Un esordio nato anche col sostegno di Pugliasounds e che vede la supervisione di Maurizio Loffredo presso Gli Artigiani Studio. Ecco le prime coordinate che diamo per fotografare questo primo disco dei RæstaVinvE, al secolo Vincenzo Vescera e Stefano Resta, dal titolo “Biancalancia”. Duo pugliese che fonda dentro tempi larghi sonorità decisamente figlie di un’America tradizionalista nel suo non concepire i confini… o in una Italia emancipata che segue le mode altrui. Il mood delle voci rende accattivante queste liriche d’amore, mai scontate, dedite peraltro all’emancipazione, parola chiave di tutto il suono. Da sottolineare le belle featuring firmate da Clio e Francesco Di Bella. E poi tantissima personalità e forza espressiva dentro contenitori dalla forma a cui siamo abituati. Eppure…
Io partirei proprio da questo moniker che vi portate addosso. RæstaVinvE. Difficile da pronunciare, da scrivere, da “vedere”. E ha quel retrogusto francese che spesso troviamo nel disco… da dove nasce?
In realtà è semplicemente la fusione dei nostri nomi d’arte, cercavamo un nome che ci accomunasse senza disorientare troppo le nostre piccole fan base, ma volevamo evitare FEAT. quell’antipaticissimo inglesismo che va tanto di moda nella Trap. E poi se dovessimo un giorno intraprendere percorsi diversi.. la scissione sarebbe meno traumatica.. per tutti. (Vincenzo Vescera)
Vado dritto al sodo: penso che “Verdiana” sia il mio momento migliore del disco. Penso ad una cittadina di provincia, magari un paese ai margini, penso alla pioggia, penso ad una sera d’autunno, penso al mio cane… penso all’amore adolescenziale… e soprattutto penso all’Italia delle emancipazioni anni ’90. A voi la palla…
Pensa che invece è il brano che ci ha fatto penare di più in fase di chiusura, rischiando di restare addirittura fuori dall’album, nonostante fosse uno dei primi brani su cui avevamo pensato di scrivere un concept di contorno. Ad ogni modo, senza entrare troppo nei dettagli, quello che senti è accaduto realmente, immortalato il giorno dopo su una serie di Whatsapp. (Vincenzo Vescera)
Mi sento di aggiungere che per me “Verdiana” è uno dei pezzi più suggestivi di Vincenzo, e che soprattutto fa una cronostoria. Ho subito visualizzato, prima ancora di conoscere i luoghi dove si sono svolti quei fatti, il set di ipotetico di quei versi, ed il loro potenziale evocativo. Darle un colore alla Cigarettes After Sex è stato un gioco a cui in sala siamo arrivati dopo vari tentativi. Un blues dei giorni nostri, in senso lato, ma tutto molto italiano, anni 90. (Stefano Resta)
Che poi un po’ tutto il disco sembra tradurre con il linguaggio di oggi quel che 20 e più anni fa facevano realtà come gli 883… solo con molta meno “felicità” negli arrangiamenti… sbaglio?
Non mi piacciono molto gli accostamenti, nonostante conosca gli album di Pezzali; condivido sul fatto che ci sia una similitudine nelle tematiche ed una distanza siderale nel sound, questo lo rivendico. (Vincenzo Vescera)
Per noi una canzone di Calcutta o degli 883 (di cui conservo ancora gelosamente alcune musicassette) o di Gazzelle, non fa differenza: la disperazione un po’ adolescenziale non ha età. Io credo che ciò a cui ti riferisci sono proprio alcuni brani degli 883, che in radio giravano accanto a grandi successi internazionali come quelli degli U2, Depeche Mode, The Cure. Quindi evocano forse a determinate persone, che magari hanno un’età compresa tra la mia e quella di Vincenzo, ricordi di fine anni ottanta, inizio anni novanta. (Stefano Resta)
Il retrogusto anni ’80 però non manca mai, cifra indelebile del pop indipendente di oggi. Dal vostro punto di vista perché?
Gli anni 80 sono quelli in cui più si è passato a suoni tecnologici, e a farne la cifra principale nelle discoteche. È il periodo che tra new wave, con i suoi riverberi esagerati, e elettropop con la cassa in 4 ci ha fatto scatenare…È impossibile poi non riconoscere l’azione prepotente delle serie tv, che hanno riportato in auge questo sound. Musicisti che hanno apportato sicuramente aria fresca in quel periodo. Periodo tanto caro agli attuali produttori, magari essi stessi ex-militanti di band che emulavano proprio i loro beniamini barocchi. La musica indie è fatta tendenzialmente da e per giovani cantanti, songwriter. Quelli che tra un esame e l’altro all’università, non si perdono una delle puntate delle serie più cool o cult. Credo che mai come negli anni ottanta i generi abbiano unito le forze: musica leggera, rock, elettronica, pop, hanno lavorato, in qualche aspetto, l’uno accanto all’altra, nel bene e nel male. L’era dell’affermazione dei primi grandi sperimentatori psichedelici, grandi nomi internazionali (Pink Floyd) e nazionali, come non citare Battiato, appena scomparso e che ci fa sentire ancora più soli. (Stefano Resta)
Non saprei, io credevo di essere attuale, a tratti d’avanguardia, sperimentale semmai. (Vincenzo Vescera)
E poi la Francia. Il downtempo maschera una “french-house” assolutamente glamour… che radici avete con questa cultura?
Io nessuna, Stefano parecchie, per ragioni di cuore. Entrambi siamo affascinati dalla musica d’autore francese, anche se io sono un po’ più retrò lui invece conosce a menadito le nuove tendenze d’oltralpe. (Vincenzo Vescera)
Durante i miei anni di studio ho ascoltato tanta musica House, Chill-out, Tecno, post-rock, ambient, shoegaze. Ultimamente meno perché mi ero concentrato a capire come si scrive una canzone, e Vincenzo è stato fondamentale in questo. Tuttavia il desiderio di misurarmi con un po’ più di struttura (tempo fa mi ero già dilettato ) celebrare anche un po’ l’elettronica cool made in France c’è sempre stato: oggi non è più così nascosto. Questo grazie a Maurizio, il nostro produttore nonché realizzatore finale dei nostri sogni musicali più proibiti. (Stefano Resta)