È vero che l’intro di chitarra di “Within our Garden” sembra richiamare quella famosa “Around the Sun” dentro cui molte generazioni si sono fermate. È vero anche che molto di questo disco richiama una certa viscosità rock che dagli ABBA ai R.E.M. (passando anche per i sempre eterni Fleetwood Mac) e noi siamo assai felici di parlarne. E il taglio di voce e quel modo di mixarla nel suono è un dettaglio non da poco per gli amanti di un certo passato rock. Sono i Queen Lizard, stiamo facendo girare questo “Heilige Luna!” che di suo si presenta distopico ma che dentro ha tantissimi punti di luce, romantici e visionari.
L’America del ferro arrugginito ma anche lo shoegaze di domeniche
sospese. Partiamo dal mix che avete scelto per la voce. Un elemento
determinante di tutto il quadro, vero?
Il disco raffigura, sia nella copertina frontale che posteriore, immagini di ferrovie, sono foto nostre e innegabilmente legate al “geist” dell’intero lavoro: passaggio, percorso e bivio sono tematiche affrontare nei testi. Lo shoegaze è presente, cresciuti e formati come siamo con innumerevoli dischi dei primi anni ’90; nonostante questo “Heilige Luna!” tiene conto di tante influenze, dai Velvet Underground ai Mazzy Star, passando per Sonic Youth e Dinosaur jr. A differenza di molti prodotti miliari shoegaze della prima ondata e seguenti, abbiamo preferito tenere la voce più alta rispetto al nostro disco precedente, volevamo emergesse maggiormente dal magma degli strumenti. Questa volta doveva stare ‘davanti’ ed essere centrale.
Fermiamoci sul titolo “Heilige luna!”. Arriva da una poesia… e la
poesia è una dimensione assai presente nel disco se non sbaglio…
Il titolo del disco è tratto da una poesia di Hölderlin, che parla dello stupore infante di fronte ad una natura benevola, retta però da Dei misteriosi. Il poeta impara a muoversi nella realtà della natura con devozione mistica. Vivere è una sorpresa continua. I testi nascono come poesie, solo in un secondo momento sono stati innestati sulle musiche. Tutti i membri della band leggono poesia, questo certo non ci rende snob: consapevolmente paghiamo un tributo di gratitudine agli scrittori e agli artisti che ci hanno formato, consci di essere “ciò di cui ci nutriamo”: Sylvia Plath, Anne Sexton, Franz Kafka, Marina Cvetaeva sono alcuni tra questi oltre a immagini come i quadri di Nolde, le foto di francesca Woodman.
La distopia è anche un altro ingrediente imprescindibile. Dalla prima
traccia evocativa “No Sun” (che la dice lunga sin dal titolo) arrivano
dallo spoken words di “Syrup Tin”. Dalle macerie si rinasce o questo è
un disco che semplicemente le contempla?
Il termine “distopia” ci piace! Ci ricorda Orwell…in greco Koinè la distropia è essenzialmente un ‘luogo cattivo’. In questo lavoro la distopia è presente sotto forma di inadeguatezza, ossia essere (o sentirsi) sempre nel posto sbagliato, come ad esempio la foto di copertina, una ragazza intenta a camminare sui binari.Alcune liriche parlano di “non—luoghi”, anticamere, scale, passaggi. Questi percorsi portano solo ad altri percorsi, nell’impossibilità di radicarsi nell’adeguatezza. Probabilmente è come essere entrati senza avere l’invito, sentirsi nella Waiting Room decantata dai Fugazi, nella quale solo la pazienza e la resistenza possono salvarti. Le rovine (o macerie) ci sono, ma sono abbellite, diciamo… le rovine come nei quadri romantici di abbazie nella neve, servono per la contemplazione e non devono essere toccate, al contrario, le macerie possono essere nuovo materiale da costruzione, e vanno rimosse per fare spazio ad altro.
Versione fisica o digitale? Che rapporto avete dunque con il passato,
anche con il passato della musica e dei suoi oggetti?
Personalmente siamo cresciuti con il disco in vinile. Siamo felici che non sia scomparso come supporto. I nostri anni di formazione vedevano vinili, musicassette circolare in gran numero. Poi naturalmente il CD, un supporto passato di moda, che però mantiene una grande qualità sonora e il suo fascino ormai retrò. I nostri lavori sono in formato digitale sulle piattaforme, ma le copie in CD non mancano, quelle servono sempre. Purtroppo il vinile rimane un utopia, per ora, troppo costoso da produrre in copie numerate, in futuro chissà. Il futuro non è scritto cantava Joe Strummer…