La madre del militare/partigiano e la madre della vittima delle forze dell’ordine, sono ordinate in una sorta di climax discendente che – per l’appunto – parte dal figlio di Dio per atterrare con violenza sullo sterno di un figlio “del niente”.
Qual è l’intento della canzone? Quando l’avete scritta come l’avete concepita?
Le cellule musicali primordiali, cioè le primissime note della canzone, sono scivolate dalle mie dita alle corde della chitarra in una notte di lockdown dell’aprile 2020. Quell’incipit mi ricordava tantissimo – cosa davvero strana – l’inizio di “Cambiare”, del compianto Alex Baroni. La sua voce, così dolce, e il ricordo della sua morte, così prematura, mi hanno fatto cantare quelle prime tre parole: “dolce figlio mio”. La storia si è sviluppata mentre scrivevo. Quindi non c’era alcun intento.
Il mestiere della mamma non è facile. Come vi è venuta l’idea di parlarne in una vostra canzone?
Non credo sia un testo sull’essere madre, quanto il tentativo di cantare l’amore più disperato e folle che possa esistere. Un amore spesso malato, irrazionale, insensibile a ogni atroce delusione e pronto a gioire del più miserabile tra i successi…la buona pagella, l’assunzione a tempo indeterminato, persino il gradimento espresso per un piatto di pastasciutta. Le madri sanno essere drammaticamente patetiche. Cantava il poeta: “Mia madre si approva in frantumi di specchio/Dovrebbe accettare la bomba con serenità/Il martirio è il suo mestiere, la sua vanità/Ma ora accetta di morire soltanto a metà/La sua parte ancora viva le fa tanta pietà”. Credo non esistano al mondo personaggi più interessanti di cui scrivere.
Nelle vostre canzoni si fa spesso riferimento alle preghiere. Vi capita spesso di pregare?
Posso parlare solo per me (Jacopo), perché si tratta di un tema troppo personale. Non mi capita mai di pregare nel senso (letteralmente) canonico del termine. Tuttavia, la mia esistenza può ben riassumersi in un’eterna lamentela, in una continua supplica indirizzata verso qualcosa di indefinito al quale chiedo di far andare tutto per il meglio. Perché la sofferenza mi terrorizza. Quindi, in ultima analisi, non faccio altro che pregare dall’alba al tramonto.
Se doveste usare un’immagine per descrivere la vostra canzone quale sarebbe? E per descrivere “Il Geometra”?
Un’immagine che descrive bene la canzone è quella della Madre che piange sotto la Croce. Mi sembra piuttosto didascalica (in senso positivo). Se dovessi invece descrivere “Il geometra” con un’immagine, credo userei il cambio di espressione facciale, struggente, che si disegna sul volto di un bambino molto felice, pieno di entusiasmo, quando viene sgridato bruscamente da un adulto.
Cosa rappresentano il video e la copertina?
Si tratta di un concept che troverà completo disvelamento con l’uscita del secondo singolo e poi con la copertina definitiva del disco. Il tutto è stato affidato al designer Lorenzo Marchionni.
Come è nata “Per tutte le madri”? Avete lavorato prima sul testo o sulla melodia?
Sono state tre parole (dolce figlio mio) che si sono adagiate bene su alcune note che avevo in testa. Il resto è venuto di conseguenza, come sempre.