Che disco è questo primo lavoro di Riff Willer? Un disco punk, un disco rock, un disco di pop anni ’70, un disco inglese sicuramente… tutto ma anche il contrario di tutto… e da prendere con le dovunte sfumature, come ci ricorda anche lui. Abruzzese ma figlio di un mondo che puzza di analogico, fuori tempo e fuori i recinti italiani sicuramente. “Streets of Chance” ci piace per questo modo arrogante di essere sbarazzino. E ci piace anche che questo suo modo di essere non sia inutilmente scollato dal presente ma che, contestualmente, conservi dentro la speranza che il bello lo sai a prescindere e senza troppi “like” da inseguire con ossessione. Ed il suo lato davvero “beat” esce anche in questo video lo-fi che tanto solletica nel gusto i nostalgici di un’epoca andata. Ci accodiamo a Riff Willer per dire che sarebbe bello evadere dai Like e dai santi social dove invece finiamo tutti… ma proprio tutti, senza esclusione di colpi. Un esordio interessante che si: puzza di analogico!!!
Partiamo dalla scelte dell’inglese… perché?
Ciao, l’inglese lo sento mio. Intanto perché lo studio e, per fortuna, ho avuto modo di tuffarmi pure nel suo slang, direttamente nel Regno Unito. C’è chi sceglie di cantare in italiano, chi in francese o in dialetto. Io penso e scrivo in inglese.
Psichedelica dagli angoli smussati… questa copertina decisamente in stile, questo video lo-fi… sembri uscire dagli anni ’70. Come si vive con 50 anni di differenza?
Bella domanda. È vero, gli anni ’70 ho imparato a conoscerli attraverso la musica ascoltata dai miei genitori e devo ammettere che era forte, fortissima. È inevitabile, tutto cambia, anche la musica. Ma, 50 anni dopo, credo che abbia le carte in regola per tenere botta. Anche allora, è vero, c’erano trucco e parrucco, travestimenti improbabili, ma il suono era suono vero. Se penso a quel che succede oggi, alle imposizioni da palco, dove voce e musica sembrano un optional, allora sì, divento quasi nostalgico. E io, 50 anni dopo, sono contento di vivere senza condizionamenti.
E restando sul tema oggi come ti rapporti alle abitudini indie dove il digitale impera da pazzi?
Un po’ credo di averti già risposto. Faccio musica per conto mio, ascolto tutti, certo, ma non sono preda delle abitudini “indie”. Il digitale, più che una scelta, credo sia una necessità. L’importante è restare il più possibile se stessi.
E questo “Streets of Chance” cos’ha di digitale visto che “puzza” di analogico… un disco che pretende il live e il pubblico in carne ossa. Oggi un disco costretto a vivere di like e di social… come la gestisci questa cosa?
Streets of Chance, lo ammetto, ha molto poco di digitale che per me è stata una scelta quasi obbligata. È vero, puzza, come dici tu, di analogico, di chitarra e pochi effetti… speciali. Sì, i like, i social, sono fondamentali oggi, devi farti vedere oltre che sentire. Mi piace pensare, tuttavia, che si possa e si debba far musica senza alcun assillo. Se un disco è bello, è bello anche senza corse affannose alla visibilità. Oh, a proposito, lo metti qualche like al mio disco, vero?
Disco punk. Possiamo dirlo?
Disco punk? Sì, puoi dirlo, con tutte le sfumature del caso.
Bravo Riff Willer, un esordio controcorrente!